Sentenza CP n. 14636 del 20 aprile 2021
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Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2021, n. 14636 - Crollo del palco in allestimento per il concerto di Laura Pausini (5 marzo 2012)
ID 13868 | 28.06.2021
Condanne definitive al processo sul crollo del palco in allestimento per il concerto di Laura Pausini che si sarebbe dovuto tenere al PalaCalafiore di Reggio Calabria, che provocò la morte dell'operaio Matteo Armellini il 5 marzo 2012.
La quarta sezione penale della Cassazione, dopo un'udienza svota il 23 marzo 2021, ha confermato quasi del tutto, la sentenza emessa nell'ottobre 2019 dalla Corte d'appello di Reggio Calabria, rigettando i ricorsi di Sandro Scalise, coordinatore della sicurezza per i lavori di costruzione della struttura, del progettista Franco Faggiotto e di Ferdinando Salzano, rappresentante della "F&P Group", committente dei lavori di allestimento del palco. Prescritto, invece, il reato di omicidio colposo per Pasquale Aumenta, responsabile della Italstage, società che aveva costruito il palco, così come per Marcello Cammera, ex responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Reggio.
Restano confermate le condanne per il reato di crollo e i risarcimenti per la parte civile.
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 23/03/2021
Fatto
1. La Corte d'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di quella città, con la quale F.F., S.S., A.P., S.F. e C.M. erano stati condannati alle pene ritenute di giustizia per i reati di cui agli artt. 589, c. 1, 2 e 4 e 449, cod. pen., oltre al risarcimento del danno, con provvisionale, unitamente ai responsabili civili ITALSTAGE COMPANY s.r.l. e Comune di Reggio Calabria, in favore delle parti civili A.P. e AGORÀ s.r.l., ha rideterminato favorevolmente la pena nei confronti degli imputati, revocando le statuizioni civili in favore della AGORÀ s.r.l. e confermando nel resto.
2. La vicenda processuale riguarda il crollo di una struttura metallica, denominata ground support, in lega di alluminio, che doveva fungere da sostegno per gli impianti della luce e dell'audio, composta da sei pilastri reticolari a sezione quadrata e da un grigliato spaziale a doppio strato (space roof), da realizzarsi all'interno del palazzetto dello sport Calafiore di Reggio Calabria a copertura del palco, sul quale doveva esibirsi l'artista Laura PAUSINI in occasione di un concerto musicale programmato per la serata del 5 marzo 2012.
Agli imputati è stato innanzitutto contestato il reato di omicidio colposo (per alcuni aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica).
In particolare, al F.F., progettista nominato da ITALSTAGE COMPANY s.r.l. (società costruttrice incaricata dalla F&P GROUP s.r.l. di realizzare la costruzione della citata struttura) si è contestato di avere causato il collasso e l'improvviso crollo laterale dell'opera e, così, la morte del lavoratore A.M. (operaio c.d. rigger, ossia allestitore in quota, dipendente della società cooperativa per azioni INSIEME, impegnato nei lavori di allestimento del concerto musicale) e le lesioni subite da altri tre operai, uno dipendente della medesima cooperativa, gli altri due della HARLEY ROCK CREW soc. coop. a r.l.), per colpa generica e specifica, in violazione dell'art. 64 d.P.R. 380/2001, attraverso la commissione di errori e omissioni nella progettazione (analiticamente descritti dal punto c.1 al punto c. 7 della imputazione).
Al legale rappresentante della citata ITALSTAGE, A.P., lo stesso reato è stato contestato per colpa generica e specifica, questa in riferimento all'art. 65 d.P.R. 380/2001, per non avere denunciato l'opera, prima dell'inizio dei lavori, all'ufficio tecnico regionale competente (già genio civile), impedendo l'attivazione di ogni opportuna forma di controllo; per avere dato inizio alla costruzione sulla scorta di un progetto errato e assolutamente carente, privo delle necessarie verifiche sulle caratteristiche del piano di posa; infine, per avere omesso di contestare alla committente F&P GROUP s.r.l. la mancata nomina di un direttore dei lavori.
All'imputato S.F. il reato è stato contestato, nella qualità di legale rappresentante della società da ultimo citata, committente in via esclusiva dei lavori di realizzazione della struttura metallica e, unitamente alla ESSE EMME MUSICA di S.M., anche dell'allestimento e realizzazione dell'evento musicale, per non avere nominato un direttore dei lavori, richiesto al costruttore una adeguata integrazione del progetto e per avere omesso le verifiche sulle concrete caratteristiche del piano di posa.
La vicenda che ci occupa ha riguardato anche altre due figure di garanti.
In particolare, a S.S., coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori di realizzazione della struttura metallica (incaricato dalla EMME ESSE MUSICA), il reato di omicidio colposo è stato contestato per non avere sospeso i lavori, pur consapevole della mancata nomina di un direttore e pur avendo riscontrato i gravi errori e le omissioni progettuali di cui si è già detto; a C.M., invece, responsabile del settore progettazione e esecuzione LL.PP. del comune di Reggio Calabria, per non avere inibito, nell'ambito della procedura amministrativa intesa all'adozione di un'ordinanza sindacale che consentisse, in assenza del nulla osta della commissione provinciale di vigilanza, lo svolgimento del concerto, l'inizio dei lavori di costruzione della citata struttura metallica e/o, dopo la consegna dell'impianto, per non averli immediatamente sospesi, non segnalando il grave e imminente pericolo di crollo, dopo avere ricevuto la documentazione funzionale al rilascio del prescritto parere tecnico e all'espletamento del sopralluogo per la verifica sul corretto allestimento delle strutture, nella consapevolezza della mancata nomina di un direttore dei lavori e della omessa denuncia dell'opera all'ufficio tecnico regionale e in mancanza degli elaborati progettuali relativi all'impianto sportivo e dei dati relativi al piano di posa della struttura.
A tutti gli imputati, inoltre, è stato contestato anche il reato di cui all'art. 449, in relazione all'art. 434, cod. pen., per avere ciascuno, nelle rispettive, descritte qualità, cagionato il crollo della struttura di cui sopra, facendone derivare un pericolo per la pubblica incolumità.
3. Nella sentenza impugnata si rinviene una ricostruzione delle evidenze raccolte (testimonianze degli operai presenti in cantiere e consulenze tecniche) e si dà atto della sostanziale convergenza degli elementi tratti dalle prime rispetto alle conclusioni degli ausiliari della Procura della Repubblica quanto alla ricostruzione delle fasi immediatamente antecedenti il sinistro.
L'istruttoria si è, poi, incentrata sulla verifica delle cause del crollo, sia dal punto di vista dello svolgimento dell'iter amministrativo inteso a ottenere la licenza di pubblico spettacolo e le autorizzazioni all'uso dell'impianto sportivo; che con riferimento alle cause tecniche di esso. Dai contributi tecnici acquisiti al processo è emersa, secondo quanto espongono i giudici d'appello, una sostanziale convergenza sulla esistenza di errori di progettazione: il F.F. non aveva considerato la possibile presenza di forze orizzontali accidentali, ma solo quella dei carichi verticali (vale a dire peso della struttura e di ciò che doveva portare); era stato utilizzato un modello statico inadeguato a simulare il reale comportamento della struttura; nella fase esecutiva del progetto, il montaggio era avvenuto in difformità con l'avallo consapevole del progettista.
4. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati e il responsabile civile ITALSTAGE COMPANY s.r.l.
4.1. L'avv. A. Baldacci per F.F. ha formulato cinque motivi (rilevandosi, in questa sede, l'erronea numerazione di essi).
4.1.1. Con il primo, ha dedotto illogicità e carenza di motivazione in ordine al rigetto dell'istanza di riapertura dell'istruzione dibattimentale, intesa ad ottenere l'espletamento di una perizia finalizzata a accertare le cause del crollo. La richiesta era stata motivata sulla scorta di asserite difformità tra le conclusioni dei consulenti del pubblico ministero e quelli degli imputati riguardanti le cause del crollo e la riferibilità di tali cause agli imputati. In particolare, la difesa ha indicato le deposizioni dei testi B. e M., i quali avevano riferito un dato non considerato dai consulenti dell'accusa, poiché emerso solo nel corso dell'istruttoria dibattimentale [trattasi della riscontrata rotazione, in sede di verifica della proiezione degli appendimenti sul pavimento (cd. mark floor) dello space roof per circa dieci centimetri]. La difesa ha contestato la risposta data dalla Corte d'appello, assumendo che i giudici territoriali si sarebbero limitati a richiamare il contenuto dell'ordinanza resa dal Tribunale ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., allegando la centralità della valutazione di tale dato sulla verifica delle cause di rottura delle flange degli s/eeve blocks. Il dubbio rimarrebbe, secondo la difesa, anche se gli ausiliari dell'accusa hanno concluso per la maggiore plausibilità che le rotture siano conseguenza e non causa del crollo.
4.1.2. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto illogicità e carenza della motivazione, oltre a contraddittorietà della stessa e travisamento probatorio e inosservanza dell'art. 192, cod. proc. pen., quanto al ritenuto valore dimostrativo degli elementi di prova in ordine alla penale responsabilità per i fatti contestati.
Sotto un primo profilo, si è evidenziato che il modello progettato non corrisponderebbe all'opera concretamente realizzata; sotto diverso aspetto, si è osservato che la disciplina sulle costruzioni civili non sarebbe applicabile integralmente al caso d'interesse.
Quanto al primo tema, in particolare, si afferma che una fedele esecuzione del progetto avrebbe implicato l'apposizione di aste di irrigidimento, in dotazione della struttura; quanto al secondo, si contesta la adeguatezza della spiegazione offerta dai giudici territoriali. Quanto alle difformità di esecuzione, si evidenzia che il F.F. aveva sì ricevuto la comunicazione della necessità di non utilizzare le aste di irrigidimento, ma non era emerso che vi avesse acconsentito, poiché nell'ultima relazione di calcolo semplicemente non era stato precisato il materiale con il quale realizzare le piastre di diffusione del peso, per le quali la misura restava quella di 40x40. Inoltre, il giudice non avrebbe precisato che la modifica degli elementi da lunghi a corti si era limitata a quelli interni, pari a otto (cioè le sole colonne anteriori e centrali), mentre i rimanenti sedici avrebbero dovuto essere montati come da manuale e, quindi, con le aste di irrigidimento. La difesa prosegue contestando il giudizio controfattuale, lo stesso consulente del pubblico ministero avendo affermato di non poter dire che l'inserimento di dette aste di irrigidimento avrebbe evitato il crollo.
Analogo ragionamento svolge riguardo ai punti di collegamento delle torri con il grigliato spaziate, evidenziando che le indicazioni del progettista erano conformi all'utilizzo comune (cinghie in poliestere portate in tensione e vincolanti il nodo costituito dallo sleeve block in un incastro). Ne discenderebbe la riconducibilità della labilità della struttura alla violazione di tale prescrizione e al mancato utilizzo delle piastre di diffusione del peso, avendo il consulente della difesa calcolato la resistenza della struttura nel caso fossero state osservate tali indicazioni contenute nel progetto. Tale calcolo, non solo non era stato confutato in sede processuale, ma gli ausiliari del pubblico ministero si erano limitati ad annotare il mancato montaggio di detti elementi e ad affermare che essi avrebbero conferito alla struttura maggiore resistenza, ma di non essere in grado di dire se essa sarebbe crollata ugualmente.
Inoltre, il professionista non conosceva le caratteristiche del piano di posa e aveva ipotizzato, pertanto, un piano rigido, evidenziando la necessità che fosse nominato un direttore dei lavori, al quale avrebbe dovuto essere demandata la verifica in loco delle sue caratteristiche meccaniche.
4.1.3. Con un terzo motivo, si è dedotta illogicità o mancanza di motivazione e inosservanza o erronea applicazione dell'art. 522 cod. proc. pen.
La forma aggravata era stata contestata cumulativamente per tutti gli imputati, laddove la contestazione riguardante il F.F. non delineava alcuna violazione concernente la sicurezza degli ambienti di lavoro, né a titolo di colpa specifica, né tantomeno generica. Ad apposita doglianza formulata in appello, la Corte territoriale però non avrebbe dato risposta, essendosi limitata a evidenziare la correlazione tra accusa e decisione e l'ampio contraddittorio sul punto, in un caso in cui non era in discussione una diversa qualificazione giuridica, bensì una aggravante mai contestata.
4.1.4. Con un quarto motivo, ha dedotto analoghi vizi motivazionali, oltre a violazione di legge in ordine all'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 589, c. 2, cod. pen., in relazione all'art. 22 del d. lgs. n. 81/2008, rilevando come, nella specie, la struttura metallica crollata fosse stata considerata dalla Corte d'appello luogo in cui si svolge gran parte dell'attività degli operai allestitori in quota, mentre gli stessi consulenti del pubblico ministero avevano chiarito che il crollo non aveva riguardato aspetti della sicurezza sul luogo di lavoro, bensì la statica della costruzione stessa.
4.1.5. Infine, con un quinto motivo, la difesa ha dedotto analoghi vizi, questa volta con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non avendo i giudici del merito tenuto conto delle numerose violazioni delle indicazioni progettuali e della mancanza di un errore grossolano nell'elaborato che avesse valore assorbente e determinante nel cinematismo del crollo, avvenuto per una serie di concause, da individuarsi sia nella fase della modellazione, che in quelle di controllo e di costruzione. Alcuni testi, peraltro, avevano confermato che proprio in allestimenti del genere è prassi per i progettisti calcolare gli scarichi dei pesi a terra demandando al tecnico locale la verifica in loco delle caratteristiche meccaniche del piano di posa.
4.2. L'avv. L. Petrillo per A.P. ha formulato otto motivi.
4.2.1. Anche questo imputato, deducendo con il primo motivo violazione di legge e mancata assunzione di prova decisiva, ha contestato la decisione della Corte territoriale di non procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'espletamento di una perizia, invocato per soddisfare un duplice tema d'indagine: da un lato, verificare le caratteristiche tecniche dell'opera crollata e l'applicabilità nel caso in esame della normativa di cui al TU edilizia; dall'altro, accertare se le saldature delle colonne presenti nel manufatto prefabbricato avessero contribuito, e in che misura, a rendere labile la struttura e a inficiare il progetto F.F.. Il provvedimento di rigetto sarebbe frutto di un travisamento della prova, con riferimento alle conclusioni dei consulenti in ordine alle cause del crollo. Il dibattimento, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe restituito, infatti, un quadro tutt'altro che univoco quanto alla ricostruzione eziologica del crollo, ascritto da alcuni ausiliari a un difetto di progettazione (consulenti del pubblico ministero, dell'imputato A.P., della società F&P GROUP e dell'imputato S.F.); da altri a un difetto di montaggio (consulenti F.F.); da altri ancora alla scarsa qualità dei materiali (consulenti F&P GROUP).
4.2.2. Con un secondo motivo, questa difesa ha dedotto violazione di legge e vizio motivazionale in relazione agli artt. 521, 522 e 604 cod. proc. pen., affermando in premessa che le sentenze del doppio grado sarebbero solo apparentemente conformi, tale requisito non ricorrendo allorquando la decisione confermi quella di primo grado, omettendo in parte, se non del tutto in alcuni casi, di confrontarsi con le censure difensive. La sentenza impugnata sarebbe connotata da evidente assertività e i giudici d'appello sarebbero venuti meno all'obbligo di motivazione rafforzata, che sussisterebbe anche nel caso di confronto con atti difensivi composti da censure specifiche, articolate e decisive. La Corte territoriale avrebbe risposto ai singoli motivi, omettendo però di offrire una visione d'insieme dei fatti.
Ha, poi, ritenuto la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza per avere il primo giudice ascritto all'imputato due profili di colpa non contenuti nella rubrica (non aver apposto le piastre 40x40 ai piedi delle colonne metalliche; avere iniziato la costruzione senza richiedere la verifica del piano di posa e della continuità materiale tra colonne e grigliato). Sul punto, richiamata la concezione funzionalistica dell'accusa, la difesa ha però stigmatizzato l'importanza della concezione endo-procedimentale di essa, rilevando la illogicità e manifesta contraddittorietà della motivazione, a tratti anche viziata da travisamento del fatto, o della prova che dà luogo al travisamento del fatto. Oppone che il teste L. non avrebbe mai affermato che l'A.P. era consapevole del progetto F.F., la cui eventuale conoscenza, in ogni caso, non escluderebbe l'errato montaggio della struttura. Le prescrizioni del progettista erano indirizzate alla direzione dei lavori e tra le stesse non rientrava la verifica della continuità materiale tra le colonne e il tetto. Evidenzia una incoerenza argomentativa nella parte della sentenza in cui i giudici del merito affrontano il tema della responsabilità del progettista (che avrebbe immaginato uno schema statico che implicava la continuità dei nodi che, invece, nella realtà operavano come cerniere).
