Analisi trimestrale del sistema energetico italiano II e III trimestre 2022
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Analisi trimestrale del sistema energetico italiano II e III trimestre 2022
ID 18340 | 21.12.2022
Prezzi di gas ed elettricità 2022 oltre cinque volte la media decennale. Record storico della spesa per l’energia nei paesi OCSE.
Nel semestre centrale del 2022 il conflitto in Ucraina e il progressivo inasprimento delle sanzioni imposte dai paesi occidentali alla Russia hanno determinato un’accentuazione della tensione sui mercati dell’energia. La media dei prezzi all’ingrosso del gas e dell’elettricità nei primi nove mesi dell’anno è stata pari ad un aumento di circa il 300% sugli stessi mesi del 2021 - oltre cinque volte le medie decennali - mentre il Brent si è collocato in media annua, poco al di sotto dei massimi storici.
Gran parte degli aumenti di prezzo del gas all'ingrosso sono stati progressivamente recepiti nei contratti dei consumatori, con effetti già rilevanti sull’economia, nonostante la sequenza di misure varate dall’UE per mitigare il caro energia.
L’inflazione è salita a ottobre al 10% nell’Eurozona, a quasi il 13% in Italia. La spesa per l’energia nei paesi OCSE nel 2022 è stimata raddoppiare rispetto al 2021, fino a oltre il 17% del PIL, massimo storico, un dato storicamente anticipatore di una recessione. E in effetti le previsioni di crescita per il 2022 e il 2023 sono state riviste al ribasso, sia per l’Eurozona sia per l’Italia.
Domanda di energia europea in calo dal II trimestre, ma aumentano le emissioni di CO2 (+4%). Mai così lontano l’obiettivo 2030
La dinamica della domanda di energia ha subito una brusca frenata: nell’Eurozona nei primi nove mesi dell’anno si stima un calo dello 0,7%. Nonostante questo sono invece stimate in deciso aumento le emissioni di CO2 dell’area (+4% nei primi nove mesi), per la ripresa dei consumi di carbone (+11%), che anche a livello mondiale torneranno secondo la IEA al massimo storico del 2013. L’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 richiede ora che nei prossimi otto anni si registri una riduzione media annua di oltre il 6%, un calo mai neppure avvicinato in anni di crescita economica positiva.
Nel breve-medio periodo la possibilità per l’Europa di garantire la sicurezza del sistema gas - e di quello dell’elettricità, ad esso strettamente connesso - è legata a una molteplicità di fattori, ma fondamentale sarà la sua capacità di ridurre la domanda. Ma il trend di riduzione registrato nei primi nove mesi 2022 (-10% rispetto al 2021, -7% rispetto alla media degli ultimi 5 anni) non sembra sufficiente per l’ambizioso obiettivo che l’UE si è data di rapido affrancamento dal gas russo, anche se il suo peso è sceso nel 2022 a meno di 1/4 della domanda.
Progressivo rallentamento dei consumi energetici italiani, in calo dal III trimestre. Nel 2022 si va verso un calo maggiore dell’1%
Nei due trimestri centrali dell’anno la dinamica dei consumi di energia ha subito una decisa frenata: dopo il +3% tendenziale del I trimestre i consumi sono cresciuti di circa la metà nel II trimestre e sono passati a una variazione negativa di circa il 2% nel III trimestre. Nell’insieme dei primi nove mesi dell’anno la variazione resta positiva (+0,9%, circa 1 Mtep in più), ma per l’intero 2022 è prevedibile un calo di oltre l’1%. E’ ancora più negativo il dato dei consumi finali di energia, per i quali si stima una variazione nulla nei primi nove mesi dell’anno e si prevede un calo di oltre il 2% nell’insieme del 2022.
Dal II trimestre la dinamica dei consumi di energia ha iniziato a discostarsi da quella dei suoi driver (PIL, produzione industriale, clima, mobilità): l’indice ENEA che sintetizza questi driver risulta in aumento tendenziale di oltre il 2% in tutti e tre i primi trimestri, mentre i consumi di energia sono cresciuti come i driver solo nel primo trimestre e addirittura calati nel terzo. Si tratta di una chiara indicazione di una crescente risposta dei consumi agli alti prezzi dell’energia. Nei prossimi mesi sarà interessante verificare se alla contrazione dei consumi indotta dai prezzi si affiancherà una (più virtuosa) contrazione legata alle misure di risparmio energetico messe in campo anche per garantire la sicurezza del sistema (del gas in primis).
