Rilevato che
1. con sentenza n. 1070 pubblicata l'8.1.2018 la Corte d'appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza di primo grado e, per per quanto ancora rileva, accoglieva la domanda proposta dall'INAIL nei confronti di N.S., della società SICEDIL srl e di C.M. in relazione all'infortunio mortale occorso il 6.12.1999 in danno di D.B. e condannava gli stessi, in via solidale, a corrispondere all' INAIL la somma di euro 548.881,62;
2. la Corte territoriale premetteva che il Tribunale aveva accertato la responsabilità dei signori G.LB. e T.M. nonché della società CLM DI G.LB. snc, datrice di lavoro dell'infortunato, escludendo, invece, la responsabilità degli altri, estranei al rapporto di lavoro ed alle lavorazioni di ripristino della gru nel corso delle quali si era verificato l'incidente mortale;
3. in via preliminare osservava che il giudizio penale, nel quale erano stati assolti il N.S. ed il M., si era svolto senza la partecipazione dell' INAIL e che non vi era prova che l'Istituto avesse avuto conoscenza legale della pendenza del procedimento penale;
4. inoltre il N.S. ed il M. erano stati prosciolti dai reati contravvenzionali in materia di sicurezza sul lavoro (capi di imputazione B, C, D, E, F, G, H,I, L) per prescrizione;
5. conseguentemente alcun effetto preclusivo poteva attribuirsi all'esito del procedimento penale, conclusosi con sentenza della Corte di Cassazione del 2008. Inoltre la Suprema Corte nell'annullare la sentenza della Corte d'appello— seppure ai soli fini civili— aveva sottolineato come la motivazione della assoluzione di G.LB. fosse stata del tutto mancante, al pari di quella riguardante gli altri imputati;
6. quanto al profilo afferente la responsabilità in sede di azione di regresso del solo datore di lavoro, era sufficiente richiamare i più recenti arresti della Suprema Corte (sentenza 18 maggio 2017 numero 12561) alla stregua dei quali l'azione di regresso era estesa, oltre che ai dipendenti del datore di lavoro, ai soggetti terzi rispetto all'obbligo assicurativo, purché tenuti al cosiddetto debito di sicurezza, sussistente a carico di tutti coloro che in ragione dell'attività svolta erano gravati di specifici obblighi di prevenzione nei confronti dei lavoratori soggetti a rischio;
7. nella fattispecie di causa il N.S., legale rappresentante della SICEDIL Srl, avendo avviato un cantiere nel comune di Acate, aveva ricevuto in comodato gratuito da C.M. la gru B. tipo B 25, trasportandola nel cantiere e rivolgendosi alla società CLM snc per una consulenza e per il ripristino della funzionalità del mezzo;
8. le consulenze tecniche svolte nell'ambito del giudizio penale avevano accertato che la gru concessa in comodato dal M. versava in condizioni a dir poco scadenti e che una delle cause dell'Infortunio era da rinvenirsi nel suo cattivo stato di manutenzione e conservazione, degrado che doveva ricondursi innanzitutto alla responsabilità del proprietario, che aveva violato precise norme cautelari antinfortunistiche;
9. specularmente, l'evidente stato di degrado conservativo in cui si trovava la gru avrebbe dovuto indurre N.S., titolare della SICEDIL S.r.l., a non ricevere In comodato detto mezzo o, comunque, a non utilizzarlo all'interno del cantiere. In tale contesto era, altresì, acciarato che egli, presente in cantiere al momento dell'Infortunio, era consapevole del fatto che i lavoratori T.M. e D.B. sarebbero saliti sulla gru per completare i lavori di messa in opera e non si era opposto a tale intervento; le perplessità manifestate in relazione alla decisione di salire sulla gru montata confermavano la sua responsabilità, lungi dall'escluderla, per la sua consapevolezza non solo del divieto degli operatori di intervenire in quota ma anche delle pessime condizioni in cui versava il mezzo;
10. avverso la sentenza hanno proposto ricorso N.S., in proprio e quale legale rappresentante della SICEDIL srl, e C.M., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l'INAIL con controricorso;
11. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'articolo 380 bis codice procedura civile.