4.2.3. Con il terzo motivo, la difesa ha dedotto analoghi vizi, questa volta con riferimento alla applicabilità del TU edilizia al caso di specie, oltre a travisamento del motivo d'appello sub III.1. L'opera di che trattasi costituisce un ibrido che partecipa sia della funzione statica, che della natura temporanea e la Corte d'appello avrebbe risposto in maniera del tutto assertiva al rilievo difensivo, dando per pacifica l'applicabilità di quel comparto normativo e affermando che la verifica non poteva essere demandata a un perito, così travisando la censura difensiva, con la quale si era allegato che la funzione statica dell'opera non poteva assorbirne la natura temporanea, dovendosi stabilire quale delle due fosse prevalente. A conferma di ciò, evoca l'intervento legislativo di cui al d.l. 22 luglio 2014, con il quale si è inteso disciplinare il tema della sicurezza del lavoro con riferimento agli spettacoli, senza che il legislatore abbia sentito l'esigenza di chiarire tale aspetto, anche con riferimento agli obblighi che ne derivano (necessità di deposito degli elaborati al genio civile e nomina del direttore dei lavori). Il vuoto normativo sulle strutture per così dire "ibride", dunque, sarebbe rimasto inalterato.
4.2.4. Con il quarto motivo, ha dedotto analoghi vizi con riferimento alle sub contestazioni comprese in rubrica, censurando la valutazione degli elementi probatori e le risposte date dalla Corte territoriale alle doglianze articolate con l'appello.
Sotto un primo profilo, non si condivide la affermazione di responsabilità per condotta omissiva impropria, neppure contestata specificamente, rilevandosi la mancata indicazione, per ciascuna condotta, della sua attitudine causale rispetto alla produzione dell'evento lesivo, trattandosi di concorso di cause indipendenti. Secondo la difesa, la sentenza non ha spiegato perché la denunzia dell'opera avrebbe consentito i relativi controlli da parte dell'ufficio tecnico regionale e perché, attraverso detti controlli, sarebbe stato scongiurato l'evento lesivo; i giudici si sarebbero sottratti al confronto con il motivo con il quale era stata evidenziata la inesigibilità di un comportamento alternativo corretto, avuto riguardo alla prassi in materia; e hanno rilevato la mancanza di competenze in capo all'A.P. senza verificare, al contempo e contraddittoriamente, se il costruttore potesse osservare un precetto che presupponeva proprio il possesso di tali competenze.
4.2.5. Vizi analoghi sono stati dedotti con il quinto motivo, quanto alla valutazione del progetto F.F. e all'allegata relazione di calcolo, anche sotto il profilo del travisamento probatorio e della mancata applicazione del principio dell'affidamento incolpevole. Il difensore rileva che la Corte d'appello ha riconosciuto la mancanza di conoscenze tecnico-ingegneristiche in capo all'A.P., ma lo ha ritenuto penalmente responsabile per avere accettato il progetto incompleto. Tuttavia, tra le verifiche omesse, quella riguardante le caratteristiche del piano di posa era devoluta alla direzione dei lavori e non vi era alcuna previsione circa la verifica della continuità materiale tra le colonne e il grigliato. La sentenza impugnata darebbe per scontati fatti indimostrati con conseguente travisamento. Inoltre, la Corte non ha debitamente considerato che S.S., professionista qualificato, si era presentato come direttore dei lavori ed era stato percepito come tale dall'imputato A.P., soggetto privo, per come riconosciuto dagli stessi giudici di merito, di specifiche competenze.
Sotto altro profilo, poi, rileva una imperdonabile lacuna motivazionale in ordine alla analisi della etiologia tra la mancata verifica del piano di posa e il crollo: il giudizio controfattuale avrebbe dovuto indurre il giudice a chiedersi se tale verifica avrebbe anticipatamente disvelato il pericolo di crollo e se - nel caso la struttura fosse stata realizzata su un piano più resistente - essa non sarebbe crollata. Il dibattimento, tuttavia, ha dimostrato il contrario: consulenti del pubblico ministero e quelli dell'A.P. e del S.F. avevano affermato che, anche ove la struttura fosse stata costruita su un piano rigido, la stessa sarebbe comunque crollata.
4:2.6. Il sesto motivo, con il quale sono stati dedotti analoghi vizi, riguarda invece la valutazione delle evidenze in relazione all'art . 40, cod. pen. La Corte d'appello non avrebbe colto l'effettivo tenore della doglianza difensiva con la quale si era sottolineato che l'imputato non era destinatario della norma cautelare che prevede la nomina di un direttore dei lavori. I giudici d'appello, pur riconoscendo tale assunto, hanno tuttavia enucleato una posizione di garanzia insussistente che non trova riscontro nella legge, ma neppure nel contratto (in base al quale l'obbligo spettava al committente) o in una precedente azione pericolosa posta in essere dall'agente; né hanno spiegato la rilevanza causale di detta omissione rispetto alla causazione dell'evento, dando atto contraddittoriamente dell'esistenza di un direttore dei lavori, per così dire di fatto, senza spiegare che differenza intercorresse tra costui (lo S.S.) e il direttore-modello che avrebbe impedito l'evento.
4.2.7. Con un settimo motivo, si deduce vizio della motivazione in relazione al reato di crollo, rilevandosi che la Corte ne ha ritenuto dimostrata la sussistenza in maniera del tutto apodittica, anche quanto alla possibile sussunzione del fatto entro il paradigma del reato contravvenzionale di cui all'art. 676 cod. pen.
4.2.8. Infine, con l'ultimo motivo, il difensore ha dedotto analogo vizio quanto alla dosimetria della pena, con particolare riferimento al diniego delle generiche, alla luce delle allegazioni difensive con le quali si erano richiamati elementi di segno positivo, come il comportamento processuale e la collaborazione durante le indagini.
4.3. L'avv. S. M. Panella per ITALSTAGE COMPANY s.r.l. ha formulato sette motivi, sovrapponibili ai corrispondenti formulati dalla difesa dell'A.P.. Pertanto, per comodità espositiva, ad essi si rinvia. Si tratta di ricorsi differenziati solo dal motivo sul trattamento sanzionatorio (l'ottavo), articolato ovviamente solo nell'interesse della persona fisica.
4.4. Gli avv.ti L. Romeo e A. Pagliaro per S.S. hanno formulato sei motivi.
4.4.1. Con il primo, hanno dedotto vizio della motivazione, sotto forma di carenza e contraddittorietà, quanto alla valutazione della relazione di consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero e dei chiarimenti resi all'udienza del 5/10/2017, avuto riguardo alla funzione e agli obblighi del coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori. La posizione ricoperta dall'imputato, assume la difesa, è quella di alta vigilanza sulle lavorazioni, sottesa a gestire il c.d. rischio interferenziale, allorquando più imprese o lavoratori autonomi siano impegnati nei lavori, contemporaneamente o in successione, potendo i rispettivi piani organizzativi interferire. L'area di rischio, pertanto, attiene esclusivamente alla conformazione generale delle lavorazioni e non alle caratteristiche dell'opera. I periti hanno affermato che la causa del crollo è da rinvenirsi nel progetto e non in un errore di coordinamento, procedura o lavorazione. I giudici d'appello hanno indebitamente sovrapposto i diversi piani operativi, confondendo la posizione di garanzia in esame con quella propria di altre figure di garanti, primo fra tutti il datore di lavoro.
4.4.2. Analogo vizio è stato dedotto con riferimento al difetto del presupposto applicativo dell'obbligo previsto dall'art. 92, c. 1, d.lgs. 81/2008, la cui violazione è stata contestata allo S.S.: egli non avrebbe sospeso i lavori fino all'acquisizione, da parte dell'opera, della sua funzionalità statica, ma lo avrebbe fatto solo fino al terzo progetto che, tuttavia, a parte una modifica sui carichi sospesi, nulla aveva mutato in punto stabilità dell'opera. La difesa obietta che l'attivazione del potere di sospensione dei lavori costituisce azione non sistemica per il coordinatore, ma intervento eccezionale, giustificato solo in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato. Trattasi di una norma di chiusura che, solo in via eccezionale, individua in capo al coordinatore il potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, ma la cui attivazione presupporrebbe una frequentazione del cantiere con periodicità tale da consentire di rilevare eventuali lavorazioni pericolose.
La Corte d'appello, pur dando atto che le prove avevano dimostrato che lo S.S. aveva sospeso i lavori, una volta riscontrata la difformità delle opere con lo schema di progetto, tuttavia ha ritenuto che tale intervento non ne elidesse la responsabilità per avere esercitato compiti estranei ai poteri assegnatigli dal contratto e, prima ancora, dalla legge. Si obietta però che, nella specie, lo S.S. aveva sospeso i lavori, allontanato i lavoratori e ottenuto gli adeguamenti richiesti, senza che possa rilevare il potere inibitorio per riscontrato pericolo grave e imminente.
4.4.3. Con il terzo motivo, si è dedotto analogo vizio, questa volta con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo del fatto contestato.
Secondo la Corte d'appello, lo S.S. aveva avuto la possibilità di avvedersi della labilità dell'erigenda struttura, ma non ha considerato la posizione propria di tale figura di garante, quella cioè di alta vigilanza sulle lavorazioni e non sull' opera . Detta funzione ha ad oggetto eventi riconducibili alla configurazione complessiva della lavorazione, non agli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori stessi, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto, poiché il coordinatore non è il controllore del datore di lavoro, ma il gestore del rischio interferenziale.
4.4.4. Con un quarto motivo, poi, lo stesso vizio è stato dedotto con riferimento alla prova testimoniale relativa all'effettivo ruolo dello S.S.. La Corte ha ricavato la conclusione che egli fosse consapevole delle difformità dell'opera alla stregua di riferiti atteggiamenti denotanti sicurezza nella materia, in quanto ingegnere. Sul punto, la difesa agita un travisamento del dato probatorio, avendo la Corte d'appello desunto dalle prove testimoniali l'assunzione di un ruolo di fàtto più significativo rispetto a quello di coordinatore della sicurezza nella fase esecutiva, laddove era invece emerso il rifiuto dello S.S. di autorizzare l'esecuzione, siccome attività estranea alla sua posizione.
4.4.5. Con un quinto motivo, si è dedotto analogo vizio quanto alla prevedibilità dell'evento, con riferimento a entrambi i reati contestati: lo S.S. non avrebbe potuto ipotizzare alcun crollo, in quanto non poteva conoscere gli errori progettuali e l'inadeguatezza del piano di posa.
4.4.6. Infine, con il sesto motivo, si è dedotta violazione di legge in relazione al diniego delle attenuanti generiche, che si assume non sorretto da alcuna giustificazione.
4.5. Gli avv.ti M. Canale e C. Morace per C.M. hanno formulato tre motivi.
4.5.1. Con una prima doglianza, hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla applicazione del T.U. edilizia al caso di specie, alla stregua della natura temporanea dell'opera, trascrivendo il relativo motivo di appello in uno con la risposta della Corte territoriale, che hanno ritenuto apodittica, non rispondente alle censure di merito e del tutto dimentica delle innovazioni introdotte dal c.d. decreto "Palchi", in base alle quali è escluso, per gli eventi del tipo di quello in esame, l'obbligo di nominare un direttore dei lavori e di denunciare l'opera all'ufficio tecnico regionale.
4.5.2. Con un secondo motivo, vizi analoghi sono stati dedotti con riferimento a più temi, riguardanti l'affermazione della penale responsabilità dell'assistito.
In primo luogo, si è censurata la qualifica di garante in capo al C.M. n.q., la cui fonte legale sarebbe stata individuata nell'assunzione di fatto, per avere egli inviato una richiesta di integrazione della documentazione ricevuta. La Corte avrebbe individuato la fonte dell'obbligo, senza però indicare le norme di riferimento, dalle quali dedurre l'obbligo di verificare l'opera del progettista. Una volta ricondotta la causa del crollo alla inadeguatezza del progetto e alla modifica degli outriggers e degli stabilizzatori, modifica accettata dal progettista, la Corte avrebbe dovuto spiegare perché il dirigente comunale aveva l'obbligo di impedire l'errore del progettista o verificare la corretta esecuzione dei lavori, obbligo che, del resto, è stato escluso dalla stessa Corte del merito. In maniera contraddittoria, però, i giudici d'appello hanno ritenuto che la richiesta di integrazione della documentazione inviata avesse attribuito al C.M. l'obbligo di accorgersi della mancata verifica del piano di posa: una volta escluso l'obbligo di verificare la bontà del progetto, la mera richiesta di documenti non è idonea a farlo sorgere, avendo finalità di collazione degli atti e di verifica degli stessi in base a una check /ist. Peraltro, è la stessa Corte a riconoscere la responsabilità dello S.S., il quale aveva agito come vero e proprio direttore dei lavori, e di altre figure, alle quali è stato addebitato l'omesso controllo e la mancata attivazione dei poteri di intervento. Con riferimento al C.M., invece, mancherebbe del tutto il presupposto di fatto per esigere l'attivazione da parte sua di simili poteri. I giudici d'appello hanno riconosciuto che al C.M. non era stato segnalato alcunché, ma hanno comunque ravvisato in capo al medesimo un obbligo di disporre la sospensione dei lavori, derivandolo dalla posizione assunta per il sol fatto di avere richiesto la integrazione documentale di cui sopra. Trattasi di un ragionamento basato su una doppia presunzione, poiché da un fatto ignoto è stato tratto un fatto a sua volta congetturale che, in ogni caso, evidenzierebbe la sua contraddittorietà, poiché la valutazione richiesta, anche a voler riconoscere un obbligo dell'imputato di valutare l'elaborato tecnico, sarebbe stata impossibile, egli non disponendo dei calcoli statici.
Sotto altro profilo, la difesa rileva che il richiamo alle norme del TU edilizia è del tutto eccentrico, trattandosi di norme a carattere generale che riguardano i compiti del dirigente in tema di edilizia, ma che presuppongono la conoscenza delle situazioni di pericolo che determinano l'insorgenza dell'obbligo di attivare i poteri inibitori.
Richiama anche la natura della procedura amministrativa che aveva riguardato l'opera in questione, per rilevare che il C.M., dirigente del settore progettazione dei LL.PP., non aveva competenze in materia di vigilanza edilizia (art. 68 TUE); non aveva un potere generale di interdizione, perché l'autorizzazione era stata rilasciata dal dirigente del settore sport e edilizia sportiva; la procedura amministrativa si era svolta ai sensi degli artt. 50 e 54 T.U. enti locali, mancando il nulla osta della commissione provinciale di vigilanza; erano stati attivati i poteri straordinari del sindaco alla stregua di quanto previsto dall'art. 107 T.U. n. 267/2000, norma che riguarda sì la responsabilità del dirigente, ma che fa salva la deroga di cui all'art. 50, c. 3 e all' art . 54 (e cioè l'attivazione dei poteri sindacali straordinari), ipotesi verificatasi nella specie; l'ordinanza sindacale avrebbe potuto essere adottata anche senza il parere del dirigente del settore LL.PP., come già avvenuto in occasione di altro precedente concerto della medesima artista; il parere del dirigente non può considerarsi propedeutico all'ordinanza del sindaco, avendo mera valenza consultiva, siccome inteso ad attestare che la struttura era stata realizzata e completata in maniera conforme al progetto, mediante la certificazione di "corretto montaggio delle strutture"; nella specie, il crollo era avvenuto durante la realizzazione della struttura, in presenza di altri garanti e in assenza di un accesso da parte del pubblico; il parere del dirigente, all'esito del montaggio, non avrebbe riguardato la sicurezza dei luoghi di lavoro, ma solo la opportunità di aprire il palazzetto.
