Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 15493 | 21 Aprile 2022
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Cassazione Penale Sez. 4 del 21 Aprile 2022 n. 15493
Infortunio con un macchinario e risparmio dei costi per il suo adeguamento. Impugnazione avverso l'ordinanza che ammette l'imputato alla messa alla prova
Presidente: SERRAO EUGENIA
Relatore: VIGNALE LUCIA
Data Udienza: 23/03/2022
1. Con sentenza del 18 dicembre 2019 - della cui motivazione è stata data lettura in udienza ai sensi dell'art. 544, comma 1, cod. proc. pen. - il Tribunale di Trento ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell'ente «La Sportiva S.p.A», essendo estinto per esito positivo della messa alla prova l'illecito ascritto alla società.
L'illecito contestato all'ente - e ritenuto estinto - è quello previsto dall'art. 25 septies, comma 3, d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, in relazione al delitto di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen. Secondo l'assunto accusatorio, violando le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro - e, segnatamente, l'art. 71, comma 1, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 - il legale rappresentante della società, D.L. (che è stato a sua volta ammesso alla prova e nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di estinzione del reato), si è reso responsabile del delitto di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen. e da questo delitto l'ente ha tratto vantaggio economico risparmiando sui costi connessi all'adeguamento del macchinario che la persona offesa stava utilizzando quando si verificò l'infortunio.
2. Avverso la sentenza - che è stata comunicata alla Procura generale presso la Corte di appello di Trento il 23 dicembre 2019 - il Procuratore generale ha proposto ricorso il 7 gennaio 2020.
Il Procuratore ricorrente deduce, con i primi due motivi, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, non essendo applicabile agli enti l'istituto previsto dall'art. 168 bis cod. pen.
Con il terzo e il quarto motivo deduce, inoltre, mancanza e contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza con la quale è stata disposta l'ammissione alla prova dell'ente. Precisa che tale ordinanza non è mai stata comunicata all'ufficio di Procura generale che, pertanto, non ha potuto impugnarla subito e ne ha avuto notizia solo con la comunicazione della sentenza.
3. Il 18 gennaio 2022 il difensore della società ha depositato memoria rilevando che i motivi di ricorso avanzati dalla Procura generale di Trento sono stati affrontati e risolti nell'ordinanza di ammissione alla prova e che la possibilità di applicare l'istituto previsto dall'art. 168 bis cod. pen. agli enti in relazione agli illeciti previsti dal d.lgs. 231/2001 è stata riconosciuta non solo dal Tribunale di Trento, ma anche da altri giudici di merito. La difesa sottolinea, inoltre, che, nel corso della prova, la società ha provveduto ad eliminare gli effetti negativi dell'illecito risarcendo il danno, rivedendo il proprio modello organizzativo e svolgendo lavoro di pubblica utilità, consistito nel fornire ad un organismo religioso calzature di propria produzione. Desume da ciò che gli scopi previsti dall'istituto della messa alla prova possono essere raggiunti anche se l'ammissione alla prova riguardi un ente e che «l'introduzione di un virtuoso percorso della condotta dell'azienda con,gli obblighi di fare» costituisce rimedio più idoneo rispetto «ad un esborso in denaro che viene solitamente imputato a costi di impresa». Tali argomenti sono stati approfonditi in successive memorie, nelle quali sono richiamate le ragioni esposte a sostegno della richiesta nel corso giudizio di merito.
4. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte e - richiamando precedenti giurisprudenziali che affermano la legittimazione del Procuratore generale presso la corte di appello ad impugnare l'ordinanza di ammissione alla prova ai sensi dell'art. 464 quater, comma 7, cod. proc. pen (in specie: Sez. 1, n. 43293 del 27/10/2021, Ongaro, Rv. 282156; Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138) - ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata e delle ordinanze con le quali la società è stata ammessa alla prova.
5. Il Collegio rileva che l'esame nel merito del ricorso dipende dalla decisione della seguente questione: «se il procuratore generale sia legittimato a proporre impugnazione avverso l'ordinanza che ammette l'imputato alla messa alla prova ai sensi dell'art. 464 bis cod. proc. pen. e avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies cod. proc. pen, e quali siano i vizi deducibili con il ricorso avverso tale sentenza».
