Considerato
con il primo motivo, è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2087 e 2088 cod. civ. nonché degli artt. 115, 116, 132 e 360 cod.proc.civ.;
con il secondo motivo, è dedotta violazione e/o errata applicazione dell'art. 2087 cod.civ., in relazione al concorso di colpa del lavoratore;
i due motivi, strettamente connessi, vanno congiuntamente trattati;
sebbene parte ricorrente prospetti formalmente violazioni di legge, nella sostanza, sviluppa critiche che, con continui richiami di circostanze fattuali, sollecitano una diversa ricostruzione della vicenda concreta che costituisce, invece, un prius rispetto alla applicazione delle norme di diritto ed è censurabile in sede di legittimità nei ristretti limiti di cui al vigente testo dell' art. 360 nr.5 cod. proc. civ. (applicabile alla fattispecie);
nella specie, seppure riqualificate, le censure non indicano il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass., sez. un., nr. 8053 del 2014) anche per la pluralità delle circostanze (ex se rivelativa della non decisività di ciascuna: Cass. 5 luglio 2016, n. 13676), con cui sostanzialmente è censurata la valutazione operata dai giudici di merito;
è, comunque, il caso di osservare che la Corte di appello ha individuato il fondamento della responsabilità di parte datoriale nella violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore, scaturenti dagli artt. 36 e 37 del D.Lgs nr. 81 del 2008, quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa (con riferimento al rischio di crolli improvvisi di masse durante le operazioni di prelievo dell'insilato, cfr. pag. 18 e 19 sentenza impugnata) ed alle misure di sicurezza per prevenirli, al contempo osservando come l'esperienza del lavoratore, nel caso concreto, non fosse misura sufficiente ad escludere eventi del tipo di quello verificatosi; i giudici del merito hanno, anzi, ritenuto che la condotta del dipendente, non abnorme, quant'anche imprudente, non potesse considerarsi concausa dell'evento dannoso, per essere la stessa imprudenza riconducibile all'inadempimento datoriale (id est il lavoratore era stato imprudente perché non informato e formato);
tale ragionamento, esclusi i giudizi di fatto, riservati al giudice del merito, è stato condotto in coerenza con gli esiti della giurisprudenza di legittimità sia in tema di individuazione dei presupposti della responsabilità datoriale che di rischio elettivo nonché di concorso di colpa;
a tale riguardo, si rammentano gli insegnamenti di questa Corte, secondo cui:
- gravano sul datore di lavoro puntuali obblighi di informazione del lavoratore, al fine di evitare il rischio specifico della lavorazione (Cass. 6 ottobre 2016, n. 20051);
- la circostanza che un infortunio sul lavoro sia dovuto a "colpa" del lavoratore non esclude la responsabilità del datore di lavoro, ove questi non dimostri di avere fornite al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l'errore che fu causa dell'infortunio ( cfr. Cass. nr. 4718 del 2008);
- il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, anche qualora sia ascrivibile non soltanto ad una sua disattenzione, ma anche ad imperizia, negligenza e imprudenza (Cass. 10 settembre 2009, n. 19494);
- egli ( id est il datore di lavoro) è totalmente esonerato da ogni responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell'evento (Cass. 17 febbraio 2009, n. 3786): così integrando il cd. "rischio elettivo", ossia una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata (Cass. 5 settembre 2014, n. 18786);
- la colpa o la negligenza del lavoratore non necessariamente devono considerarsi concausa dell'evento dannoso, ove abbiano potuto esplicare efficacia causale solo a causa degli inadempimenti del datore di lavoro, ( così in motivazione, Cass. nr. 4718 del 2008, cit.);
a tali principi è stata improntata la decisione impugnata che, dunque, va esente da tutte le mosse censure;
il ricorso, pertanto, va complessivamente respinto; le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, nr. 115, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 13, comma 1 bis citato D.P.R;