Un altro aspetto sul quale la difesa si è soffermata riguarda poi la prevedibilità dell'evento e la esigibilità della condotta omessa, con riferimento a entrambe le ipotesi di reato contestate: la Corte di merito avrebbe confuso i piani della condotta alternativa conforme (che riguarda la misura oggettiva della colpa) con quello della prevedibilità del crollo che riguarda l'elemento soggettivo, avendo esaminato solo l'aspetto della esigibilità della condotta, ricavato dalla consapevolezza delle carenze informative. Tuttavia, le cause del crollo sono ascrivibili al progetto e alle sue modifiche e prescindono dalle caratteristiche del piano di posa. Pertanto, il ragionamento della Corte di merito non si fonderebbe sul rischio concretizzatosi (vale a dire il crollo connesso alla inadeguatezza del progetto), ma su un rischio diverso, non concretizzatosi (mancata verifica del piano di posa e mancata nomina di un direttore dei lavori). La valutazione sulla prevedibilità del crollo e la esigibilità di un intervento risolutivo del C.M. sarebbe inibita dal fatto che l'imputato non ha mai avuto la disponibilità del progetto incriminato (quello cioè definitivo), né ha conosciuto le successive modifiche apportate. Il parere del dirigente è sempre successivo alla dichiarazione di corretto montaggio che ne costituisce il presupposto e, infatti, il C.M., nei precedenti pareri, aveva sempre operato un richiamo alla dichiarazione di corretto montaggio.
Altro punto sul quale la difesa si è soffermata riguarda le omissioni contestate in
imputazione (omessa nomina del direttore dei lavori e mancata denuncia all'ufficio tecnico regionale): in nessun modo, secondo la difesa, tali omissioni potrebbero porsi quali antecedenti causali del crollo, per di più ascrivibili al C.M.. Trattasi, infatti, di inadempimenti addebitati al S.F. e all'A.P., che costituiscono un segmento significativo della incolpazione mossa al C.M., connotandone la negligenza per non avere attivato i poteri inibitori pur nella consapevolezza di essi. La difesa assume l'esistenza di un salto logico motivazionale in punto nesso di causalità tra tali omissioni e il crollo, vizio che finirebbe per riverberare effetti anche sulla posizione del C.M., stante la impossibilità di formulare un giudizio controfattuale con riferimento alla responsabilità della committenza. Quand'anche si ritenessero sussistenti i rispettivi obblighi, la loro violazione non si atteggia quale antecedente causale dell'evento, atteso che, eliminando il comportamento omesso, non è certo che i tecnici dell'ufficio regionale si sarebbero attivati, stante la natura temporanea dell'opera, inconciliabile con i tempi dell'istruttoria propri di quell'ufficio. Inoltre, quanto al direttore dei lavori, pur essendosi lo S.S. comportato come tale, la struttura era crollata, rilevando che, in ogni caso, il direttore dei lavori non ha il compito di controllare il progetto o evitare danni ai lavoratori, compito che assume invece il RSPP.
4.5.3. Infine, con l'ultimo motivo, sono stati dedotti analoghi vizi con riferimento al diniego delle generiche, rilevandosi la omessa indicazione delle ragioni per le quali l'imputato è stato ritenuto non meritevole di tale beneficio.
4.6. Gli avv.ti G. Volo e C. Totis per S.F. hanno formulato quattro motivi.
4.6.1. Con il primo, anche questi difensori, deducendo violazione di legge con riferimento alla affermazione di responsabilità per entrambi i reati contestati, hanno introdotto il tema dell'applicabilità al caso in esame, di opera cioè realizzata in occasione di spettacoli, del T.U. edilizia e, quindi, della previsione di cui all'art. 64 che fa obbligo al committente di nominare un direttore dei lavori: al di là del fatto che a tale soggetto spetta il compito di verificare la conformità dell'opera al progetto, della stessa essendo responsabile il solo progettista, la difesa indica alcuni argomenti alla stregua dei quali ritiene non applicabile al caso in esame la citata normativa, avuto riguardo alla natura temporanea della struttura che non coinvolge aspetti inerenti alla modifica duratura dell'assetto del territorio. Ciò sarebbe confermato dal successivo intervento del legislatore che, proprio a seguito di incidenti del tipo di quello oggetto del presente processo, ha aggiunto all'art. 88 del T.U. n. 81/2008, un comma 2-bis, con il quale è stata espressamente prevista l'applicabilità del T.U. sulla sicurezza dei luoghi di lavoro anche agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche. In attuazione delle delega contenuta nel citato T.U., inoltre, il Ministero del Lavoro ha adottato il c.d. decreto "Palchi", con il quale si è specificato l'ambito di applicabilità del T.U. sicurezza alle strutture realizzate in occasione di quegli eventi.
La difesa ha contestato il ragionamento svolto dai giudici di merito, secondo il quale, qualora si ritenesse il T.U. edilizia non applicabile alle opere temporanee del tipo di quella che ci occupa, si assisterebbe a un inaccettabile vuoto normativo; anche ove ciò fosse vero, non sarebbe in ogni caso consentita un'applicazione estensiva della normativa edilizia, poiché ne deriverebbe una impropria estensione della responsabilità penale.
4.6.2. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto analoghi vizi con riferimento alla individuazione dei compiti del direttore dei lavori e alle connesse responsabilità. Si assume che, anche a voler ritenere applicabile all'ipotesi in esame la previsione di cui all'art. 64 del T.U.E., relativa all'obbligo di nominare il direttore dei lavori, in ogni caso la conclusione della Corte del merito in ordine al suo rilievo causale sarebbe invalidata da un vizio che attiene ai compiti e alle responsabilità proprie di tale figura. Una volta accertato che il crollo è da ricondursi all'instabilità delle colonne per l'effetto P-Delta determinato da errori di progettazione, la presenza di un direttore dei lavori non avrebbe impedito l'evento, poiché tra i suoi compiti non vi è quello di verificare e validare da un punto di vista tecnico i calcoli del progettista. In maniera del tutto apodittica la Corte d'appello ha, invece, affermato che tale soggetto - ove nominato - avrebbe potuto rendersi conto degli errori contenuti nel progetto e attivarsi per evitare il crollo, non ritenendo ragionevolmente sostenibile che i vizi non fossero agevolmente rilevabili.
La difesa, inoltre, rileva che il direttore dei lavori, figura estranea al comparto sicurezza sul lavoro, è colui al quale il committente demanda di verificare la conformità dell'opera al progetto. Pertanto, per essere chiamato a rispondere di profili attinenti alla sicurezza sul lavoro, deve essergli stato affidato il compito di sovrintendere alla esecuzione dei lavori e di impartire ordini alle maestranze, ma tale più ampia estensione di compiti deve essere rigorosamente provata. Né in contrario può argomentarsi muovendo dal fatto che il progettista aveva indicato tra le prescrizioni quella di demandare al direttore dei lavori la verifica della consistenza del piano di posa: infatti, tutti i consulenti tecnici di parte hanno escluso la prova che la presenza di un piano più rigido avrebbe scongiurato il crollo. La stessa Corte d'appello, del resto, ha confermato che tale indicazione era irrilevante, non essendo ammessa una delega a terzi per il compimento di verifiche coessenziali alla realizzazione dell'opera da progettare. Ciononostante, quei giudici hanno contraddittoriamente affermato che l'ipotetico direttore dei lavori avrebbe dovuto verificare il piano di posa e gli aspetti progettuali critici.
4.6.3. Con il terzo motivo, si è dedotto vizio della motivazione con riferimento alla verifica del nesso causale tra condotta omissiva e evento, rilevandosi che la motivazione dei giudici sul punto sarebbe del tutto assertiva, non sorretta da un percorso esplicativo che dia conto degli elementi fattuali specifici dai quali possa trarsi la conclusione che, ove la condotta doverosa non fosse stata pretermessa, l'evento non avrebbe avuto luogo, conclusione che, nella specie, è rimasta affidata a massime d'esperienza e a giudizi di tipo probabilistico dettati dal buon senso.
4.6.4. Con il quarto motivo, infine, questi difensori hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589, c. 2, cod. pen.: il giudice di primo grado aveva ritenuto l'elemento circostanziale affermando che l'art. 64 del T.U. edilizia, pur non essendo regola dettata specificamente per la prevenzione degli infortuni, aveva comunque caratteristiche cautelari; i giudici di secondo grado, invece, hanno escluso l'aggravante per il coimputato A.P., giungendo inesplicabilmente a opposte conclusioni per il S.F.. L'esclusione dell'elemento circostanziale, peraltro, determinerebbe la estinzione del reato per prescrizione, maturata prima della sentenza di secondo grado.
Diritto
1. La sentenza deve essere annullata senza rinvio, ai soli fini penali, quanto al reato di omicidio colposo contestato agli imputati A.P. e C.M., con conseguente rideterminazione della pena, conferma della condanna ai fini civili e rigetto nel resto. I ricorsi delle altre parti ricorrenti vanno rigettati.
La sentenza impugnata
2. La Corte territoriale ha affrontato i motivi d'appello formulati dalla difesa del F.F., dando atto che questi aveva contestato la decisione del primo giudice di non procedere alla rinnovazione della istruzione dibattimentale per lo svolgimento di una perizia, confermando l'ordinanza resa in sede di appello, con la quale si era ritenuto superfluo l'approfondimento, essendo state le indagini di tipo tecnico-ingegneristico analiticamente condotte in primo grado attraverso un elaborato che aveva ricevuto riscontri anche tra gli altri apporti tecnici, sia quanto alle cause dell'incidente, che avuto riguardo alla dinamica del crollo.
Quanto alle ulteriori doglianze, ha osservato che il Tribunale aveva recepito l'ipotesi accusatoria, censurando il progetto evaso dall'imputato e affermando che, nella modellazione della struttura, questi non aveva considerato la deformabilità del piano di posa, oltre alle ulteriori carenze che avevano contribuito a realizzare gli eventi accaduti.
Ha ritenuto infondata la doglianza con la quale si era evocata la prassi secondo cui, in progettazioni di questo tipo, si procedeva sempre ipotizzando un piano di posa rigido, trattandosi di strutture che restano in piedi per pochi giorni e che, in ogni caso, la verifica in concreto delle caratteristiche del piano sarebbe spettata a un direttore dei lavori.
Tali argomentazioni sono state ritenute inidonee a scriminare la condotta ascritta al progettista: il progetto avrebbe dovuto tener conto delle caratteristiche di deformabilità del piano di posa della struttura e, secondo la normale diligenza, esse avrebbero dovuto essere previamente verificate; lo stesso consulente della difesa dell'imputato aveva affermato che il crollo era avvenuto per instabilità, avendo avuto le colonne una base di appoggio non larga; tale errore di progettazione aveva avuto una efficienza causale nel crollo; erano stati correttamente valutati gli errori e le omissioni ascritti all'imputato, sulla scorta dei pareri tecnici acquisiti al processo, tra di loro collimanti, ma anche evidenziate le violazioni di legge e i veri e propri errori nella progettazione. Dalle consulenze era, infatti, emerso che il crollo era conseguito alla instabilità delle colonne per un effetto c.d. P-Delta, a sua volta derivato dal mancato calcolo della possibile presenza di forze orizzontali accidentali che, ove debitamente considerate, avrebbero consentito di prevedere la eccessiva deformabilità della struttura nelle direzioni longitudinali e trasversali, evidenziando la necessità di un irrigidimento.
Inoltre, i nodi di collegamento tra le colonne e il graticcio spaziale erano stati considerati alla stregua di incastri, il che poteva funzionare solo in direzione longitudinale, ma non in quella trasversale. Tali errori, combinandosi tra di loro, avevano reso la direzione trasversale due volte più vulnerabile di quella longitudinale; non era stata considerata la estrema flessibilità del piano di posa, pur nella consapevolezza che si trattava di un campo di basket; infine, non erano stati considerati i possibili effetti della eventuale rottura del piano sulla struttura. Pertanto, sulla scorta degli elaborati tecnici, i giudici d'appello hanno ritenuto di superare le obiezioni difensive che facevano leva sulla tesi dell'errore di montaggio e/o esecuzione, piuttosto che sull'errore di progettazione.
Anche la tesi dell'errore di interpretazione del progetto è stata ritenuta infondata: il modello statico utilizzato dal F.F., quanto ai nodi tra le colonne e il graticcio, era inadeguato a simulare il reale comportamento della struttura e il suo cinematismo, non avendo il tecnico rispettato il principio per il quale, nei calcoli progettuali, il modello deve riprodurre fedelmente il comportamento meccanico della struttura in progettazione. Lo schema statico aveva erroneamente ipotizzato una continuità dei nodi colonne-graticcio, mentre essi, in realtà, operavano come cerniere ed erano capaci di produrre una rotazione, proprio come la cerniera di una porta. Non vi era stato alcun errore di esecuzione, dal momento che, nella modellazione della struttura, i nodi erano stati considerati come incastri, come dimostrato anche dal fatto che gli ausiliari avevano riscontrato la rottura di alcune saldature sugli elementi che collegavano le colonne al graticcio (cc.dd. sleeve blocks), conseguenza del crollo e non concausa di esso, non avendo potuto attivarsi come incastro prima della perdita di stabilità.
Un ulteriore aspetto tecnico esaminato dalla Corte territoriale alla luce delle doglianze articolate con i motivi di appello, riguarda la mancata apposizione di piastre di appoggio di larghezza pari a quella prescritta: nel progetto originario erano state previste piastre 40x40, ma il progettista aveva acconsentito alla modifica degli outriggers (elementi per lo scorrimento del palco) da lunghi a corti e su di essi non era possibile montare aste di irrigidimento o stabilizzatori. La conferma che il F.F. avesse acconsentito alla specifica modifica era stata ricavata dalla corrispondenza via e-mail allegata alla stessa relazione del consulente della difesa dell'imputato.
I giudici d'appello hanno, poi, disatteso l'argomento difensivo che aveva introdotto il tema della non applicabilità, al caso di specie, della normativa del T.U. edilizia di cui al d.P.R. 380/2001, strettamente connesso, peraltro, a quello della non esigibilità di una condotta improntata a detta normativa, alla luce della natura della struttura metallica oggetto dell'incarico progettuale: secondo la Corte territoriale, la norma di cui all'art. 64 del citato d.P.R. si applica al caso di specie poiché riguarda tutte le costruzioni civili, cementizie e in muratura e anche le strutture metalliche, quale quella oggetto del crollo, a nulla rilevando la natura temporanea della struttura. Infatti, l'art. 53 del T.U. include espressamente nell'elenco delle opere anche le strutture metalliche che, dunque, rientrano nella seconda parte del TU edilizia che riguarda anche i prefabbricati modulari. Secondo i giudici d'appello, deve darsi rilievo non tanto al dato materiale (peraltro sussistente), ma a quello funzionale, trattandosi di struttura pensata per assolvere a una funzione statica e per resistere a sollecitazioni derivanti da carichi, sovraccarichi e forze esterne di varia natura.
Per tutte queste ragioni, la Corte d'appello ha ritenuto dimostrato il nesso di condizionamento tra la condotta ascritta al F.F. e l'evento, corroborato anche all'esito del giudizio controfattuale, essendo stato dimostrato il ruolo condizionalistico del comportamento tenuto.
Quel giudice ha, poi, ritenuto infondato il motivo con il quale la difesa aveva contestato la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589, c. 2, cod. pen., per non avere l'imputato ricoperto alcuna posizione di garanzia ai fini della prevenzione degli infortuni sul lavoro: l'aggravante era stata contestata cumulativamente a tutti gli imputati e non era elisa per il fatto che il F.F. fosse un libero professionista, l'operatività di essa derivando direttamente dall'art. 22 del d.lgs. n. 81/2008. Inoltre, il ground support, vale a dire la struttura metallica oggetto di progettazione, era un luogo di lavoro, perché su di essa si trovavano a operare i riggers, uno dei quali la vittima A..
Infine, quanto alla dosimetria della pena, la Corte d'appello ha confermato il diniego delle generiche e degli altri benefici valorizzando la gravità degli errori e delle omissioni contenuti nel progetto, riducendola tuttavia in ragione del riconosciuto concorso formale con il reato di crollo.
2.1. Con riferimento all'imputato A.P., la Corte d'appello ha rilevato, intanto, che il Tribunale aveva escluso nei suoi confronti l'aggravante di cui al comma 2 dell'art. 589 cod. pen. e, richiamate le doglianze difensive (essenzialmente concentrate sul tema dell'applicabilità del TU edilizia, della corretta applicazione del principio delle cause autonome concorrenti e del giudizio controfattuale), le ha ritenute infondate.