Se, infatti, si dovesse ritenere che il procuratore generale presso la corte di appello non sia legittimato all'impugnazione - o non lo sia per motivi che riguardano eventuali vizi dell'ordinanza di ammissione alla prova - non si potrebbe procedere all'esame della questione di merito dedotta dal ricorrente, che lamenta violazione di legge per essere stato esteso agli illeciti previsti dal d.lgs. n. 231/2001 un istituto, come quello della messa alla prova, che, per previsione espressa dell'art. 168 bis cod. pen., si applica a «reati» puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché ai «delitti» indicati dall'art. 550, comma 2, cod. proc. pen.
6. Come noto, la disciplina processuale dell'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è contenuta nel titolo V bis del libro VI del codice di rito, dedicato ai procedimenti speciali. Ai fini che qui interessano vengono in considerazione, in particolare: l'art. 464 quater, comma 7, in base al quale «l'imputato e il pubblico ministero anche su istanza della persona offesa» possono ricorrere per cassazione «contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova» e «l'impugnazione non sospende il procedimento»; l'art. 464 septies, comma 1, in base al quale, «decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo»; l'art. 464 septies, comma 2, in base al quale «in caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso».
Nel caso in esame, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trento non ha impugnato l'ordinanza ammissiva della prova ai sensi dell'art. 464 quater cod. proc. pen. perché la stessa non gli è mai stata comunicata e assume di essere in termini per farlo avendone avuto conoscenza solo in data 23 dicembre 2019, quando ha ricevuto comunicazione della sentenza che dichiarava estinto l'illecito per esito positivo della prova.
7. Sul tema la giurisprudenza di legittimità ha espresso orientamenti contrapposti.
7.1. Secondo un primo orientamento, il procuratore generale presso la corte di appello «è legittimato ad impugnare l'ordinanza di accoglimento dell'istanza di sospensione del procedimento unitamente alla sentenza con la quale il giudice dichiara l'estinzione del reato per esito positivo della prova, qualora non sia stata effettuata nei suoi confronti la comunicazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza di sospensione» (Sez. 1, n. 43293 del 27/10/2021, Ongaro, Rv. 282156; Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138; Sez. 5, n. 7231 del 06/11/2020, dep. 24/02/2021, Hoelzi, non massimata; Sez. 2, n. 7477 del 08/01/2021, dep. 25/02/2021, Sperindeo, non massimata).
7.2. Secondo un altro orientamento, invece, il procuratore generale presso la corte di appello non sarebbe legittimato a impugnare l'ordinanza di accoglimento dell'istanza di sospensione del procedimento «non essendo individuato tra i soggetti - l'imputato, il pubblico ministero e la persona offesa - che possono proporre ricorso per cassazione [...] ai sensi dell'art. 464 quater, comma 7, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 18317 del 09/04/2021, Stompanato, Rv. 281272).
Nell'ambito di questo orientamento si registrano due diverse impostazioni.
Mentre la sentenza n. 18317 del 09/04/2021, Stompanato, Rv. 281272 esclude che il procuratore generale presso la corte d'appello possa impugnare l'ordinanza di accoglimento dell'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova non essendo comunque individuato tra i soggetti legittimati ai sensi dell'art. 464 quater cod. proc. pen., una precedente sentenza della Sesta sezione (Sez. 6, n. 21046 del 10/06/2020, Betti, Rv. 279744) esclude in termini espliciti solo che il pubblico ministero possa impugnare tale ordinanza «ai sensi dell'art. 586 cod. proc. pen., quindi congiuntamente alla sentenza di non luogo a procedere, parallelamente a quanto previsto avverso le ordinanze di rigetto, impugnabili dall'imputato unitamente alla sentenza di condanna» e dichiara inammissibile il ricorso proposto dal procuratore generale contro la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies cod. proc. pen. sottolineando che, con l'impugnazione di tale sentenza non possono più essere dedotte doglianze relative «all'originaria insussistenza di uno dei presupposti stabiliti dall'art. 168 bis cod. pen. per l'accesso al rito speciale» (pag. 3 della motivazione).
