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Infortunio di un neoassunto con la macchina ribobinatrice: disattivazione del dispositivo di sicurezza
Civile Sent. Sez. L Num. 13643 Anno 2019
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BLASUTTO DANIELA
Data pubblicazione: 21/05/2019
1. Con il primo motivo del ricorso principale la società Nuova Elleci denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 2733 e 2735 cod. civ. in relazione all'art. 360, primo comma n.3, cod. proc. civ., per avere la sentenza violato le norme sulle prove legali omettendo di considerare la dichiarazione confessori del D.G., il quale aveva ammesso che, eseguendo il ciclo produttivo della carta, aveva disattivato la sicurezza della ribobinatrice per rendere più rapida l'operazione di distacco delle steccate che erano rimaste incollate. Ribadisce il carattere abnorme e imprevedibile dell'azione posta in essere dal dipendente, consistita nella volontaria disattivazione delle misure di cautela, elusione cosciente delle norme di sicurezza da parte del lavoratore.
2. Il secondo motivo del ricorso principale denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. per avere la sentenza trascurato prove decisive per il giudizio. Si contesta che il D.G. operasse da solo e che fosse stato lasciato "allo sbaraglio", senza alcuna precisa direttiva, come pure l'affermazione di cui alla sentenza impugnata che la disattivazione della sicurezza fosse una pratica non inusuale in azienda. Si richiamano le testimonianze che non sarebbero state debitamente considerate dalla Corte territoriale. Si ribadisce che l'infortunio non si verificò nella fase di ripartenza della produzione e che fu invece il D.G. a manomettere la sicurezza della macchina ribobinatrice, contravvenendo a precise prescrizioni datoriali.
3. Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione falsa applicazione degli articoli 91 e 92 cod. proc. civ. in ordine alla statuizione con cui la Corte d'appello ha compensato le spese di lite nei rapporti tra la Nuova Elleci e Fondiaria SAI, anziché fare applicazione del principio della soccombenza e condannare la compagnia assicuratrice al pagamento delle spese. Sostiene la ricorrente che la motivazione della sentenza non aveva esplicitamente indicato quali fossero le gravi ed eccezionali ragioni tali da giustificare la compensazione integrale, non potendo a tal fine essere sufficiente il richiamo alle mere perplessità che il caso in esame avrebbe proposto.
4. Con unico motivo la ricorrente in via incidentale, UNIPOLSAI Assicurazioni, quale società incorporante Fondiaria SAI, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1917 e 1362 cod. civ., della legge 218/1952, artt. 17 e seguenti e successive modificazioni integrazioni (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.); omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.); violazione articolo 132 cod. proc. civ. e nullità della sentenza per omessa motivazione (art. 360 in. 4 cod. proc. civ.).
Premette che la società Nuova Elleci aveva stipulato una polizza di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, compresi i dipendenti della ditta assicurata, e aveva chiamato in causa la compagnia assicuratrice per essere manlevata in caso di accoglimento delle domande proposte nei suoi confronti dal D.G. e dall'INAIL. Deduce che al momento in cui si verificò l'infortunio, ossia il 23 giugno 2006, l'assunzione del lavoratore, risalente al 19 giugno, non era ancora stata comunicata al Centro per l'impiego, essendo tale comunicazione avvenuta il 27 giugno 2006, e che la tardiva regolarizzazione dell'assunzione aveva inciso sull'operatività della garanzia assicurativa, in presenza di una clausola contrattuale che subordina espressamente l'efficacia di detta garanzia alla condizione che l'assicurato, al momento del sinistro, sia in regola con gli obblighi delle assicurazioni di legge.
5. Sono infondati sia il ricorso principale, sia quello incidentale.
6. Preliminarmente, va osservato che il vizio denunciato con il primo motivo del ricorso principale, ossia la presunta violazione e falsa applicazione della legge di cui all'art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all'art. 366, primo comma n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d'inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (ex plurimis, Cass. n. 16862 del 2013, n. 24298 del 2016).
6.1. Nel caso in esame, il ricorso non si confronta con la argomentata ricostruzione giuridica secondo cui l'insieme delle condotte omissive imputabili alla parte datoriale costituiscono violazione dell'art. 2087 cod. civ..
7. In realtà, con il primo motivo del ricorso principale, l'odierna ricorrente, sotto l'apparente veste dell'error in iudicando, tende a contestare la ricostruzione della vicenda accreditata dalla sentenza impugnata. In proposito, giova ribadire che il vizio di falsa applicazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma " legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;
viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione (Cass. n.7394 del 2010, n. 8315 del 2013, n. 26110 del 2015, n. 195 del 2016). E' dunque inammissibile una doglianza che fondi il presunto errore di sussunzione - e dunque un errore interpretativo di diritto - su una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a fondamento della decisione, alla stregua di una alternativa interpretazione delle risultanze di causa.
8. Al fine dell'affermazione della responsabilità del datore di lavoro per mancato rispetto dell'obbligo di prevenzione di cui all'art. 2087 cod. civ. è necessario che l'evento dannoso sia riferibile a sua colpa. Il relativo accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato (tra le tante, v. Cass. n. 1579 del 2000, n. 3785 del 2009). Elemento costitutivo della responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell'obbligo di prevenzione di cui all'art. 2087 cod. civ. è la colpa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore (Cass. n. 6002 del 2012, n. 14192 del 2012).