Quanto al primo profilo, ha confermato la correttezza della decisione di non accedere all'espletamento di una perizia, intesa a verificare le caratteristiche dell'opera, le cause del crollo e la normativa applicabile, stante la natura temporanea dell'opera stessa, ritenendo, da un lato, non demandabile a un perito l'individuazione della normativa applicabile, dall'altro, l'ampiezza e esaustività della consulenza e la convergenza delle opinioni di tutti i tecnici che avevano interloquito nel processo. L'applicazione del TU n. 380/2001 deriva dalla funzione statica della struttura e la natura finalisticamente temporanea non potrebbe sottrarla a quella disciplina, ragionamento avallato dagli stessi ausiliari del pubblico ministero nella relazione del 23.9.2013.
Quanto alla violazione del principio di correlazione tra accusa e decisione, la Corte territoriale ne ha ritenuto la infondatezza alla stregua della particolare ampiezza del capo d'accusa e dell'avvenuta articolazione delle prerogative difensive nel pieno contraddittorio su ogni aspetto di tipo tecnico, tra cui anche quello che coinvolgeva la verifica delle caratteristiche del piano di posa e del collegamento tra le torri e il grigliato. Sul punto specifico, ha richiamato la prova orale e, in particolare, le testimonianze L. (dipendente ITALSTAGE che aveva confermato l'assenza di competenze ingegneristiche in capo all'A.P., ma anche la sua consapevolezza circa le carenze progettuali con riguardo al piano di posa, sebbene l'imputato avesse fatto affidamento sulla presenza dello S.S., il quale, presentatosi come direttore dei lavori, aveva assicurato tutti sulla tenuta del piano di posa); e MORRONE (responsabile dell'ufficio tecnico della ITALSTAGE, il quale aveva parimenti escluso il possesso di cognizioni tecniche in capo all'A.P., ma affermato che il montaggio dell'opera era avvenuto anche sulla scorta degli aggiornamenti che la produzione aveva richiesto al progettista F.F.).
Sulla base di tali evidenze, ha ritenuto che l'A.P. fosse stato informato del progetto e delle modifiche in corso d'opera e che costui non avrebbe potuto, per difetto delle necessarie conoscenze, rendersi conto degli errori e delle omissioni ivi contenute, ma avrebbe dovuto accorgersi dell'assenza del direttore dei lavori. In ogni caso, quale committente del progetto, avrebbe dovuto respingere un elaborato incompleto e non avrebbe dovuto iniziare i lavori prima di avere aver avuto contezza della compiuta verifica delle caratteristiche del piano di posa e della continuità materiale tra colonne e grigliato, atteso che i chiarimenti e le verifiche indicate dal F.F. erano indirizzate anche all'A.P., quale costruttore dell'opera.
Con specifico riferimento, poi, alla mancata nomina del direttore dei lavori, la Corte d'appello ha riconosciuto che il costruttore non è il diretto destinatario della relativa prescrizione, ma che l'omissione doveva comunque considerarsi colposa poiché l'imputato era stato in grado di rendersi conto dell'assenza di tale figura.
Infine, con riferimento al giudizio controfattuale, i giudici territoriali hanno precisato che la violazione dell'obbligo della preventiva denuncia al competente ufficio tecnico regionale, esigibile da un punto di vista logico e giuridico, avrebbe consentito agli organi preposti di attivare le opportune forme di controllo e di evidenziare, soprattutto, l'inadempimento dei relativi obblighi, tra i quali l'indicazione del direttore dei lavori e della relazione illustrativa firmata dal progettista e dallo stesso direttore dei lavori. Ove tale obbligo fosse stato adempiuto, l'evento non si sarebbe realizzato o, comunque, si sarebbe realizzato con minore intensità.
Inoltre, tornando sulla efficacia causale delle omissioni contestate rispetto al crollo verificatosi, quei giudici hanno osservato che essa non riguardava tanto la mancata nomina di un direttore dei lavori, non esigibile dall'imputato, quanto piuttosto la mancata denuncia dell'opera che avrebbe consentito all'ufficio tecnico regionale di esercitare un controllo sull'opera stessa e di avvedersi della mancata nomina del direttore dei lavori.
Infine, quanto al reato di crollo, la Corte d'appello ha rilevato l'insussistenza di elementi per addivenire a una pronuncia assolutoria o derubricare il reato nell'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 676 cod. pen. Richiamata la differenza tra le due fattispecie, ha osservato che, nella specie, il crollo aveva assunto la fisionomia di un disastro, di un avvenimento cioè grave e complesso che aveva posto in pericolo la vita e la incolumità di un numero indeterminato di persone, e che la condotta integratrice poteva anche essere omissiva, quando idonea a determinarlo, il rapporto di possibile derivazione essendo prevedibile dall'agente in base alla comune esperienza.
2.2. Stante la conferma della penale responsabilità del legale rappresentante A.P., la Corte calabrese ha poi disatteso l'appello del responsabile civile ITALSTAGE che aveva chiesto la revoca delle statuizioni civili e la riduzione della provvisionale.
2.3. Con specifico riferimento all'imputato S.S., nominato dalla ESSE EMME MUSICA di S.M. coordinatore per la sicurezza nella esecuzione dei lavori, al predetto è stata specificamente contestata la violazione dell'art. 92, d. lgs. n. 81/2008, per non avere sospeso i lavori della struttura e segnalato la grave situazione di pericolo alle autorità amministrative competenti, nella consapevolezza che non era stato nominato un direttore dei lavori da parte di F&P GROUP e che l'elaborato F.F. presentava gravi errori e omissioni progettuali.
Nel rispondere alle doglianze difensive, la Corte territoriale ha rilevato che lo S.S. aveva il compito di assicurare che il luogo ove i lavoratori si trovavano a operare e le procedure seguite nelle lavorazioni garantissero livelli minimi di sicurezza, responsabilità assunta a prescindere dalla eventuale assunzione di fatto anche dei compiti del direttore dei lavori, mai nominato. I giudici di merito hanno riconosciuto che l'imputato non poteva ritenersi responsabile delle caratteristiche dell'opera, in quanto mai formalmente investito della qualifica di direttore dei lavori, ma che era stato consapevole della mancata indicazione di un direttore dei lavori e, pur consapevole del pericolo grave e imminente di crollo, non aveva sospeso i lavori.
Da un punto di vista soggettivo, la Corte d'appello ha disatteso l'argomento difensivo secondo cui, proprio perché non aveva ricoperto il ruolo di direttore dei lavori, lo S.S., privo di specifiche competenze, non avrebbe potuto rilevare le omissioni progettuali, ritenendo al contrario che egli si era trovato nella posizione di rilevarle, con i poteri per farlo, stanti le semplici caratteristiche dell'opera crollata, la ridotta dimensione della struttura e l'evidenza degli errori del progettista. Egli avrebbe potuto fare in modo che il tecnico completasse l'incarico, atteso che, ancor prima dell'inizio dell'opera, aveva ricevuto la relazione di calcolo e ne aveva messo in luce le carenze.
In sede di chiarimenti, peraltro, i consulenti del pubblico ministero avevano escluso che il sistema di controventatura longitudinale disposto o anche solo acconsentito dallo S.S. (come emerso dalle testimonianze L. e S.) avesse contribuito al crollo, eppure la Corte d'appello ha ritenuto che lo S.S. fosse consapevole della labilità della struttura, poiché aveva preteso dal responsabile dei lavori per la F&P GROUP un'attestazione di regolare conformità e corretta esecuzione di essi. Inoltre, a fronte della contestazione in ordine alla mancata valorizzazione della circostanza che lo S.S. aveva disposto la sospensione dei lavori e che il sistema di controventatura longitudinale aveva contribuito ad aumentare il livello di sicurezza della struttura e non a minarne la stabilità, i giudici territoriali hanno ritenuto che l'ordine di sospensione costituisse prova concreta della consapevolezza di una non corretta esecuzione dell'opera, senza accordare rilievo contrario all'affermazione difensiva secondo cui la verifica sulla conformità dell'opera non rientrava nelle sue competenze.
Proprio riguardo ai compiti del coordinatore, inoltre, la Corte d'appello ha escluso che il controllo esercitato fosse solo formale, rilevando che la sua responsabilità era direttamente collegata alla inadeguata attivazione dei poteri inibitori, limitata all'invio del terzo progetto che non aveva sostanzialmente modificato alcunchè da un punto di vista statico. Così ragionando, la Corte ha disatteso l'argomento difensivo secondo cui la valutazione della stabilità dell'opera da parte dello S.S. non poteva che essere meramente formale: le testimonianze avevano consentito di accertare che lo S.S. si era dichiarato d'accordo con il F.F., tranne che per il fatto che nel progetto non erano previste le Croci di S. Andrea. Egli, inoltre, aveva avuto la possibilità di avvedersi della labilità dell'opera e di prevederne il crollo con congruo anticipo. Di qui il dovere di disporre la sospensione definitiva delle lavorazioni e l'allontanamento degli addetti, l'omissione avendo determinato un errore nel coordinamento della procedura che ha concorso a causare un evento del tutto prevedibile e evitabile.
Lo S.S., a prescindere dalla dimostrata ingerenza nella fase di esecuzione dei lavori che ne ha reso la posizione assimilabile alla figura del direttore dei lavori, aveva comunque violato gli obblighi di cui all'art. 92, d. lgs. 81/2008, la posizione di garanzia ricoperta, pur se di alta vigilanza, avendo ad oggetto il rischio generico relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative e alla convergenza in esso di più imprese. Egli, nel "tranquillizzare gli astanti" (così testualmente alle pagg. 30 e 32 della sentenza impugnata) sulla tenuta statica dell'opera, sull'adeguatezza del piano di posa e sulla non necessità dei tiranti, avrebbe aggravato la sua posizione, agendo come se ricoprisse un ruolo più ampio rispetto a quello di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione. L'istruttoria, inoltre, aveva dimostrato che l'imputato si era avveduto della situazione di pericolo correlata alla labilità della struttura e si era anche ingerito nella fase del montaggio, come avrebbe fatto un vero e proprio direttore dei lavori.
2.4. Nell'esaminare la posizione del C.M., la Corte d'appello ha ritenuto che la peculiarità della procedura amministrativa seguita per l'autorizzazione all'utilizzo del palazzetto dello sport non dispiegasse, nella specie, rilevanza dirimente, richiamando il principio di equivalenza di cui all'art. 40 cpv, cod. pen. in materia di causalità omissiva. In particolare, quanto al tema della individuazione della posizione di garanzia ricoperta, quel giudice ha ritenuto che la stessa andasse rinvenuta sia nel TU edilizia, che nel TU enti locali, proprio in virtù di un suo specifico comportamento: il C.M., infatti, aveva richiesto una integrazione documentale agli organizzatori dell'evento, così assumendo, di fatto, volontariamente e unilateralmente l'obbligo di attivarsi per la gestione del relativo rischio (il rinvio è alla lettera prot. n. 33320 del 28/2/2012, con la quale l'imputato, una volta ricevuta la documentazione dal promotore, propedeutica al rilascio del parere tecnico per l'ordinanza sindacale d'esercizio, aveva richiesto alla ESSE EMME MUSICA una integrazione documentale, poiché quella ricevuta non era soddisfacente, e sollecitato l'esibizione del calcolo statico delle strutture del palco e delle torri di sostegno). Da ciò la Corte di merito ha desunto la avvenuta valutazione, da parte del dirigente comunale, della documentazione prodotta, rilevando che tale richiesta andava ben al di là di un adempimento sulla base di una mera check list, non risultando che richieste in tal senso fossero state fatte in relazione a eventi precedenti, implicando invece un aspetto valutativo al quale era ricollegata l'assunzione di una posizione di garanzia.
Quanto all'elemento soggettivo della colpa, inoltre, quel giudice, premesso che al C.M. non poteva richiedersi di valutare la correttezza tecnica del progetto, ha ritenuto tuttavia prevedibile e, al contempo, esigibile il comportamento omesso, atteso che egli si era avveduto (o avrebbe dovuto avvedersi) della circostanza che la verifica del piano di posa era stata affidata a un direttore dei lavori, ma che l'adempimento non era stato realizzato; sotto altro profilo, egli sapeva che non erano stati acquisiti il progetto del palazzetto e gli elementi tecnici relativi al piano di posa (cioè il campo da gioco in parquet) indispensabili per verificare il comportamento della pavimentazione sulla quale doveva essere eretta la struttura metallica e, ciononostante, non aveva alzato la soglia di attenzione in ordine alla opportunità di assentire l'utilizzo di quella struttura sportiva per manifestazioni di tipo diverso.
La Corte del merito, inoltre, ha ritenuto infondata l'argomentazione difensiva secondo cui l'intervento del dirigente C.M. era previsto in un momento successivo al montaggio dell'opera: secondo il ragionamento esposto nella sentenza censurata, ammettere che la posizione di garanzia del dirigente dell'ufficio LL. PP. comunale assuma rilievo solo dopo la relazione del corretto montaggio della struttura equivarrebbe a sostenere che, all'interno del palazzetto dello sport o di qualunque altro locale comunale, possa installarsi qualsiasi opera senza che l'ufficio tecnico verifichi alcunché.
I giudici d'appello hanno, poi, confermato il diniego delle generiche, rilevando che la pena era attestata al minimo previsto per il reato più grave, non era stato allegato alcun elemento di segno positivo e la gravità dei fatti era ostativa al beneficio.
2.5. Infine, per quanto riguarda la posizione dell'imputato S.F., la Corte ha ritenuto intanto che costui ricoprisse la posizione di legale rappresentante della committente dei lavori, F&P GROUP: dalla visura camerale era emerso il suo ruolo di amministratore delegato - e non di mero presidente del consiglio d'amministrazione - con poteri di rappresentanza dell'ente nella gestione di ogni rapporto di lavoro. Ha superato l'argomento difensivo che faceva leva sul contratto stipulato dall'ente con la MIMAMI UVE s.r.l., produttore dell'evento musicale "Inedito Tour", facente capo all'artista Laura PAUSINI, dal quale sarebbe emerso che il ruolo decisionale e di vera e propria committenza era della citata MIMAMI: proprio dal tenore del contratto, invece, secondo la Corte d'appello, era emerso che l'allestimento della struttura si era articolato in più fasi e che la committenza della F&P GROUP si era inserita nella complessa organizzazione dell'evento programmato a Reggio Calabria, la MIMAMI essendo il produttore dell'evento, la F&P il promoter di esso. Nessun rilievo è stato assegnato alla definizione contrattuale del produttore quale committente, datore di lavoro e installatore, ai sensi del TU n. 81/2008, ciò riguardando le qualifiche formali, ma non potendo superare il fatto, incontestato, che il committente della struttura crollata era stata solo la F&P, come confermato da tutti i testi escussi sul punto. La difesa aveva omesso di considerare il rapporto tra la F&P e la ITALSTAGE, società costruttrice della struttura e lo specifico contratto di appalto tra queste stipulato, l'unico in rilievo per la verifica delle responsabilità del crollo per cui è processo. Quale committente, pertanto, alla società e per essa al suo legale rappresentante faceva capo la scelta della impresa costruttrice e la nomina del direttore dei lavori, obblighi derivanti direttamente dal TU n. 81/2008 e dal TU edilizia. Peraltro, nella specie, l'istruttoria aveva consentito di accertare che S.F. si era ingerito nei lavori, assumendo un ruolo attivo nella realizzazione dell'opera, avendo disposto l'eliminazione degli outriggers lunghi alla base delle colonne.
Quanto, poi, all'applicabilità delle norme in materia edilizia, la Corte ha ribadito che la rilevanza del TU edilizia era direttamente collegata alla funzione statica dell'opera, non assorbita dalla temporaneità della installazione. La mancata nomina di un direttore dei lavori aveva avuto rilevanza causale rispetto all'evento, poiché tale figura di garante avrebbe avuto lo specifico compito di verificare il progetto, rilevandone gli evidenti vizi. Lo stesso progettista, del resto, aveva inserito la prescrizione della verifica - ad opera di un direttore dei lavori - della compatibilità del piano di posa.
La responsabilità del S.F. non era esclusa dalla posizione ricoperta, sia pure di fatto, dallo S.S., quale direttore dei lavori: il S.F., infatti, aveva affidato a terzi l'adozione di misure precauzionali che, tuttavia, erano sue proprie e non delegabili.