Di tenore analogo sono le sentenze della Quinta sezione n. 5093 del 14/01/2020, Cicalini Rv. 278144 e n. 17951 del 01/04/2019, dep. 30/04/2019, Bonifacio (non massimata), nelle quali non si esclude in termini espliciti la possibilità per il procuratore generale di impugnare l'ordinanza di ammissione alla prova, ma, a fronte di un ricorso proposto contro la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato, si sostiene che tale impugnazione non possa essere proposta per vizi afferenti al provvedimento di sospensione del processo di cui all'art. 464-quater cod. proc pen.; vizi che avrebbero dovuto essere fatti valere con l'impugnazione del provvedimento.
7.3. La sentenza della Sesta sezione n. 1603 del 09/11/2021, dep. 17/01/2022, Conte, (non massimata) sembra porsi in contrasto con la sentenza n. 18317 del 09/04/2021, Stompanato, Rv. 281272. Valuta infatti «tempestivo» (così testualmente pag. 5 della motivazione) il ricorso proposto dal procuratore generale contro un'ordinanza di ammissione alla prova - ancorché proposto unitamente alla sentenza - rilevando che l'ordinanza non era stata comunicata alla procura generale. Riconosce, dunque, che il procuratore generale debba essere avvisato dell'ammissione alla prova e sia legittimato ad impugnare la relativa ordinanza, dichiarando il ricorso inammissibile per altro motivo.
8. Così sinteticamente delineato il quadro degli orientamenti assunti dalla giurisprudenza, si deve osservare che non v'è sostanziale contrasto nell'escludere la possibilità per il procuratore generale che abbia avuto notizia della ammissione alla prova di impugnare la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies cod. proc. pen. per violazioni di legge o vizi motivazionali che riguardino l'ordinanza di ammissione alla prova; si reputa, in particolare, che la sentenza di cui all'art. 464 septies cod. proc. pen. possa essere impugnata soltanto per motivi «attinenti alla fase del procedimento successiva all'ordinanza di sospensione», ma non per motivi inerenti all'ammissibilità della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova, che avrebbero dovuto essere fatti valere impugnando l'ordinanza ai sensi dell'art. 464 quater cod. proc. pen.
Tutte le sentenze esaminate si uniformano, sul punto, all'orientamento espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237, che ha escluso la ricorribilità immediata dell'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione con riferimento all'imputato, rilevando che questi è titolare del ben più ampio potere di rinnovare la richiesta di accesso al rito fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento e, in ogni caso, una volta emessa la sentenza di primo grado, può sempre appellare l'ordinanza congiuntamente alla sentenza, secondo la regola generale fissata dall'art. 586 cod. proc. pen. Nell'affermare questo principio, le Sezioni Unite hanno chiarito - fornendo una ricostruzione di sistema dell'istituto della messa alla prova - che con la previsione dell'art. 464 quater, comma 7, cod. proc. pen. il legislatore ha consentito l'impugnazione diretta e autonoma del solo provvedimento di accoglimento dell'istanza dell'imputato e che, contro tale provvedimento, il pubblico ministero può proporre ricorso per motivi consentiti dall'art. 606 cod. proc. pen. relativi a violazioni di legge e a vizi di motivazione, può dunque sollecitare il sindacato di legittimità anche sulla sussistenza dei requisiti previsti dall'art. 168 bis cod. pen. per l'ammissione al beneficio.
9. Il contrasto sorge, dunque, con riguardo alla possibilità per il procuratore generale di impugnare l'ordinanza ammissiva della prova o a seguito della comunicazione del relativo avviso o unitamente alla sentenza. Possibilità, quest'ultima, che viene sostenuta con riferimento alla specifica ipotesi in cui il procuratore generale non sia stato avvisato dell'ordinanza e ne venga a conoscenza solo con la comunicazione della sentenza.
