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Sentenza CP Sez. III n. 36701 del 30.08.2019

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Sentenza CP Sez  III n  36701 del 30 08 2019

Sentenza CP Sez. III n. 36701 del 30.08.2019

Le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), Dlgs 152/2006, con conseguente configurabilità del reato di scarico non autorizzato

Penale Sent. Sez. 3 Num. 36701 Anno 2019
Presidente: LIBERATI GIOVANNI
Relatore: NOVIELLO GIUSEPPE
Data Udienza: 03/07/2019

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza del 26 febbraio 2019 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del 15/09/2017, del tribunale di Pistoia, con cui E. G. e C. R. erano stati condannati, ciascuno, alla pena di mesi tre di arresto in relazione al reato ex artt. 110 cod. pen. e 256 comma 1 lett. a) e comma 2 in relazione all'art. 192 comma 2 Dlgs 152/2006 e s.m.i., perché il primo quale amministratore unico delle ditte E. e M. ed il secondo quale autista - meccanico, dipendente della ditta M. alla guida di un'autocisterna attrezzata per spurgo di pozzi neri, in concorso tra loro, il primo disponendone l'esecuzione ed il secondo eseguendola materialmente, immettevano nelle acque superficiali di un corso d'acqua pubblico rifiuti liquidi. In Montecatini Terme il 22.7.2014 e 1.08.2014.
2.Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso E. G. e C. R. mediante il proprio difensore, prospettando tre comuni motivi di impugnazione che si riportano ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.Con il primo motivo hanno dedotto i vizi di cui all'art. 606 comma 1 lett. b)ed e) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, mancanza o illogicità della motivazione, inutilizzabilità e/o nullità dei prelievi e dei risultati analitici effettuati dagli operatori Arpat. Il campionamento effettuato non sarebbe rappresentativo di quanto contenuto in cisterna, laddove secondo le metodiche IRSA sarebbe stato necessario un terzo campionamento e la miscelazione dei campioni per omogeneizzare la massa. Sul punto la decisione della corte circa la correttezza del campionamento sarebbe quindi omessa, per non avere i giudici spiegato le ragioni del ricorso ad un campionamento istantaneo, limitandosi ad un rinvio alla sentenza di primo grado che fa riferimento al riguardo alla circostanza per cui era in corso lo sversamento. Né giustifica il ricorso a tale campionamento la possibilità - altrimenti - della formazione di sedimenti. Laddove il campionamento istantaneo è consigliato solo per controllare scarichi accidentali e/o occasionali di brevissima durata. Né le ragioni della scelta del campionamento istantaneo risultano illustrate, come invece dovuto, nel verbale di campionamento, trattandosi di attività svolta ai sensi dell'art. 223 disp. att. cod. proc., a garanzia della legittimità dell'accertamento. L'omessa motivazione da parte degli operatori emerge anche dalla mancata indicazione del numero di campioni prelevati, della loro durata e frequenza, né si è data contezza del rispetto delle linee guida in tema di conservazione di campioni acquosi tra il campionamento e l'analisi, per evitare l'alterazione dei COD; inoltre nel caso di un campione, denominato B, non fu prelevato un quantitativo idoneo a consentire il controllo del COD, indispensabile allorquando un dato analitico deve essere confrontato con i limiti di legge. La scelta del campionamento istantaneo inoltre, è illogica a fronte della possibilità per i tecnici operatori di disporre della cisterna per il tempo necessario per le corrette verifiche. A fronte di tali rilievi e della assenza di giustificazioni nei verbali, conseguirebbe l'inutilizzabilità o nullità dei campionamenti effettuati.
4.Con il secondo motivo hanno dedotto il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, per il mancato assolvimento dell'onere della prova circa la provenienza dei liquidi contenuti nell'autocisterna, atteso che dalla somma dei volumi dei pozzetti considerati emergerebbe un dato quantitativo incompatibile con i 14.500 litri contenuti nella cisterna. Circostanza che avvalorerebbe la tesi della presenza in essa di acque piovane raccolte per "rendere fruibili i piazzali rimasti allagati dall'acqua caduta".
5.Con il terzo motivo hanno dedotto il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. e)cod. proc. pen. per mancanza o illogicità della motivazione e violazione e falsa applicazione dell'art. 192 Dlgs 152/2006. La corte avrebbe omesso ogni motivazione sulle doglianze sollevate in ordine alla normativa da applicare. In base ai dati probatori emersi deve ritenersi che nella cisterna fossero presenti "acque meteoriche di dilavamento dei piazzali limitrofi frammiste a sostanze oleose che su questi possono trovarsi", con conseguente applicazione della disciplina sulle acque di dilavamento e prima pioggia e non quindi quella sui rifiuti liquidi, laddove la prima non assume rilievo penale, atteso che alla luce delle norme vigenti e, tra queste, degli artt. 74 e 113 del Dlgs 152/2006, le acque meteoriche di dilavamento ancorchè venute a contatto con materiali o sostanze anche inquinanti connesse all'attività esercitata nello stabilimento, non possono essere assimilate ai rifiuti industriali. Piuttosto, il Dlgs 152/06 demanderebbe alle regioni l'elaborazione della disciplina, di rilevanza amministrativa, delle predette acque e, ai sensi della legge regionale 20/06 e del regolamento di attuazione di cui al Decreto del Presidente della Giunta Regione Toscana n. 46/R/08, le acque meteoriche successive a quelle di prima pioggia possono essere scaricate direttamente in un corpo idrico superficiale. Con conseguente infondatezza dell'accusa.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile
2.Riguardo al primo motivo di impugnazione, i giudici del merito spiegano il ricorso al campionamento istantaneo invece che alla raccolta di un campione medio con la particolare attività accertata, consistente in uno sversamento in corso d'opera, così da rendere necessario verificare cosa si stesse riversando in quel momento, oltre che con l'esigenza di evitare, in caso contrario, l'eventualità di una sedimentazione dei componenti presenti nel liquido, con alterazione dei valori finali, ove si consideri che la cisterna veniva rinvenuta a poca distanza dal luogo di produzione del rifiuto liquido e quindi a fronte di un ragionevole, breve intervallo di carico. Inoltre, dai duplici campionamenti effettuati emergeva, secondo quanto riportato in sentenze, una rilevante quantità di idrocarburi, così da rendere irrilevante il tema della eventuale presenza anche di acque meteoriche. Si tratta di una motivazione conforme al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la metodica normale, quale quella del campionamento medio nell'arco delle tre ore, non esclude che l'organo di controllo possa procedere ad un campionamento diverso, anche istantaneo, in considerazione delle caratteristiche del ciclo produttivo, del tipo di scarico (continuo, discontinuo, istantaneo), del tipo di accertamento, qualora ciò sia giustificato da particolari esigenze (cfr. anche in motivazione, Sez. 3, n. 30135 del 05/04/2017 Rv. 270325 - 01 Boschi). Ed invero, a fronte di uno scarico da autobotte in corso - dalla durata non prolungata, tanto più in rapporto al tempo richiesto per la normale metodica di campionamento -, già astrattamente idoneo a risultare non conforme alla luce delle modalità di svolgimento come indicate nel capo di imputazione, il campionamento istantaneo, peraltro operato presso due distinti punti di prelievo, costituiva il necessario e ineludibile mezzo di immediata verifica della legittimità. Nel caso di specie peraltro, la stessa ammissione della difesa, circa la presenza di valori di idrocarburi, rende evidente la validità del campionamento effettuato. In tale quadro, va ribadito che la giurisprudenza di questa corte è costante nel ritenere che la metodologia indicata dal legislatore per il prelievo e il campionamento degli scarichi idrici ha carattere amministrativo e, come tale, non assurge a fonte di prova legale del carattere extratabellare degli scarichi, salva la ovvia facoltà del giudice di valutare l'attendibilità tecnica delle analisi compiute su campioni prelevati con metodiche diverse da quelle suggerite dal legislatore. Infatti, con decisione assolutamente condivisibile, questa Corte ha da tempo avuto modo di precisare che "la norma sul metodo di campionamento dello scarico ha carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è stato potuto prelevare secondo il criterio ordinario" (cfr. Cass. Sez. III, n. 14425 del 21.1. 2004, dep. il 24.3.2004, Lecchi; in motivazione, Sez. 3, n. 29884 del 06/07/2006 Rv. 234662 - 01 Ripamonti.) Consegue che non integra un vizio di inutilizzabilità dei campioni e conseguenti analisi, il mancato rispetto del metodo di campionamento "ordinario" né tantomeno l'assenza nei verbali di campionamento - peraltro nel caso di specie solo asserita e non allegata - dei motivi del ricorso al metodo di prelievo istantaneo, atteso che, per quanto sopra esposto, ciò che rileva è la adeguatezza della motivazione con cui l'organo giudicante ritenga congruo il ricorso allo specifico campionamento del caso concreto. Laddove tale motivazione non rileva sul piano della "inutilizzabilità" bensì solo su quello della adeguata rappresentatività - e quindi della efficacia probatoria - del metodo di prelievo utilizzato. In tal modo emerge la manifesta infondatezza anche delle ulteriori censure proposte in tema di inutilizzabilità o nullità dei campionamenti in rapporto ad asserite carenze motivazionali dei correlati verbali.
3.Anche il secondo motivo è manifestamente infondato. Innanzitutto l'eventuale mancato assolvimento dell'onere della prova, sub specie della dimostrazione della provenienza dei liquidi contenuti nell'autocisterna, non rileva sotto il profilo del dedotto vizio di violazione di legge sostanziale, bensì sul piano della adeguata motivazione della ricostruzione dell'ipotesi accusatoria. Né può essere validamente dedotto in questa sede sub specie della violazione di norma processuale quale l'art. 192 cod. proc. pen., la cui inosservanza non è sanzionata in termini di inutilizzabilità nullità inammissibilità o decadenza (cfr. Sez. 4 - , n. 51525 del 04/10/2018 Rv. 274191 - 02 M). Cosicchè già sotto tali profili il motivo è inammissibile. In ogni caso i giudici del merito hanno validamente dimostrato la provenienza dell'autobotte dalla ditta di pertinenza degli imputati, valorizzando le circostanze della presenza, alla guida del camion, del C., dipendente della E. della vicinanza del mezzo, durante lo scarico, all'ingresso della sede della ditta medesima, della presenza nel piazzale della società, di un pozzetto di raccolta delle acque piovane nei cui pressi erano presenti macchie oleose, con vicino anche un pezzo di conduttura.
4.Quanto al terzo motivo di impugnazione, si premette che in tema di tutela penale dall'inquinamento, le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cfr. Sez. 3, n. 6260 del 05/10/2018 Rv. 274857 - 01 Galletti Stefano), con conseguente corretta configurabilità del reato in contestazione in caso, quale quello di specie, di scarico non autorizzato. Posto allora che la stessa difesa riconosce che nelle acque scaricate erano presenti "sostanze oleose" ovvero gli idrocarburi analizzati, consegue la manifesta infondatezza delle censure proposte, prospettanti una inammissibile riconduzione del rifiuto liquido in esame nel quadro della disciplina delle mere acque meteoriche da dilavamento.
5.Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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