Quanto alla verifica controfattuale, poi, la Corte ha ritenuto che, nonostante i consulenti LA. e R. non avessero riconosciuto che la posa su un piano rigido avrebbe scongiurato l'evento, tuttavia con elevato grado di credibilità razionale e ponendosi nell'ottica dell'agente modello, la condotta omessa avrebbe impedito la costruzione del ground support come realizzato e un direttore dei lavori attento avrebbe potuto operare una scelta tecnica idonea a garantire la continuità materiale tra le colonne e lo space roof.
Infine, la Corte ha richiamato le osservazioni già formulate con riferimento ai rilievi della difesa F.F., quanto alla configurabilità della ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 676 cod. pen., in luogo di quella contestata al capo 2) e ha ritenuto sussistente l'aggravante di cui al comma 2 dell'art. 589 cod. pen., ritenendo la stessa non bilanciabile con l'attenuante comune di cui all'art. 62 n. 6, cod. pen., in termini di prevalenza di quest'ultima, negando le generiche, in difetto di elementi positivi e assegnata valenza ostativa alla gravità dei fatti e ai precedenti penali dell'imputato.
La decisione di questa Corte
3. In via preliminare, va ribadito, quanto alla natura del sindacato di legittimità, che la struttura giustificativa della sentenza di appello, in un caso di conferma delle statuizioni sulla penale responsabilità, si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo. Ciò è sicuramente vero allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (cfr. sez. 3 n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv, 257595); ma a maggior ragione allorché i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata (cfr. sez. 3 n. 13926 dell'01/12/2011 Ud. (dep. 12/04/2012), Valerio, Rv. 252615).
La funzione tipica dell'impugnazione è, infatti, quella di una critica argomentata al provvedimento che si realizza, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), attraverso la presentazione di motivi che devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione è, dunque, il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (cfr., in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584), essendo estranei alla natura stessa del sindacato di legittimità gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Ciò in quanto sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099).
3.1. Tale premessa introduce direttamente il tema, decisivo alla luce delle doglianze con le quali alcune difese hanno evocato un travisamento probatorio, della deducibilità di tale vizio in ipotesi di doppia affermazione conforme di penale responsabilità: a seguito della modifica apportata all'art. 606, c. 1, lett. e), cod. proc. pen. dall'art. 8, c. 1, della legge n. 46/2006, il legislatore ha effettivamente esteso l'ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, introducendo il travisamento della prova quale ulteriore criterio di valutazione della contraddittorietà estrinseca della motivazione il cui esame nel giudizio di legittimità deve riguardare uno o più specifici atti del giudizio, non il fatto nella sua interezza (cfr. sez. 3 n. 38341 del 31/1/2018, Ndoja, Rv. 273911). Tuttavia, anche a seguito di tale modifica, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. sez. 3 n. 18521 del 11/1/2018, Ferri, RV. 273217; sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099). In ogni caso, un ricorso per cassazione che deduca il travisamento (e non soltanto l'erronea interpretazione) di una prova decisiva, ovvero l'omessa valutazione di circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati, impone di verificare l'eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto, ovvero di verificare l'esistenza della decisiva difformità, fermo restando il divieto di operare una diversa ricostruzione del fatto, quando si tratti di elementi privi di significato indiscutibilmente univoco (cfr. sez. 4 n. 14732 del 1/3/2011, Molinario, Rv. 250133).
In altri termini, tale vizio può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta doppia conforme, sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (cfr. sez. 4, n. 35963 del 3/12/2020, Tassoni Raffele, Rv. 280155, in fattispecie in materia di furto di gas in cui la Corte ha ritenuto sussistente il vizio in un caso in cui entrambi i giudici di merito, con valutazione conforme, avevano ritenuto che la sigillatura del contatore fosse intervenuta in una data diversa da quella dichiarata dal teste escusso sul punto).
Trattasi di principi ormai consolidati e, peraltro, ulteriormente calibrati in modo da scongiurare l'utilizzo tralatizio di definizioni astratte: il vizio in questione si risolve nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nella omessa valutazione della prova esistente agli atti e, per la sua deducibilità in sede di legittimità, è necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento o dell'omissione nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica (cfr. sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Villari Angelo, Rv. 280117)
3.2. Alla stregua di tali principi, pertanto, va ritenuta la manifesta infondatezza, in parte qua, del secondo motivo formulato nell'interesse dell'imputato A.P.. La difesa ha proposto una lettura estensiva della regola di giudizio testé richiamata, valutando in termini di travisamento probatorio anche asserite carenze nel tessuto argomentativo della sentenza censurata che astrattamente corrispondono a vizi diversi della motivazione, tra i quali la dedotta mancata valutazione delle doglianze formulate con il gravame di merito.
4. Altro tema preliminare è quello introdotto con le censure formulate con riguardo alla risoluzione dei giudici del merito di non procedere alla riapertura della istruzione dibattimentale .
4.1. La decisione impugnata, in realtà, si pone nel solco tracciato dal consolidato orientamento di questa Corte: in tema di giudizio di appello - poiché il vigente codice di rito pone una presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale svolta in primo grado - la rinnovazione, anche parziale, dell'istruttoria ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, nel caso di rigetto, essa può essere sorretta anche da motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione - in senso positivo o negativo - sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (cfr. sez. 5 n. 6379 del 17/3/1999, Bianchi F. ed altri, Rv . 213403; n. 8891 del 16/5/2000, Callegari F., Rv . 217209; sez. 1 n. 19022 del 10/10/2002, dep. 2003, Di Gioia, Rv. 223985; n. 38177 del 11/10/2002, Giovannelli, Rv. 222469; sez. 6 n. 22526 del 17/2/2003, Tateo, Rv. 226295; sez. 5 n. 13767 del 18/3/2003, Prospero e altro, Rv. 225633; sez. 6 n. 5782 del 18/12/2006, dep. 2007, Gagliano, Rv. 236084). Tali principi sono stati anche successivamente ribaditi (cfr. sez. 5 n. 15320 del 10/12/2009, dep. 2010, Pacini, Rv. 246859; sez. 3 n. 24294 del 21/5/2010, D.5.8., Rv. 247872; sez. 6 n. 30774 del 16/7/2013, Trecca, Rv. 257741; n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 259893; n. 40496 del 21/5/2009, Messina e altro, Rv. 245009, in cui si è precisato che il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fondi su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità).
4.2. Ciò premesso in diritto, nel caso all'esame, la decisione non può che prendere le mosse dalla motivazione contenuta nella sentenza appellata. In quella sede, il primo giudice, al quale era stata sollecitata l'attivazione dei poteri di cui all'art. 507 cod. proc. pen., aveva ricostruito le cause del crollo alla stregua del parere rassegnato dai consulenti del pubblico ministero, rilevando che le conclusioni di costoro non avevano trovato smentita in tesi scientifiche alternative. Il tema era stato indagato a fondo nel pieno contraddittorio articolatosi attraverso una lunga istruttoria dibattimentale, muovendo dall'assunto di partenza secondo cui la singola causa da sola non sarebbe stata in grado di determinare il collasso del ground support (cfr. pag. 25 della sentenza appellata). L'evento era stato conseguenza di una instabilità delle colonne per l'effetto P Delta venutosi a creare in presenza di più errori contenuti nel progetto F.F. (già sopra richiamati) che avevano innescato un cinematismo di collasso generato da una labilità intrinseca del manufatto, non rilevata dal progettista, alla quale ha dato un contributo significativo anche la deformabilità del piano di posa e il difetto di una continuità materiale tra colonne e graticcio (cfr. pag. 33 della sentenza appellata).
Quanto al c.d. effetto P-Delta, il Tribunale ha dato conto delle convergenti opinioni dei consulenti dell'imputato C.M. e di quello della F&P GROUP e dell'imputato S.F., ma anche di quelle del consulente dell'imputato A.P.. L'elaborato tecnico dei consulenti del pubblico ministero è stato sottoposto ad approfondito vaglio, esitato anche in una relazione di chiarimenti e nell'esame dibattimentale, sede in cui i consulenti hanno spiegato i punti salienti degli accertamenti espletati, delle prove effettuate e delle conclusioni rassegnate . La sensibilità della struttura alle azioni orizzontali è stata confermata dal consulente della difesa A.P. e le spiegazioni sulla inadeguatezza del modello di collegamento tra colonne e graticcio (a cerniera e non a incastro e tali, dunque, da consentire una rotazione) è stata spiegata in termini collimanti anche dal consulente della difesa F&P GROUP e S.F. .
Inoltre, le conclusioni rassegnate dai consulenti della parte pubblica in ordine alle cause della rottura dei collegamenti tra tetto e colonne sono state condivise sia dal consulente delle difese F&P GROUP e S.F., che da quella della difesa A.P.. Lo stesso consulente della difesa del progettista F.F. ha riconosciuto la corrispondenza delle immagini inviate via mail al F.F., riproducenti la modifica degli outriggers da lunghi a corti, questi ultimi non consentendo il montaggio degli stabilizzatori. Tale consulente, in sede di esame, ha peraltro riconosciuto che le dimensioni delle basi d'appoggio avevano aumentato la instabilità della costruzione .
4.3. Di tale sostanziale convergenza di opinioni e dell'assenza di opinioni contrarie atte a incrinare la conclusività degli accertamenti espletati in primo grado, quanto alle cause del crollo e alle caratteristiche tecniche dell'opera crollata, ha dato atto anche la Corte d'appello nel rigettare le richieste di rinnovazione formulate da alcune difese ai sensi dell'art. 603 del codice di rito, correttamente evidenziando, peraltro, la non necessità di un ulteriore approfondimento inteso a individuare la normativa applicabile al caso di specie. Il dubbio che la difesa assume essere residuato dopo l'audizione dei testi B. e M. non tiene conto delle esaustive conclusioni degli esperti, adottate a valle di un lungo contraddittorio durante il quale si sono confrontate diverse conoscenze tecniche, in alcuni casi collimanti. Inoltre, il dubbio sollevato dalla difesa non è idoneo a superare la presunzione di completezza dell'ampia istruttoria svolta e, soprattutto, finisce con il proporre in termini esplorativi un tema già ampiamente scrutinato, anche grazie ai sopralluoghi e alle verifiche condotte sui resti della struttura crollata all'esito del suo smontaggio (cfr. sul punto, sez. 3, n. 23058 del 26/4/2013, Duval Perez, Rv. 256173; sez. 3, n. 42711 del 23/6/2016, H., Rv. 267974). In definitiva, trattandosi di un giudizio di fatto, in questa sede può solo apprezzarsi l'ampia motivazione delle ragioni della ritenuta esaustività della prova scientifica veicolata nel processo da parte dei giudici del doppio grado di merito (cfr., sul punto specifico, sez. 1, n. 11168 del 18/2/2019, PG C/Caratelli Giovanna, Rv. 274996).
4.4. L'utilizzo del sapere tecnico-scientifico veicolato, attraverso plurimi contributi, nel processo, appare peraltro coerente con i principi consolidatisi in seno alla giurisprudenza di legittimità e, sul punto specifico, i motivi segnatamente riguardanti asseriti, residui dubbi in ordine alle cause del crollo presentano anche connotati di aspecificità. Le difese, infatti, non hanno contestato il sapere scientifico utilizzato dai giudici, ma ne hanno più che altro sostenuto il travisamento da parte di costoro e, nel far ciò, hanno preteso di offrire una lettura della prova scientifica parcellizzata, assumendo una incertezza su alcune concause, ai fini della verifica controfattuale circa l'esistenza del nesso eziologico (come, per esempio, in ordine alla omessa verifica del piano di posa di cui oltre si dirà).
A tal fine, basti ricordare che, in virtù del principio del libero convincimento e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilità di scegliere fra le varie tesi, prospettate da differenti periti di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata e approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di disattendere, confutando le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di legittimità di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (cfr. sul punto, sez. 4 n. 18802 del 11/4/2019, Catalani, in motivazione; n. 34747 del 17/5/2012, Rv. 253512; n. 45126 del 6/11/2008, Rv. 241907).
Inoltre, va ribadito che la Corte di cassazione non è giudice del sapere scientifico, giacché non detiene proprie conoscenze privilegiate, ma è solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell'approccio ad esso da parte del giudice di merito (cfr. sez. 4 n. 43786 del 17/9/2010, Cazzini e altri). Entro questi limiti, pertanto, non può considerarsi vizio della motivazione in sé <<l'omesso esame critico di ogni più minuto passaggio della relazione tecnica disattesa, poiché la valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all'onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento>> (cfr., in motivazione, sez. 4 n. 50078 del 19/10/2017, Cavazza, Rv. 27098 5). Al giudice di merito è richiesto di risolvere problemi che riguardano innanzitutto l'affidabilità e l'imparzialità delle informazioni scientifiche veicolate nel processo attraverso l'indagine peritale e a quello di legittimità di verificare la razionalità del ragionamento svolto, attraverso il controllo sulla motivazione della sentenza, momento di <<obiettiva emersione>> della ponderazione compiuta dal giudice (dando conto del controllo esercitato sull'affidabilità delle basi scientifiche del giudizio, mediante la valutazione dell'autorità scientifica dell'esperto e del grado di consenso che le spiegazioni proposte ricevono).
4.5. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha opportunamente precisato che le conclusioni cui erano pervenuti i consulenti del pubblico ministero collimavano sui punti salienti con quelle rassegnate dagli altri ausiliari e nella sentenza di primo grado si rinviene una analitica elencazione di tali punti di convergenza. Il che conferma in maniera evidente il completo esame di tutti gli apporti tecnici acquisiti tra gli elementi di valutazione del fatto. Le conclusioni rassegnate sono congruenti con le conclusioni dei consulenti, fatte salve le valutazioni eminentemente giuridiche, sulle quali ci si soffermerà oltre.
4.6. Da tutto quanto precede deriva, pertanto, la infondatezza del primo motivo formulato nell'interesse degli imputati F.F. e A.P. e nell'interesse del responsabile civile ITALSTAGE COMPANY s.r.l., riservando all'esame dei restanti motivi il rilievo della premessa testé effettuata anche con riferimento ad altre doglianze.
5. Altro tema comune a più posizioni riguarda l'asserita violazione del principio di correlazione tra accusa e decisione, agitato dalla difesa dell'imputato A.P. (e, stante la sovrapponibilità dei rispettivi atti difensivi, anche da quella del responsabile civile ITALSTAGE COMPANY s.r.l.) nella seconda parte del secondo motivo, sull'assunto che all'A.P. sarebbero stati ascritti due profili di colpa non contenuti nella rubrica (non aver apposto le piastre 40x40 al piedi delle colonne metalliche; e avere iniziato la costruzione senza richiedere la verifica del piano di posa e della continuità materiale tra colonne e grigliato).
5.1. Sul punto soccorre ancora una volta il diritto vivente: ai fini della sussistenza di una violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen. non è sufficiente qualsiasi modificazione dell'accusa originaria, ma è necessaria una modifica che pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato . Pertanto, la violazione non sussiste quando nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni (cfr. sez. 5 n. 7984 del 24/9/2012, dep. 2013, RV. 254648). Tali principi sono coerenti con quelli costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Costituzione e con l'art. 6 della Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota pronuncia Drassich c. Italia (cfr. CEDU 2 sez. 11 dicembre 2007) e ripresi, più di recente, nella pronuncia del 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n.2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell'art. 6 cit. nel caso in cui l'interessato abbia avuto una possibilità di preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull'accusa alla fine formulata nei suoi confronti.
5.2. Nel caso in esame, difetta una lesione del diritto di difesa, alla cui salvaguardia il principio di correlazione è direttamente funzionale, non apprezzandosi un rapporto di eterogeneità del fatto ritenuto rispetto a quello contestato (sez. 6, n. 10140 del 18/2/2015, Bossi e altro, Rv. 262802): A.P. è il legale rappresentante della ditta appaltatrice, incaricata dalla committente F&P GROUP di realizzare i lavori per la costruzione del ground support, crollato durante la fase di allestimento. Le condotte ascrittegli sono descritte ai punti b.l), b.2) e b.3) della imputazione. L'inidoneità delle piastre di appoggio e il collegamento tra le colonne e il grigliato hanno costituito oggetto di specifica valutazione nel corso dell'intera istruttoria e sono stati indicati dai consulenti quali errori di progettazione che hanno contribuito alla labilità dell'opera erigenda. Il consulente dell'imputato ha dedotto in ordine alle cause della rottura del collegamento tra le colonne e la copertura (space roof), convenendo con le conclusioni dei consulenti dell'accusa e ha partecipato alle prove di carico, fornendo un contributo anche in merito al calcolo dei carichi, fatto proprio dagli stessi consulenti del pubblico ministero.