9.1. Si discute, in particolare, se l'espressione «pubblico ministero» contenuta nell'art. 464 quater, comma 7, cod. proc. pen. riguardi anche il procuratore generale presso la corte di appello, come inducono a pensare le pronunce delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 22531, 31/05/2005, Campagna, Rv. 231056 e n. 31011 del 28/05/2009, Colangelo, Rv. 244029) secondo le quali l'espressione «pubblico ministero» è utilizzata dal codice di rito indifferentemente per il procuratore della Repubblica presso il tribunale e per il procuratore generale presso la corte di appello; o se invece, in un'ottica di favore per l'istituto della messa alla prova che giustificherebbe una selezione dei soggetti titolari del diritto di impugnazione contro l'ordinanza ammissiva, l'espressione «pubblico ministero» contenuta nell'art. 464 quater, comma 7, cod. proc. pen. debba essere interpretata in senso restrittivo con esclusivo riferimento al procuratore della Repubblica presso il tribunale.
9.2. Di conseguenza, ci si chiede se l'ordinanza di ammissione alla prova debba essere portata a conoscenza, mediante lettura in udienza o mediante notifica o comunicazione dell'avviso di deposito, oltre che delle parti che hanno diritto all'avviso della data d'udienza, anche del procuratore generale presso la corte di appello. Invero, se il procuratore generale è escluso dal novero dei soggetti titolari del diritto di impugnazione, nessun avviso gli è dovuto e l'ordinanza di ammissione alla prova deve essere comunicata alle parti del procedimento che hanno diritto all'avviso della data dell'udienza. Se, invece, in assenza di limitazioni espresse, il procuratore generale è titolare del diritto di impugnazione, allora egli ha diritto ad essere informato dell'ordinanza ai sensi dell'art. 128 cod. proc. pen., che prevede la comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito dei provvedimenti impugnabili «a tutti coloro cui la legge attribuisce il diritto di impugnazione» (in quest'ultimo senso si sono espressamente pronunciate: Sez. 1, n. 43293 del 27/10/2021, Ongaro, Rv. 282156, pag. 3; Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138, pag.4; Sez. 6, n.1603 del 09/11/2021, dep. 17/01/2022, Conte, non massimata, pag. 5).
9.3. Chi aderisce a questa seconda tesi, sostiene che, se il procuratore generale non ha ricevuto l'avviso di deposito dell'ordinanza e quindi non ha potuto impugnarla, può farlo quando apprende della sua esistenza, vale a dire quando riceve la comunicazione della sentenza di cui all'art. 464 septies cod. proc. pen. In questi casi, l'ordinanza ammissiva della prova può essere impugnata insieme alla sentenza in virtù del fatto che, se l'ordinanza è viziata per violazione di legge, dal suo annullamento «deriva>> l'annullamento della sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138 pag. 6).
10. Le tesi in contrasto sono supportate entrambe da argomenti di indubbio spessore.
10.1. La sentenza Sez. 6, n. 18317 del 09/04/2021, Stompanato, Rv. 281272 esclude che il procuratore generale possa essere individuato tra i soggetti che hanno diritto all'impugnazione dell'ordinanza con la quale il giudice sospende il processo e ammette l'imputato alla prova suita base di argomenti sistematici e logico-giuridici.
Osserva che il sistema dei rimedi esperibili avverso le ordinanze che decidono sull'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova «è improntato, sul piano dell'economia processuale, alla finalità di ridurre sensibilmente le ipotesi di regressione del procedimento, se non addirittura di eliminarle del tutto e di garantire il massimo favore all'istituto della sospensione con messa alla prova (cfr. Sez. U, n.33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv.267237)».
Sostiene che la fase della ammissione alla prova deve essere ricostruita come un vero e proprio procedimento incidentale dotato di autonomia rispetto all'ordinario processo di cognizione sia con riferimento ai requisiti di ammissibilità (previsti dall'art. 168 bis cod. pen.), che alla fase del trattamento. Si tratta - sottolinea la sentenza - di «una fase procedimentale alternativa rispetto a quella principale che, in caso positivo, approda ad un esito, la sentenza di cui all'art. 464 septies cod. proc. pen., rispetto alla quale, secondo la giurisprudenza innanzi richiamata, non sono più rilevabili eventuali vizi dell'ordinanza di ammissione, ma solo vizi della fase procedimentale· successiva all'ammissione della prova ed errores in iudicando».