8.1. Dalla ragionata ricostruzione della vicenda offerta dalla sentenza impugnata può escludersi che gli obblighi di attivazione, ritenuti nella specie omessi, riguardassero ipotesi di accorgimenti idonei a fronteggiare cause d'infortunio del tutto imprevedibili (cfr. Cass. n. 1312 del 2014). La Corte di appello ha fatto, invece, corretta applicazione del principio secondo cui l'obbligo di prevenzione di cui all'art. 2087 cod. civ. impone all'imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo standard minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità del rischio, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene protetto dall'art. 41, secondo comma, Cost. (ex plurimis, Cass. 6337 del 2012). Deve pertanto concludersi che l'operazione di sussunzione della fattispecie concreta, nei termini in cui è stata ricostruita dalla sentenza impugnata, in quella astratta di cui all'art. 2087 cod. civ. è conforme a diritto, mentre il prospettato carattere abnorme del comportamento posto in essere dal lavoratore muove da una diversa ricostruzione delle risultanze processuali, inammissibile in questa sede.
9. Il secondo motivo del ricorso principale di Nuova Elleci s.r.l. è infondato.
9.1. Con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operata dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (v., da ultimo, Cass. n. 29404 del 2017) L'esame e la valutazione dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 16056 del 2016, n. 1.7097 del 2010). Nel caso in esame, la censura di omesso esame di un fatto decisivo si risolve, invece, in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito della causa.
9.2. A ciò aggiungasi che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., come sostituito dall'art. 54, comma 1, lett. b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134) qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. sent. 8053 del 2014).
10. Anche il terzo motivo del ricorso principale è infondato. In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n 3 cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (ex plurimis, tra le più recenti, Cass. n. 24502 del 2017, n. 19613 del 2017, n. 8421 del 2017).
10.1. Quanto alle regole dettate dall'art. 92 cod. proc. civ., nei giudizi instaurati - come il presente (il ricorso introduttivo di primo grado risale al 2008)- nella vigenza della disciplina introdotta dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263 (prima delle modifiche apportate dall'art. 45, comma 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e poi nuovamente dall'art. 13, comma 1, del d.l. 12 settembre 2014, n 132, conv., con mod. nella L. 10 novembre 2014, n. 162) il giudice può procedere a compensazione parziale o totale tra le parti, in mancanza di soccombenza reciproca, solo se ricorrono "altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione", atteso il tenore dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2, comma primo, lett. a), della legge citata (Cass. n. 13460 del 2012).
10.2. Nel caso di specie, la motivazione è stata esplicitata ed è consistita in alcune incertezze desumibili dalla narrativa della sentenza in merito alla data di assunzione del D.G.. Trattasi di motivazione non illogica e come tale sottratta al sindacato di legittimità.
11. Quanto al ricorso incidentale, innanzitutto, è rilevabile un profilo di inammissibilità consistente nella formulazione dell'atto mediante la mera sovrapposizione di mezzi d'impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., senza un'adeguata specificazione che consenta, nel contesto dell'illustrazione del motivo, di disarticolare l'unitarietà onde ricondurre specifiche questioni all'uno o all'altro profilo.
11.1. In particolare, il ricorso prospetta la violazione di norme di diritto sostanziale, di diritto processuale e vizi di motivazione mediante un'esposizione che mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360 c.p.c. per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, a questa Corte il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse.
12. Deve comunque rilevarsi che, a fronte dell'argomentato rilievo secondo cui il giorno del sinistro era operante l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, il motivo difetta di specificità, in violazione dell'art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., in quanto si limita a reiterare la tesi - sostenuta nel giudizio di merito e disattesa dalla Corte di appello - secondo cui rileverebbe la circostanza che la comunicazione al Centro per l'impiego faceva riferimento ad una data di inizio del rapporto posteriore di alcuni giorni a quella reale.
13. Infine, il motivo di ricorso richiama alcune clausole contrattuali del contratto di assicurazione che la Corte di appello avrebbe trascurato di considerare, ma parte ricorrente - che ne aveva l'onere ex art. 366, primo comma, n. 6 cod. proc. civ. - omette di trascriverne il contenuto, per cui anche sotto tale concorrente profilo il ricorso incidentale è inammissibile.
14. Tenuto conto dell'esito delle opposte impugnazioni, le spese del presente giudizio sono poste a carico della Nuova Elleci nei confronti del D.G. e dell'INAIL, mentre vanno compensare tra la stessa società e la UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a..
Le spese sono liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi dell'art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
15. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte sia della ricorrente principale sia della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell'impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.
La Corte rigetta sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese in favore di D.G. e dell'INAIL, liquidate in favore di ciascuna delle parti in euro 5.000,00 per compensi e in euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge. Compensa le spese tra la Nuova Elleci s.r.l. e Unipolsai Assicurazioni s.p.a..
Ai sensi dell'art.13 comma 1-quater del d.P.R. n,115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.
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