5.3. Ne deriva la infondatezza della seconda parte del secondo motivo formulato nell'interesse dell'imputato A.P. e del responsabile civile ITALSTAGE.
6. Un altro gruppo di censure inerisce al tema della applicabilità, al caso in esame, del comparto normativo di cui al d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia), con riguardo alle caratteristiche del ground support crollato e, quindi, delle norme di cui agli artt. 64, 65 e 68, dalla cui violazione sono derivati, a loro volta, addebiti di colpa a carico degli imputati S.F. (a.1), A.P. (b.1), F.F. e C.M., sia con riguardo alla necessità della previa denuncia dell'opera all'ufficio tecnico regionale (già genio civile), che avuto riguardo all'obbligo della committenza di individuare un direttore dei lavori e alla conseguente omessa attivazione dei poteri di controllo e inibitori da parte del dirigente comunale.
Il cuore delle doglianze ha riguardato le ragioni giustificative articolate dai giudici del merito in ordine alla ritenuta applicabilità del T.U. edilizia, avendo essi conformemente valorizzato la ratio giustificatrice della disciplina e delle regole cautelari ivi rinvenute, ma soprattutto evidenziato la predominanza della componente statica dell'opera, rispetto alla caratteristica della temporaneità del suo utilizzo.
Il problema è stato affrontato dalla giurisprudenza di legittimità e risolto in termini che possono considerarsi consolidati. La disciplina penale prevista dagli artt. 64 e 65 del d.P.R. n. 380/2001 si applica, infatti, alle opere in cemento armato e a quelle che, non composte da cemento armato, possiedono comunque una struttura metallica (cfr. sez. 3, n. 56067 del 19/9/2017, Calvo, Rv. 271810), essendo del tutto illogico ritenere la stessa applicabile solo alle opere che siano al tempo stesso costituite da cemento armato e struttura metallica, posto che una tale componente è già necessariamente presente in quelle a cemento armato e risultando tale interpretazione coerente con la ratio stessa della disposizione: la sufficienza della sola struttura metallica si spiega, infatti, in ragione della potenziale pericolosità di essa derivante dal materiale impiegato (in termini, più di recente, anche sez. 3, n. 29822 del 11/9/2020, Giampiccolo Orazio, Rv. 280017).
Pertanto, sono soggetti alla disciplina della legge n. 1086/71 (recepita nel T.U. edilizia) per le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica, anche i manufatti prefabbricati (cfr. sez. 4, n. 27450 del 12/6/2009, Tidona e altri, Rv. 244517, in fattispecie in tema di responsabilità del committente dei lavori per omicidio colposo, causato dal cedimento di una struttura metallica in conglomerato cementizio prefabbricato), restando escluse le sole opere costituite da un'unica struttura, le membrature singole e gli elementi costruttivi che hanno funzione di limitata importanza nel contesto statico del manufatto, mentre devono ricomprendersi quelle opere che, per loro natura, assolvono a una funzione strutturale (cfr. sez. 3, n. 2682 del 5/11/2019, dep. 2020, Mistretta Francesco Domenico, Rv. 278024; sez. 3, n. 6588 del 17/11/2011, dep. 2012, Alaimo e altro, Rv. 252032).
6.1. La valutazione operata dai giudici del doppio grado è del tutto coerente con tali principi. L'opera di che trattasi rientra nella previsione di cui all'art. 53 . 1, lett. c), T.U. n. 380/01, siccome composta da più elementi metallici tra di loro assemblati, finalizzata a fungere da "luogo di lavoro" per l'allestimento dello spettacolo e da struttura portante dei successivi appendimenti (luci e audio) e la cui funzione statica, pertanto, ha valore assorbente rispetto alla sua destinazione di uso temporaneo, richiamate a riscontro le cause stesse del collasso (direttamente collegate a caratteristiche di labilità dell'opera stessa).
6.2. Ne consegue la infondatezza del terzo motivo formulato dalle difese A.P. e ITALSTAGE, del primo motivo formulato dalle difese C.M. e S.F. e, in parte qua, anche del secondo motivo formulato nell'interesse del F.F..
7. La difesa F.F. ha introdotto anche in questo giudizio di legittimità il tema della operatività dell'aggravante antinfortunistica con specifico riferimento al luogo in cui è avvenuto l'incidente, rilevando che il crollo non era stato la conseguenza della violazione di norme cautelari previste dalle norme a tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
La doglianza ha costituito oggetto di valutazione sin dal primo grado e ad essa il Tribunale ha replicato richiamando l'art. 22 del T.U. n. 81/2008, a mente del quale i progettisti dei luoghi e posti di lavoro e degli impianti sono tenuti a rispettare i principi generali in materia di prevenzione infortuni al momento delle scelte progettuali e tecniche. Si è, così, ritenuto che il ground support è in sé un luogo di lavoro, sul quale sono chiamati a svolgere mansioni specifiche i riggers, cioè gli installatori in quota, uno dei quali era la stessa vittima, A.M. (anche mediante un opportuno richiamo ai principi già affermati da questa stessa sezione, cfr. sez. 4, n. 13866 del 6/2/2009, Stendardo, Rv. 243201, in cui si è ritenuto il progettista di uno scavo responsabile per la morte dei lavoratori deceduti nella sua esecuzione a causa di uno smottamento del terreno, in quanto non aveva svolto le indagini geologiche e geotecniche pure imposte nel caso di specie dalla legge e, conseguentemente, non avendo adeguatamente valutato il rischio di crolli, aveva anche omesso di prevedere la realizzazione di adeguate protezioni atte a prevenirlo).
7.1. Diretto precipitato di tale principio è che, nella nozione "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa (cfr. sez. F. n. 45316 del 27/8/2019, Giorni Pietro, Rv. 277292), finalità che possono essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro (cfr. sez. 4, n. 12223 del 3/2/2015, dep. 2016, De/mastro e altri, Rv. 266385; sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, Rv. 258435) e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività (cfr. sez. 4, n. 43840 del 16/5/2018, Rv. 274265).
7.2. Da quanto precede discende la infondatezza del terzo e del quarto motivo formulati dalla difesa F.F., tra loro peraltro strettamente correlati, richiamandosi quanto affermato ai §§ 5, 5.1. e 5.2., allorché si è trattata la posizione dell'imputato A.P., a proposito del principio di correlazione tra accusa e sentenza, la cui violazione è stata opposta dalla difesa F.F. con specifico riferimento alla aggravante antinfortunistica.
Anche in questo caso, infatti, la aggravante è formalmente indicata in imputazione per il progettista della struttura, ma soprattutto ha formato oggetto di contestazione sostanziale (nei termini già sopra chiariti) e delle difese articolate nel contraddittorio sino alla discussione finale (sul punto giovi un richiamo alla stessa motivazione della sentenza appellata).
8. A questo punto, possono essere esaminate tutte le doglianze direttamente collegate alle singole posizioni di garanzia e all'esatto perimetro di ognuna di esse, in relazione alla compresenza delle altre, prendendo le mosse dalla questione agitata da più difese, riguardante l'effettiva assunzione - di fatto - del ruolo di direttore dei lavori da parte dello S.S., formalmente nominato dall'altra committente (ESSE EMME MUSICA di S.) coordinatore per la fase dell'esecuzione, ulteriore figura di garante sulla quale ci si soffermerà nel prosieguo.
8.1. Si reputa opportuno muovere dal fatto incontestato che la F&P GROUP e, per essa, il suo legale rappresentante S.F., committente dei lavori di realizzazione del ground support, appaltati alla costruttrice ITALSTAGE COMPANY s.r.l. che vi ha provveduto dando incarico al progettista F.F., non ha nominato il direttore dei lavori. I giudici del merito hanno ravvisato la fonte dell'obbligo nel T.U. edilizia (art. 64), rilevando che tale prescrizione era stata espressamente indicata in progetto dallo stesso F.F.. Quanto alla posizione assunta dalla F&P, quale committente dei lavori, i giudici d'appello, alla stregua delle doglianze difensive, hanno ricostruito il concatenarsi dei vari negozi giuridici nell'intreccio dei rapporti tra le società coinvolte nella realizzazione dell'evento, prendendo le mosse da quello esistente tra la citata F&P e la MIMAMI LIVE s.r.l. (casa di produzione dell'artista, il cui rappresentante legale era, infatti, la madre della PAUSINI); dalle attribuzioni, ritenute puramente formali, contenute in quel contratto, in cui si definisce la MIMAMI come committente; e dalla suddivisione dei rispettivi interventi nella complessiva produzione dell'evento artistico.
La Corte territoriale ha così chiarito, sulla scorta della documentazione disponibile, che il S.F. era amministratore delegato F&P (e non mero Presidente del consiglio d'amministrazione), con specifici compiti di rappresentanza dell'ente rispetto ai rapporti di lavoro e alla stipula dei negozi giuridici. Ha, quindi, spiegato - in maniera esaustiva e neppure efficacemente attaccata dalle doglianze difensive - che la realizzazione dell'evento si era articolata in più fasi e che la committenza della F&P si era inserita nella organizzazione della tappa di Reggio Calabria, quale vero e proprio promoter dell'evento stesso. Inoltre, ha precisato che la tesi difensiva, secondo cui la F&P avrebbe operato quale "cerniera" tra la MIMAMI e la ITALSTAGE, prescindeva del tutto da un dato dirimente: il contratto stipulato proprio dalla F&P con la costruttrice ITALSTAGE, il cui oggetto era, per l'appunto, la costruzione della struttura crollata. In tale qualità, sulla F&P si erano addensati gli obblighi relativi alla scelta dell'impresa appaltatrice (la ITALSTAGE) e, per il suo legale rappresentante, anche quello di nominare il direttore dei lavori, primo destinatario delle prescrizioni del progettista. L'istruttoria, peraltro, aveva dimostrato che il S.F. si era fattivamente ingerito nella realizzazione dell'opera (non essendo neppure emersa, si aggiunge in questa sede, la nomina di un responsabile dei lavori, cfr., sul punto, infra), sia quanto alla organizzazione dei lavori, sia con specifico riferimento alla adozione della decisione, poi messa in atto, di eliminare gli outriggers lunghi, condotta materiale - questa - che ha integrato, secondo i giudici territoriali, anche un addebito di colpa generica, alla luce delle conclusioni rassegnate dai consulenti tecnici.
8.2. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, questa stessa sezione ha già da tempo chiarito che il committente, soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia un'opera, è titolare ex lege di una posizione di garanzia che integra quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti etc.) e interagisce con essa e può designare un responsabile dei lavori, con un incarico formalmente rilasciato accompagnato dal conferimento di poteri decisori, gestionali e di spesa, che gli consenta di essere esonerato dalle responsabilità, sia pure entro i limiti dell'incarico medesimo e ferma restando la sua piena responsabilità per la redazione del piano di sicurezza, del fascicolo di protezione dai rischi e per la vigilanza sul coordinatore in ordine allo svolgimento del suo incarico e sul controllo delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza (cfr. sez. 4, n. 37738 del 28/572013, Gandalla e altri, Rv. 256635, in fattispecie relativa a commessa per la costruzione di unità immobiliari).
La sua responsabilità in eligendo, nella scelta cioè dell'impresa appaltatrice, è stata anche successivamente chiarita [sia pure riguardo alla peculiare figura del committente che affidi i lavori a un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere "sotto - soglia")], riconoscendosi una responsabilità di tale figura di garante non solo per la omessa verifica dell'idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione alla entità e tipologia dell'opera, ma anche per la mancata attivazione di poteri inibitori, a fronte della inadeguatezza dimensionale dell'impresa o delle evidenti irregolarità del cantiere (cfr. sez. 4, n 23171 del 9/2/2016, Russo e altro, Rv. 266963). Proprio con riferimento al dovere di controllo sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, peraltro, si è precisato che esso non può essere pressante, continuo e capillare, ma che occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole e immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo (cfr. sez. 4, n. 27296 del 2/12/2016, dep. 2017, Vettor, Rv. 270100), rimanendo esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica che richiedono una specifica competenza tecnica (cfr. sez. 4, n. 5893 del 8/1/2019, Perona Luca, Rv. 275121).
8.3. Quanto ai compiti del direttore dei lavori, invece, costui è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e, in caso di necessità, adottare le dovute precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto (cfr. sez. 4, n. 46428 del 14/9/2018, Rv. 273991, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del direttore dei lavori per aver consentito che questi iniziassero senza la nomina di un responsabile e senza la formazione di un documento di valutazione dei rischi, in zona soggetta a rischio di pericolo per la pubblica incolumità, dedotto in una ordinanza comunale interdittiva; sez. 4, n. 2378 del 8/7/2016, dep. 2017, Benedetto e altro, Rv. 268874).
8.4. Tali principi valgono a chiarire i temi introdotti, con i restanti motivi, dalla difesa del S.F.. I rilievi difensivi, riproposti in termini invariati nel ricorso, sviluppatisi attorno all'argomento che fa leva sull'assunzione di fatto del ruolo di direttore dei lavori da parte di un terzo (lo S.S.) e sulla concreta incidenza dell'omissione ascritta a termini dell'art. 64 T.U. edilizia sulla etiologia dell'evento, non hanno tenuta logica: la nomina formale del direttore dei lavori comporta, infatti, l'assunzione delle relative responsabilità, laddove l'ingerenza di un soggetto diverso che abbia di fatto agito come un direttore dei lavori e come tale sia stato percepito dagli addetti ai lavori stessi non può valere a esonerare da responsabilità il garante cui spetta per legge la nomina del direttore dei lavori. Quest'ultimo, infatti, avrebbe assunto l'incarico con tutti i connessi obblighi di verifica della conformità dell'opera al progetto e avrebbe esonerato il committente, sia pur limitatamente alle responsabilità connesse a tali controlli.
Il tema, peraltro, è stato espressamente affrontato nella sentenza appellata e ripreso in termini coerenti in quella impugnata.
Il giudice di primo grado, infatti, ha dato atto che lo stesso consulente del S.F. aveva riconosciuto che l'eccessiva deformabilità del piano di posa era da ascriversi tra le cause del crollo e che, nonostante i consulenti del pubblico ministero non avessero affermato con certezza che un piano di posa più rigido avrebbe scongiurato l'evento, tuttavia, tra i compiti del direttore dei lavori, anche per espressa indicazione del progettista, c'era proprio la verifica delle caratteristiche della pavimentazione sulla quale doveva poggiare la struttura; sempre secondo il primo giudice, il direttore dei lavori avrebbe potuto rilevare la non conformità a progetto delle dimensioni delle piastre da apporre alla base delle colonne, inidoneità verificata peraltro dagli stessi operai durante l'esecuzione dei lavori (cfr. pag. 76 della sentenza appellata); ancora, il direttore dei lavori, sempre senza essere chiamato a un inesigibile controllo sul progetto, avrebbe effettuato (o dovuto effettuare secondo la normale diligenza) l'ulteriore verifica, anche questa indicata dal progettista, riguardante la continuità materiale tra le colonne e lo space roof, la cui incidenza causale era stata riconosciuta anche dal consulente del S.F. e della F&P GROUP. Tutti questi rilievi avrebbero impedito, secondo i giudici territoriali, la costruzione del ground support come effettivamente realizzato, restando così confermata, anche all'esito del giudizio controfattuale, la catena causale tra l'omissione ascritta e l'evento verificatosi.
Si aggiunga a ciò la considerazione che il c.d. direttore dei lavori di fatto (lo S.S., cioè), pur avendo assunto rilevanti iniziative in ordine alla esecuzione dei lavori, delle quali più oltre ci si occuperà, aveva preteso dalla F&P GROUP una formale attestazione di regolare conformità e corretta esecuzione dei lavori (cfr. pag. 85 della sentenza appellata), di fatto rinunciando ad assumersi formalmente le responsabilità connesse a tale figura cantieristica.
Quanto, poi, alla posizione di garanzia ricoperta quale committente dell'opera, con riferimento alla sicurezza del luogo di lavoro, i giudici territoriali hanno evidenziato come l'istruttoria avesse dimostrato che il S.F. aveva attivamente partecipato alla conduzione e realizzazione dell'opera, ingerendosi fortemente nella organizzazione del lavoro, soprattutto dando disposizione perché fossero eliminati gli outriggers lunghi alla base delle colonne (sulla rilevanza causale dell'intervento si rimanda a quanto sopra precisato dai giudici del merito sulla scorta delle conclusioni dei consulenti tecnici).