Ricorda che compete al legislatore stabilire non solo «i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e [ ... ] il mezzo con cui possono essere impugnati», ma anche i soggetti ai quali è espressamente conferito dalla legge il diritto di impugnazione. Rileva che, proprio in applicazione di tale principio, in alcuni casi, in deroga alla regola prevista dall'art. 570 cod. proc. pen., la legittimazione del procuratore generale presso la corte di appello è stata esclusa. Richiama in proposito le ordinanze del tribunale della libertà, in sede di riesame o di appello, in cui il testo normativo non fa riferimento generico al «pubblico ministero», ma specifica espressamente che legittimati all'impugnazione sono «il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura» e «il pubblico ministero presso il Tribunale indicato nel comma 7 dell'art. 309»; i provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione, avverso quali «la legittimazione ad impugnare spetta, in via esclusiva, per espressa designazione del legislatore, al pubblico ministero che ha assunto il ruolo di parte nel procedimento».
Dal carattere incidentale del procedimento di messa alla prova (sottolineato anche da Sez. U n. 36272 del 31/03/2016, Sorcinelli, Rv. 267238) la sentenza in esame trae argomenti a sostegno della interpretazione restrittiva proposta, che ritiene conforme al principio di tassatività delle impugnazioni. Osserva che, secondo la linea interpretativa tracciata dalle Sezioni Unite nella sentenza Rigacci, col ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento ex art. 464 septies cod. proc. pen. «non possono essere proposti motivi attinenti all'ammissibilità della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova perché preclusi dall'avvenuta decorrenza del termine entro il quale deve essere proposto il mezzo di impugnazione avverso l'ordinanza di cui all'art. 464 quater, commi 3 e 7, cod. proc. pen.» e ciò dà luogo ad un regime disgiunto di impugnazione che deroga all'art. 586, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen. ed è ispirato alla finalità di ridurre sensibilmente le ipotesi di regressione del procedimento. Sostiene che «la natura autonoma del procedimento incidentale e il descritto sistema di impugnazione [ ...] escludono, altresì, il fondamento del potere di impugnazione del procuratore generale della corte di appello quale organo costituito presso il giudice di merito di livello superiore». Questi, infatti, non ha alcuna competenza nella materia in esame, non essendo istituito «presso il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato (e dal quale deriva la competenza in materia di impugnazione) né presso il giudice avente giurisdizione di merito a livello superiore, dal momento che [ ...] l'ordinanza di sospensione del procedimento per messa alla prova è impugnabile solo con il ricorso per cassazione». Sostiene che, in questo quadro, il riferimento all'art. 570 cod. proc. pen. non possa assumere rilievo.
10.2. Di segno opposto le argomentazioni contenute nelle sentenze Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138 e Sez. 1, n. 43293 del 27/10/2021, Ongaro, Rv. 282156, secondo le quali, in assenza di una previsione espressa, il carattere incidentale del procedimento di messa alla prova non vale ad escludere il procuratore generale dai soggetti legittimati al ricorso. Nel procedimento incidentale cautelare, infatti, il legislatore ha previsto che siano legittimati a ricorrere per cassazione contro le ordinanze cautelari emesse in sede di riesame o di appello, solo il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura e il pubblico ministero presso il tribunale del riesame e questa espressa previsione era necessaria, nonostante la natura incidentale del procedimento cautelare, proprio perché, salvo che sia espressamente stabilito, quando le disposizioni in materia di impugnazioni menzionano come soggetto legittimato il pubblico ministero, fanno riferimento ad entrambe le figure del procuratore della Repubblica e del procuratore generale presso la corte di appello.
Le sentenze in esame osservano che «se la legge non distingue e non seleziona per il profilo soggettivo uno specifico ufficio del pubblico ministero, il riferimento al pubblico ministero come titolare del potere di impugnazione non può che significare la legittimazione anche del procuratore generale. Vale, infatti, la regola generale dell'art. 570, comma 1, cod. proc. pen. ove, a parte il rinvio ad una previsione di eccezione per l'appello, si stabilisce l'attribuzione concorrente del potere di impugnazione in capo ad entrambi gli uffici del pubblico ministero, per mezzo della specificazione che il procuratore generale può impugnare pur quando il pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento (quindi il procuratore della Repubblica) abbia a sua volta impugnato o, di contro, abbia prestato acquiescenza al provvedimento» (sentenza Ongaro, pagg. 3 e 4).
Le sentenze in esame - non diversamente dalla sentenza n. 18317/2021 - escludono che il pubblico ministero possa, in via generale, impugnare l'ordinanza di sospensione del procedimento ex art. 464 quater cod. proc. pen. congiuntamente alla sentenza di non luogo a procedere, come può fare invece l'imputato per quanto riguarda le ordinanze di rigetto. Osservano infatti che la possibilità di impugnare ordinanze dibattimentali per la prima volta insieme alle sentenze postula che le prime non siano impugnabili in via autonoma come è invece, nel caso del pubblico ministero, per l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova. Ne desumono però che «l'ordinanza ex art. 464 quater cod. proc. pen, deve essere portata a conoscenza, mediante lettura in udienza o mediante notifica o comunicazione dell'avviso di deposito, non solo alle parti del procedimento che hanno diritto all'avviso della data dell'udienza», ma anche al procuratore generale presso la corte di appello, titolare del potere di impugnazione al pari del procuratore della Repubblica ai sensi dell'art. 570 cod. proc. pen. Per giungere a questa interpretazione, applicano i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite in tema di individuazione del pubblico ministero legittimato all'impugnazione (Sez. U, n. 22531, 31/05/2005, Campagna, Rv. 231056 e n. 31011 del 28/05/2009, Colangelo, Rv. 244029) secondo le quali l'espressione «pubblico ministero» è utilizzata dal codice di rito indifferentemente per il procuratore della Repubblica presso il tribunale e per il procuratore generale presso la corte di appello. Sottolineano che tali principi non sono mutati a seguito dell'introduzione dell'art. 593 bis cod. proc. pen., che ha lasciato inalterata, per il ricorso in cassazione, la regola secondo la quale il procuratore generale ha il potere di proporre impugnazione contro i provvedimenti emessi, nell'ambito dell'ordinario processo di cognizione, dai giudici del distretto, anche quando il pubblico ministero del circondario abbia già compiuto in merito la sua valutazione positiva o negativa («Salvo quanto previsto dall'articolo 593 bis, comma 2, il procuratore generale può proporre impugnazione nonostante l'impugnazione o l'acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento>>). Sostengono che il potere di surroga del procuratore generale, in base al quale detto organo è legittimato, in via ordinaria, ad impugnare tutti i provvedimenti potenzialmente definitivi emessi nel giudizio di cognizione, trova il suo fondamento in un complesso normativo, esplicativo del disposto dell'art. 570 cod. proc. pen. - contenuto negli artt. 548, comma 3, 585, comma 2, lett. d), e 608, comma 4, cod. proc. pen. - che precisa le modalità di esercizio del diritto d'impugnazione prescrivendo gli adempimenti necessari a far conoscere al suo titolare i provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della circoscrizione diverso dalla corte d'appello.
Le sentenze in esame non sottovalutano il dato obiettivo che, in qualche procedimento, la legittimazione del procuratore generale ad impugnare sia esclusa, ma sostengono che non v'è ragione alcuna di inserire tra questi l'art. 464 quater cod. proc. pen. Rilevano che l'espressione «pubblico ministero» utilizzata dal legislatore non è dirimente in tal senso e che le deroghe previste si riferiscono a procedimenti incidentali dotati di autonomia rispetto all'ordinario processo di cognizione, mentre «l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova è idonea solo in via eventuale a dare vita ad uno sviluppo procedimentale alternativo rispetto a quello principale di cognizione, dal momento che ne è sempre possibile la revoca con la ripresa dell'ordinario corso del procedimento volto, come tale, all'accertamento dei fatti e della punibilità dell'accusato nonché alla determinazione dell'eventuale trattamento sanzionatorio» (sentenza Ongaro, pag. 6).
11. Per quanto esposto, considerata l'esistenza, nella materia in esame, di un contrasto giurisprudenziale, il Collegio ritiene necessario rimettere alle Sezioni Unite la risoluzione del seguente quesito di diritto: «Se il procuratore generale sia legittimato a proporre impugnazione avverso l'ordinanza che ammette l'imputato alla messa alla prova ai sensi dell'art. 464 bis cod. proc. pen. e avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies cod. proc. pen, e quali siano i vizi deducibili con il ricorso avverso tale sentenza»
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso il 23 marzo 2022
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