8.5. Da tutto quanto precede, discende la infondatezza del secondo, del terzo e del quarto motivo, formulati dalla difesa dell'imputato S.F., quanto all'ultima censura rilevandosi la non pertinenza dell'argomento difensivo che poggia sulla esclusione dell'aggravante anti infortunistica nei confronti dell'imputato A.P., stante la non assimilabilità delle posizioni ricoperte dai due imputati. Al di là della correttezza, ormai insindacabile, dell'esclusione dell'aggravante nei confronti del C.M. e dell'A.P., deve rilevarsi che essa è stata collegata alla posizione soggettiva dei due (per l'A.P. essendosi precisato che, quale datore di lavoro, egli non ricopriva tale qualità rispetto alle persone offese) e alla non configurabilità di una posizione di garanzia rispetto alle regole cautelari violate. Tuttavia, non si rinviene una specifica analisi della relazione che collegava le violazioni contestate al rischio che l'osservanza delle regole cautelari avrebbe scongiurato. Gli stessi giudici del merito hanno sottolineato la peculiarità del caso in esame, riguardante una struttura che non assolveva solo a funzioni di tipo edilizio, ma che costituiva proprio il luogo ove dovevano lavorare gli allestitori in quota, tra i quali l'operaio A. deceduto e i tre che hanno riportato lesioni. Le conclusioni rassegnate nei confronti dell'A.P., pertanto, non si pongono in rapporto di contraddizione con la decisione di confermare per il S.F. la contestata aggravante.
9. Gli argomenti testé trattati e i principi sopra richiamati a proposito della figura del coordinatore per la sicurezza dei lavori nella fase dell'esecuzione, consentono di inquadrare i temi che hanno formato oggetto delle difese svolte nell'interesse dell'imputato S.S..
Come già detto, il "luogo di lavoro" di che trattasi è rappresentato dalla stessa opera crollata, quel ground support sul quale si trovavano a operare le vittime. Il Tribunale ha ritenuto la concorrente responsabilità dello S.S. nella qualità di coordinatore, agganciandola specificamente alla previsione di cui all'a rt . 92, c. 1, lett. f) d. lgs. 81/2008 (secondo cui questi < <sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate>>). Trattasi di una funzione peculiare, rispetto al compito di alta vigilanza che, come sopra già precisato, grava su tale figura della sicurezza (cfr. sez. 4, n. 27165 del 24/5/2016, Battisti, Rv. 267735).
È certamente esatto affermare che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oltre ai compiti specificamente assegnatigli dall'art. 92 citato, svolge una autonoma funzione di alta vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale. Pertanto, egli non è tenuto a un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, invece demandato ad altre figure operative: tale funzione, infatti, ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese. Con la conseguenza che egli non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, quello cioè proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (cfr. sez. 4, n. 3288 del 27/9/2016, dep. 2017, Bellotti e altro, Rv. 269046).
Pertanto, non colgono nel segno le doglianze con le quali si è posta in evidenza la circostanza che il crollo non è stato ricondotto dai consulenti al c.d. rischio derivante dalla compresenza, anche non contemporanea, di più imprese o più lavoratori autonomi, con la conseguenza che l'evento costituirebbe la concretizzazione di un rischio eccentrico rispetto a quello presidiato dalle norme cautelari che l'art. 92 citato configura in capo a detta figura di garante: il punto centrale è, infatti, la verifica della sussistenza di un pericolo di crollo nei termini di cui all'art. 92 c. 1, lett. f), T.U. n. 81/2008 e della sua prevedibilità in capo allo S.S., in relazione alla condotta che questi ha effettivamente tenuto alla stregua delle evidenze fattuali disponibili.
9.1. Su tale punto specifico, nella stessa sentenza appellata si è dato conto degli elementi probatori alla luce dei quali si è ritenuto dimostrato che lo S.S. aveva assunto iniziative tonerete rispetto alla realizzazione dell'opera e, quindi, alla sicurezza della stessa e dei lavoratori che vi si trovavano a operare anche in quota. Egli è stato considerato alla stregua di un direttore dei lavori, circostanza questa irrilevante, per come sopra già precisato ai fini dell'esonero da responsabilità in capo al soggetto tenuto a individuare tale figura professionale, ma certamente rilevante ai fini della verifica della responsabilità dello S.S.. L'istruttoria ha confermato che costui, oltre ad avere seguito il montaggio della struttura crollata, da un punto di vista della sicurezza, si era anche ingerito in tale processo, apportando varianti rispetto al progetto F.F. e dando indicazioni agli operai sulla tenuta del piano di posa e sulla non necessità di tiranti. La valutazione degli elementi probatori posti a sostegno di dette conclusioni è questione di fatto sulla quale consta una convergenza di giudizio da parte dei giudici del doppio grado di merito e, pertanto, applicando i principi sopra enunciati, la stessa non può essere rimessa in discussione in questa sede, rilevandosi una congrua e lineare spiegazione della lettura data a tali evidenze.
S.S. ha disposto o dato il suo assenso alla aggiunta di un sistema di controventatura (mediante cavi in acciaio disposti a "X") nei due piani longitudinali contenenti le tre colonne di sinistra e di destra. I consulenti hanno riconosciuto che tale intervento era efficace per scongiurare un collasso della struttura nella direzione longitudinale, ma non anche in quella trasversale, per impossibilità di controventare la parte anteriore. Lo stesso imputato ha ammesso di avere disposto la sospensione dei lavori alle ore 14:00 del 4/3/2012, allorché si era reso conto che il montaggio stava procedendo in modo non conforme al "progetto del coordinamento", soprattutto perché mancavano gli outriggers interni delle basi, il che faceva dubitare della staticità della struttura; in serata, però egli farà riprendere le lavorazioni, una volta ricevuto il file del progetto in variante, ma avanzerà richiesta di certificato di conformità e corretta esecuzione dei lavori.
Da tale comportamento i giudici hanno tratto il convincimento che S.S. abbia agito nella consapevolezza della vulnerabilità della struttura e, pur non rientrando nei suoi compiti la verifica della validità tecnica del progetto, l'avere egli assunto iniziative per assicurare una maggiore stabilità dimostra che il pericolo di crollo era eventualità del tutto prevedibile, tenuto anche conto della facile lettura della relazione del F.F. da parte di un tecnico generico e della risultante incompletezza del progetto. A fronte di ciò, S.S., che pure aveva già dato l'ordine di sospensione dei lavori, deciderà di riprenderli una volta issato lo space roof, nonostante l'opera fosse rimasta immutata da un punto di vista statico e fossero stati addirittura eliminati gli outriggers lunghi.
9.2. Tanto premesso, deve rilevarsi che l'imputato, presente attivamente in cantiere, pur disponendo di poteri inibitori quale coordinatore per la sicurezza nella fase dell'esecuzione, ha omesso di esercitarli, nella consapevolezza della labilità dell'erigenda struttura, derivatagli dall'avere interferito con il processo di montaggio. Egli, formalmente nominato coordinatore della sicurezza per la esecuzione dei lavori, ha esercitato in un primo momento i poteri inibitori di cui all'art. 92 c. 1, lett. f) d. lgs. 81/2008; ha ammesso di essersi ingerito nel processo di montaggio della struttura, dando prova di avere dubitato della sua funzionalità statica; ciononostante, ha disposto la ripresa dei lavori - pur restando invariata la condizione di labilità della struttura - sulla scorta di un progetto invariato rispetto alle ragioni per le quali, nel pomeriggio, aveva sospeso la prosecuzione del montaggio.
Sul punto, peraltro, deve osservarsi che la previsione di cui all' art . 9 2, lett. f) cit. non aggancia il potere inibitorio esclusivamente al rischio derivante dalle interferenze di diverse organizzazioni del lavoro, ma solo alla esistenza di un pericolo grave e imminente, purché direttamente riscontrato. Trattasi, dunque, di una vera e propria norma di chiusura che, al di là degli obblighi di alta vigilanza previamente indicati dalla lettera a) alla lettera d), questi sì direttamente correlati al rischio di interferenze tra le diverse realtà lavorative, impone comunque al coordinatore un obbligo più generale di sospensione delle lavorazioni ogni qualvolta abbia contezza di una siffatta situazione di pericolo.
9.3. Alla luce di quanto precede, pertanto, discende la infondatezza dei primi cinque motivi formulati nell'interesse dello S.S..
10. Il tema della labilità dell'opera progettata consente di spostare l'att enzione sulle contestazioni difensive circa la esistenza degli errori tecnici e delle omissioni ascritti al F.F., ritenuti dai giudici di merito alla stregua delle evidenze e dei pareri tecnici acquisiti al processo.
È incontestato che il montaggio dell'opera è avvenuto con alcune modifiche rispetto al contenuto dei progetti licenziati dall'imputato, e su di esse ci si soffermerà più avanti. Tuttavia, dalla istruttoria è emerso che il collasso del ground support si è innescato per mancanza di rigidità dello stesso; la deformazione prodottasi ha richiesto alla struttura una resistenza che non aveva e, in questo senso, anche la resistenza ha giocato un ruolo tra le cause del crollo (cfr. pag. 39 della sentenza appellata), atteso che essa non avrebbe dovuto essere richiesta alla struttura (cfr. pag. 40 stessa sentenza); la mancanza di rigidità è stata ricollegata alla mancata considerazione, da parte del progettista, della possibile presenza di forze orizzontali; un altro errore ha riguardato la continuità dei sistemi di collegamento tra le colonne e lo space roof, avendo i tecnici affermato che la rottura di tali sistemi era stata tra le cause del crollo e non una conseguenza di esso e, anche su tale punto, i giudici di merito hanno adeguatamente motivato il rigetto delle relative doglianze difensive.
Infine, va esaminato il tema delle modifiche progettuali non assentite, riproposto anche in questa sede. Ancora una volta, l'istruttoria ha accertato che, a fronte di un progetto originario che prevedeva l'apposizione di piastre di appoggio 40X40 per la diffusione del peso, in corso d'opera era stata operata una modifica degli outriggers da lunghi a corti sui quali non era possibile montare aste di irrigidimento o stabilizzatori. Tale modifica, tuttavia, era stata fatta propria dal F.F., per come provato dalla corrispondenza per posta elettronica allegata alla stessa relazione di consulenza tecnica di parte della difesa F.F. (cfr . pag. 13 della sentenza impugnata e pagg. 35 e 36 della sentenza appellata).
10.1. Da quanto precede e da quanto già precisato a proposito delle doglianze con le quali le difese hanno contestato le conclusioni di natura tecnica e il loro utilizzo da parte dei giudici di merito, discende la infondatezza del secondo motivo di ricorso formulato nell'interesse dell'imputato F.F., con specifico riferimento alla ricostruzione del fatto, alla valutazione delle conclusioni dei consulenti tecnici e al giudizio controfattuale.
11. Richiamato quanto già precisato con riferimento alla applicabilità delle norme di cui al T.U. edilizia al caso di specie e alla mancata nomina del direttore dei lavori, anche per quanto riguarda la irrilevanza del ruolo assunto di fatto dallo S.S., va poi esaminata la posizione dell'imputato A.P., nella qualità di rappresentante legale della appaltatrice ITALSTAGE COMPANY s.r.l., con riferimento alle restanti doglianze che riguardano la valutazione delle ulteriori omissioni addebitategli e l'affidamento incolpevole che costui avrebbe riposto sul progetto F.F..
Richiamate le considerazioni già svolte in ordine alla mancata nomina del direttore dei lavori da parte della committente e alla irrilevanza del ruolo svolto di fatto dallo S.S., quanto alle ulteriori doglianze, va intanto ribadito che il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, non può essere invocato da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che colui che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la seconda condotta non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento (cfr. sez. 4, n. 35827 del 27/6/2013, Zanon e altri, Rv. 258124).
Inoltre, va rilevato che le omissioni addebitate all'A.P. n.q. con riferimento alle lacune del progetto non implicavano, come già precisato dal Tribunale, valutazioni di tipo tecnico per le quali è richiesta una specifica competenza: esse inerivano piuttosto a mancanze evidenziate nello stesso progetto (il riferimento è, fra l'altro, anche alla omessa verifica delle caratteristiche del piano di posa, direttamente correlata alla mancata nomina del direttore dei lavori), mancanze che il progettista aveva indicato anche al costruttore (cfr. pag. 78 della sentenza appellata). L'istruttoria ha dimostrato che l'imputato era stato aggiornato sul progetto e sulle modifiche in corso d'opera e certamente era stato in grado di rilevare la mancata nomina del direttore dei lavori, ciò non richiedendo, con ogni evidenza, alcuna conoscenza ingegneristica. Peraltro, l'incompletezza del progetto era, per così dire, denunciata dallo stesso elaborato, nel quale si era evidenziata la necessità di una preventiva verifica del piano di posa, pur se demandata a terzi (il direttore dei lavori). Ciononostante, l'appaltatore aveva intrapreso la costruzione della struttura crollata.
Infine, quanto alla censura che riguarda la verifica controfattuale, con specifico riferimento alla omessa denuncia dell'opera all'ufficio tecnico regionale, i giudici del merito hanno posto in evidenza come, in tale comunicazione, l'obbligato dovesse indicare, tra gli altri, anche i nominativi del progettista e del direttore dei lavori e che alla stessa avrebbe dovuto essere allegato il progetto firmato dal progettista in uno con la relazione illustrativa a firma del predetto e del direttore dei lavori. Da tali elementi, quei giudici hanno dunque ricavato la intuibile conseguenza che dall'adempimento di tale onere sarebbe emersa per tabulas almeno la mancata nomina del direttore dei lavori, il che avrebbe consentito un intervento da parte di quell'ufficio.
Sul punto, non può accedersi a una interpretazione del giudizio controfattuale secondo cui le evidenze avrebbero dovuto dimostrare che, una volta effettuata la denuncia, l'ufficio competente si sarebbe certamente attivato: a parte il valore assorbente delle ulteriori violazioni, connesse alla mancata nomina del direttore dei lavori, il ragionamento dei giudici del merito sul punto specifico è del tutto coerente con il principio consolidato secondo cui, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (cfr. Sez . u. n. 30328 del 10/7/2002, Franzese, Rv. 222138; sez. 4, n. 33311 del 24/5/2012, Ramacciotti e altri, Rv. 255585; sez. 4, n. 30469 del 13/6/2014, P.G., P.C., in proc. Jann e altri, Rv. 262239).
Va anche considerato che, ai fini del giudizio di imputazione causale dell'evento, il giudice deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità del caso concreto, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto dall'ordinamento (cfr. sez. 4, n. 21028 del 4/5/2011, Signorelli e altro, Rv. 250325).
Orbene, nel caso di specie, il relativo controllo si è correttamente esaurito in un giudizio controfattuale che ha permesso di affermare, sulla scorta delle norme di esperienza, con alto grado di credibilità razionale, che l'ufficio regionale, cui spettavano le relative verifiche, si sarebbe trovato nelle condizioni di attivarsi nel senso voluto dalla legge, sulla scorta della sola denuncia ricevuta tenuto anche conto del carattere di evidenza delle omissioni di che trattasi.
11.1. Ne discende la infondatezza del quarto e sesto motivo e la manifesta infondatezza del quinto motivo di ricorso, formulati nell'interesse dell'A.P. e della ITALSTAGE.
12. Infine, va esaminata la posizione del C.M., muovendo dal primo tema, riguardante la stessa individuazione di una posizione di garanzia in capo a costui, nell'ambito del procedimento amministrativo del quale era responsabile. In particolare, egli risponde nella qualità di dirigente dell'ufficio comunale al quale spettava di emettere il parere di cui alla procedura amministrativa in deroga, prevista dall' art. 50 del T.U. enti locali n. 267/2000, finalizzata cioè alla autorizzazione sindacale allo svolgimento dello spettacolo all'interno della struttura sportiva cittadina, senza il nulla osta delle commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo e intrattenimento. In base alle evidenze, e tra queste la stessa iniziativa di richiedere ai soggetti proponenti lo spettacolo una integrazione documentale con nota del 28 febbraio 2012, i giudici hanno ritenuto provato che il C.M. aveva ricevuto gli elaborati progettuali e i connessi calcoli; era stato edotto della mancata nomina del direttore dei lavori e della mancata denuncia dell'opera all'ufficio tecnico regionale; non aveva ricevuto i progetti relativi all'impianto sportivo e i dati tecnici del piano di posa della struttura; e, ciononostante, aveva omesso di attivare i propri poteri inibitori a norma dell'art. 107 T.U. enti locali, consentendo l'inizio dei lavori di allestimento e, dopo la consegna dell'impianto sportivo (avvenuta il 3/3/2012), non disponendone la sospensione, né segnalando il pericolo grave e imminente di un crollo.
In particolare, egli aveva ricevuto in data 26/2/2012 la documentazione propedeutica al rilascio del parere tecnico e dell'ordinanza sindacale d'esercizio; due giorni dopo aveva richiesto alla ESSE EMME del S. una integrazione della documentazione, ritenuta non "sufficientemente soddisfacente", oltre alla esibizione entro il 1/3/2012 del "calcolo statico relativo alle strutture del palco e delle torri di sostegno degli impianti e delle eventuali scenografie". Da tali iniziative i giudici del merito hanno tratto la prova dell'avvenuta valutazione della documentazione prodotta da parte del dirigente comunale, disattendendo la tesi secondo cui, nella specie, si sarebbe trattato niente più che di un controllo documentale sulla scorta di una check list del tipo di quelle seguite in occasione di eventi analoghi, sia perché in detti elenchi non si rinveniva la richiesta di esibizione del calcolo statico di cui sopra, sia perché l'assunto non era in grado di neutralizzare l'aspetto valutativo sottinteso alla richiesta stessa. Anche per questa posizione, valutata alla stregua del comportamento di fatto tenuto dall'imputato, i giudici del merito, senza attribuire al C.M. un'inesigibile valutazione sulla correttezza tecnica dell'elaborato F.F., hanno evidenziato che, una volta ricevuta la documentazione, egli si era trovato nella condizione di avvedersi della omessa verifica del piano di posa e, soprattutto, della mancata nomina di un direttore dei lavori, al quale quella verifica era stata demandata in progetto e, ciononostante, aveva omesso di attivare i poteri connessi alla funzione svolta.
12.1. L'art. 68 del T.U. edilizia prevede, in linea generale, che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, nel cui territorio vengono realizzate le opere indicate nell'art. 53, c. 1, ha il compito di vigilare sull'osservanza degli adempimenti preposti dal T.U. Sulla applicabilità, rispetto alla struttura crollata, del T.U. edilizia, valga in questa sede un richiamo a quanto già sopra precisato.
Tra gli adempimenti di cui al richiamato art. 68 rientra la denuncia dell'opera all'ufficio tecnico regionale, per il tramite dello sportello unico che ne cura l'inoltro e la nomina di un direttore dei lavori con i compiti e le responsabilità descritte nell'art. 64 del T.U. edilizia. Entrambe le violazioni sono state dimostrate in termini di certezza.
Il nucleo delle argomentazioni difensive, a parte la asserita non applicabilità delle disposizioni testé richiamate, in relazione alla natura dell'opera crollata, di cui si è già detto, è costituito dalla attribuzione di una posizione di garanzia sulla incolumità dei lavoratori che, secondo la difesa, sarebbe stata ritagliata sulla scorta di un'assunzione di fatto da parte del C.M., per avere egli esaminato la relazione del progetto, evidenziandone le mancanze e richiedendo la integrazione documentale di cui si è detto.
Tale assunto è, però, resistito dalla semplice considerazione che i giudici del merito hanno recepito, all'esito dell'istruttoria svolta, la ricostruzione dei fatti in chiave accusatoria escludendo espressamente, nei confronti del C.M., qualsivoglia violazione delle norme in materia antinfortunistica, la sua responsabilità per omissione essendo stata correlata alla violazione dei doveri del suo ufficio, specificamente intesi alla vigilanza sull'osservanza delle norme del T.U. edilizia.
Quanto al contenuto del controllo, esso, già analiticamente descritto nel capo d'imputazione, è stato valutato dai giudici del merito senza attribuire al dirigente comunale obblighi di valutazione in ordine alla correttezza tecnica dell'elaborato progettuale. Gli obblighi considerati, infatti, sono quelli propri di tale figura, esattamente delineati nel T.U. edilizia. Né gli obblighi che la legge impone al responsabile del procedimento amministrativo, dirigente del settore comunale interessato, possono ritenersi assorbiti, come pure prospetta la difesa, dalla posizione di garanzia assunta dalla impresa costruttrice, dal progettista incaricato, dal coordinatore per la sicurezza o dal committente: trattasi di piani differenti, nessuno dei quali è in grado di interferire sul decorso causale che l'omissione addebitabile al C.M. ha autonomamente contribuito a innescare. Inoltre, l'imputato risponde anche per la mancata denuncia delle violazioni di cui sopra all'ufficio tecnico regionale, ai sensi dell'art. 69 del T.U. edilizia, sulla quale valga, ancora una volta, un rinvio a quanto sopra esposto.
12.2. L'ulteriore gruppo di censure formulate dalla difesa del C.M. attiene alla incompetenza del settore progettazione ed esecuzione LL. PP. del comune di Reggio Calabria, diretto dal C.M., in materia di vigilanza edilizia.
Nel caso all'esame, è stato accertato che la commissione prefettizia di vigilanza non era stata interpellata e che il comune si era avvalso dei poteri sindacali di cui all'art. 50 del T.U. enti locali. I consulenti del pubblico ministero hanno accertato che, nella prassi di quell'ente locale, l'ufficio sport rilasciava un assenso di massima all'utilizzo del palazzetto che consentiva l'accesso provvisorio, almeno nella fase di montaggio, ma senza un nulla osta dell'ufficio lavori pubblici, il cui parere era reso solo dopo il montaggio della struttura. Sempre sulla scorta della prassi rilevata, era emerso che il giorno dello spettacolo il sindaco rendeva l'ordinanza ai sensi dell'art. 50 cit. e l'ufficio tecnico emetteva un parere dopo la dichiarazione di corretto montaggio e di sopralluogo. Addirittura, in occasione di un precedente concerto della PAUSINI, il parere di quest'ufficio era stato reso dopo l'adozione dell'ordinanza sindacale. Nella specie, non era stato adottato alcun atto conclusivo del procedimento, il crollo essendo avvenuto nella fase del montaggio.
Il Tribunale ha, in maniera del tutto pertinente, messo in risalto la circostanza che, nel caso all'esame, il comportamento del C.M. non era stato esattamente riproduttivo della prassi testé richiamata, avendo egli richiesto l'esibizione del calcolo statico di cui si è detto; egli, inoltre, era stato consapevole della mancata disponibilità, da parte del comune, dei progetti relativi all'impianto sportivo e delle caratteristiche tecniche del parquet sul quale avrebbe dovuto essere posizionata la struttura metallica.
L'adozione degli omessi controlli avrebbe consentito, secondo i giudici del merito, di scongiurare il crollo della struttura, come era accaduto in un caso analogo, nel quale la corretta verifica del piano di posa aveva determinato modifiche al progetto iniziale.
L'assunto difensivo secondo cui al dirigente di quel servizio non poteva essere richiesto di attivare i poteri inibitori se non dopo il montaggio dell'opera o, addirittura, dopo l'adozione dell'ordinanza contingibile e urgente è prospettazione che può aver trovato un appiglio nella prassi locale, siccome ricostruita dai consulenti, ma è stata ritenuta assolutamente illogica dagli esperti (cfr. pag. 64 della sentenza appellata), oltre a risultare incompatibile con i doveri che la legge pone in capo al dirigente chiamato a rendere un parere tecnico, strumentale all'adozione dell'ordinanza sindacale.
Anche le ulteriori doglianze con le quali si sono evidenziate asserite illogicità del percorso giustificativo adottato dai giudici di merito (che, invero, per rilevare in questa sede, devono essere manifestamente tali), non meritano diverso apprezzamento: la circostanza che il progetto conosciuto dal C.M. non fosse quello definitivo non elide la sussistenza del dovere di inibizione già attivabile sulla scorta dell'elaborato ricevuto e valutato come carente dallo stesso dirigente comunale e della constatata violazione, da parte di altri garanti, dell'obbligo di indicare un direttore dei lavori e denunciare l'opera all'ufficio tecnico regionale.
Infine, sul collegamento etiologico tra le omissioni sopra individuate e l'evento verificatosi, anche per quanto attiene al giudizio controfattuale, si rinvia a quanto già precisato al §11 con riferimento alla posizione dell'imputato A.P..
12.3. Da quanto precede deriva la infondatezza del secondo motivo formulato nell'interesse dell'imputato C.M. con riferimento a tutti i temi dedotti.
13. Quanto al reato di cui al capo B). vanno richiamati i principi già elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, per riaffermare che, ai fini della configurabilità del delitto di crollo colposo, è necessario che il crollo della costruzione - inteso quale caduta violenta e improvvisa della stessa, senza che sia necessariamente richiesta la disintegrazione delle strutture essenziali - assuma la fisionomia del disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità e complessità da porre in concreto pericolo la vita e l'incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante; mentre, per la sussistenza della contravvenzione di rovina di edifici di cui all'art. 676, c. 2, cod. pen., non è necessaria una tale diffusività e non si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone (sez. 4, n. 51734 del 8/11/2017, Piacentini, Rv. 271535; n. 2390 del 13/12/2011, dep. 2012, Nonni e altro, Rv. 251749).
Con riferimento al pericolo, per la sussistenza del delitto colposo previsto in base al combinato disposto di cui agli artt. 434 e 449 c.p., è necessario che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità e complessità da porre in concreto pericolo la vita e l'incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, dal momento che il pericolo da esso cagionato deve essere caratterizzato dalla potenzialità di diffondersi ampiamente nello spazio circostante la zona interessata dall'evento, sicché il solo elemento oggettivo del crollo, diversamente da quanto previsto per la contravvenzione di cui all'art. 676 co. 2 cod. pen., non è sufficiente per la configurabilità del delitto in questione. Tale situazione di pericolo, tuttavia, va valutata ex ante, in base ad un giudizio di probabilità circa l'attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero indeterminato di persone, cosicché l'effettività della capacità diffusiva del nocumento (c.d. pericolo comune) deve essere accertata in concreto (cfr. oltre alle sentenze già citate, sez. 4, n. 19342 del 20/2/2007, Rubiera e altri, Rv. 236410, in cui si è precisato che per la sussistenza del pericolo è richiesta solo la prova che dal fatto derivi un pericolo per l'incolumità pubblica, ma non necessariamente quella che ne derivi un danno).
13.1. Ciò posto, in maniera del tutto coerente con tali principi, il Tribunale aveva già precisato che la situazione contingente non poteva far venir meno l'attitudine espansiva del fenomeno a porre in pericolo un numero indeterminato di persone e lo stesso ragionamento è stato ripreso dal giudice del gravame di merito che ha pure evidenziato come la condotta che sostiene il reato in questione può anche essere omissiva (sul punto, si rinvia a sez. 4, n. 46428 del 14/9/2018, A., Rv. 273991, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del direttore dei lavori per aver consentito che questi iniziassero senza la nomina di un responsabile e senza la formazione di un documento di valutazione dei rischi, in zona soggetta a rischio;
n. 2378 del 8/7/2016, dep. 2017, Benedetto e altro, Rv. 268874, in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità degli imputati per non aver controllato, nelle rispettive qualità, l'effettiva realizzazione degli elementi di rinforzo ed irrigidimento previsti dal progetto per consolidare la struttura, in quanto tali accorgimenti avrebbero impedito o almeno in parte evitato il crollo).
13.2. Le doglianze veicolate dalle difese A.P. e ITALSTAGE con il settimo motivo di ricorso, con il quale è stato dedotto un vizio motivazionale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, non introducono una effettiva critica argomentata delle conclusioni rassegnate dai giudici del doppio grado di merito, alla stregua degli elementi costitutivi della fattispecie contestata e ritenuta, ma si fondano su una contestazione del tutto generica, affidata esclusivamente alla trascrizione dei relativi passaggi contenuti nella sentenza impugnata e alla rilevazione del carattere apodittico di essi. Dal che deriva la manifesta infondatezza del settimo motivo formulato nell'interesse dell'imputato A.P. e della ITALSTAGE COMPANY s.r.l.
14. Infine, sono manifestamente infondati tutti i motivi con i quali le difese hanno censurato la dosimetria della pena e il diniego delle attenuanti generiche.
I giudici di merito hanno fatto esplicito riferimento a elementi di giudizio espressamente annoverati tra i parametri legali descritti nell'art. 133 cod. pen., procedendo quelli di appello a una rideterminazione favorevole del trattamento sanzionatorio determinato dal primo giudice.
Quanto al diniego delle generiche, lo stesso è sorretto da idonea giustificazione che si sottrae alle censure difensive ed è del tutto coerente con il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, anche in punto onere motivazionale del giudice: in questa sede è sufficiente ribadire che la ratio della disposizione di cui all'art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, la concessione dovendo essere fondata sull'accertamento di situazione idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza (cfr. sez. 3, n. 9836 del 17/1172015, Piliero, Rv. 266460), anche mediante la sola indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi (cfr. sez. 2 n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/05/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/04/2013, Rv. 256201).
Infatti, il riconoscimento di tali attenuanti rientra nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (cfr. sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737).
15. Tuttavia, il reato di omicidio colposo (commesso il 5/3/2012), ritenuto dal Tribunale nella forma semplice nei confronti degli imputati A.P. e C.M., si è estinto poiché il relativo termine di prescrizione - pari a anni sette e mesi sei - è spirato successivamente alla pronuncia d'appello (18/10/2019). Al termine finale del 5/9/2019, infatti, vanno sommati - ai sensi dell'art. 159, c. 1, cod. pen. - giorni 53 di sospensione ordinaria (per rinvio del procedimento di primo grado, giusta adesione dei difensori all'astensione proclamata dagli organismi di categoria alle udienze del 10/4/2017 e del 15/6/2017, come indicato alla pag. 16 della sentenza di primo grado; e di quello di secondo grado, in accoglimento di istanza di differimento all'udienza del 14/10/2019); al termine del 28/10/2019, così individuato, inoltre, va aggiunto l'ulteriore periodo di giorni 64, ai sensi degli artt. 159, c. 1, cod. pen., 83, c. 4, d. l. n. 18 del 2020, conv. con mod. nella legge n. 27 del 2020 (cfr., sul punto, Sez. unite n. 5292 del 26/11/2020, Sanna), cosicché esso deve ritenersi comunque spirato il 31/12/2020.
16. La sentenza va, dunque, annullata senza rinvio - ai soli effetti penali - nei confronti dei predetti imputati A.P. e C.M., con conseguente rideterminazione della pena in anni uno di reclusione. Tale rideterminazione può essere effettuata da parte di questa Corte di legittimità ai sensi dell'art. 620 lett. I), cod. proc. pen., mediante l'eliminazione di quella determinata dai giudici del merito a norma del primo comma dell'art. 81 cod. pen. per il reato estinto (e pari a mesi quattro di reclusione), trattandosi di operazione che non richiede alcuna valutazione discrezionale. I ricorsi di costoro vanno invece rigettati nel resto.
Al rigetto dei ricorsi degli imputati S.F., F.F. e S.S. e del responsabile civile ITALSTAGE COMPANY s.r.l. segue la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.
Tutte le parti ricorrenti, infine, vanno condannate alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile, A.P., che si liquidano come in dispositivo, unitamente agli accessori secondo legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti di A.P. e C.M. limitatamente al reato di omicidio colposo (capo 1) perché estinto per prescrizione e per l'effetto elimina la relativa pena. Ridetermina la pena per i predetti A.P. e C.M. in anni uno di reclusione. Rigetta i ricorsi di A.P. e C.M. ai fini civili. Rigetta altresì i ricorsi di S.F., F.F., S.S. e ITALSTAGE COMPANY s.r.l. che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna tutte le parti ricorrenti in solido alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile A.P. che liquida in complessivi euro tremila oltre accessori come per legge.
Deciso il giorno 23 marzo 2021.
Collegati
Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014
Palchi per spettacoli ed eventi similari: Stato dell’arte
Cantieri temporanei o mobili: Campo di applicazione / Schemi
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Sentenza CP n. 14636 del 20 aprile 2021.pdf CC 2021 |
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