In termini di fonti i primi nove mesi del 2022 hanno visto continuare la risalita dei consumi di petrolio (+3 Mtep, +8%), sebbene con aumenti tendenziali progressivamente più contenuti nei tre trimestri (+3% nel III trimestre). Complessivamente i consumi petroliferi del 2022 dovrebbero risultare inferiori di appena il 3% rispetto al 2019 (erano al -17% nel 2020). Ancora più marcato l’aumento dei consumi di carbone (+2 Mtep nei nove mesi, +47%), che a fine anno torneranno non lontani dai livelli del 2018. In forte calo invece i consumi di gas naturale (-3% nei nove mesi, -8% nel III trimestre) e di fonti rinnovabili (-11% circa in ognuno dei primi trimestri, a causa della performance molto negativa dell’idroelettrico).
La produzione elettrica nazionale è aumentata del 2,3% nei primi nove mesi, con un aumento in particolare della produzione termica (+15 TWh, +12%), necessario per compensare l’aumento della richiesta totale di elettricità (+3 TWh, +1,3%), il leggero calo delle importazioni nette (-1,5 TWh) e soprattutto la produzione idroelettrica straordinariamente bassa (-14 TWh, -25% rispetto al minimo degli ultimi 15 anni). Il dato dell’idroelettrico ha influito molto negativamente sulla performance delle rinnovabili, il cui peso si è fermato nei nove mesi ad appena 1/3 della richiesta totale (bisogna tornare al 2012 per trovare un dato inferiore), nonostante il massimo storico della quota di solare ed eolico (16,3% della richiesta nei nove mesi, 21,7% ad aprile).
In termini di settori, nei nove mesi del 2022 è rimarchevole il calo dei consumi dell’industria (-8%, dovuto in primis a circa 1 Mtep in meno di gas), particolarmente accentuato nel III trimestre (-15%) e degli usi non energetici. Più contenuto il calo del settore civile (-0,5 Mtep, -2%), mentre è continuata la forte ripresa dei trasporti, sebbene a tassi progressivamente più contenuti (+3 Mtep nei nove mesi, pari al +12%, ma “solo” +4% nel III trimestre).
Emissioni di CO2 in aumento del 6% nei primi nove mesi, spinte dalla termoelettrica (+24%). Verso il +2% nel 2022
Il forte aumento dei consumi di petrolio e carbone (che ha riportato le fonti fossili a rappresentare a una quota di oltre il 77% dell’energia primaria, da meno del 75% dei primi nove mesi 2021) ha determinato una nuova forte crescita delle emissioni di CO2, stimate al +6% nei primi nove mesi dell’anno (+3% nel III trimestre) dopo il +9% registrato nel 2021 (rispetto al 2020).
L’aumento delle emissioni di CO2 è dovuto pressoché interamente ai settori ETS, per i quali si stima nei primi nove mesi dell’anno un aumento delle emissioni di circa il 15% su base tendenziale, in decisa controtendenza rispetto al trend degli ultimi anni. A spiegare questo dato il balzo dei consumi di carbone nella termoelettrica e il crollo della produzione idroelettrica (-38% nei nove mesi), che hanno portato l’intensità carbonica dell’elettricità prodotta a circa 280 gr.CO2/kWh (+20% rispetto al minimo del 2020.
Sono invece stimate in aumento di appena l’1% le emissioni dei settori non-ETS (negative nel III trimestre), perché l’aumento dei consumi dei trasporti è stato bilanciato dal forte calo dei consumi di gas nel civile e nell’industria non energivora.
Indice della transizione energetica ai nuovi minimi della serie storica. Mai così lontano l’obiettivo di decarbonizzazione 2030
L’indice della transizione energetica ISPRED (Indice Sicurezza Prezzi Decarbonizzazione), che nel I trimestre dell’anno era sceso al minimo della serie storica, ha fatto registrare due ulteriori variazioni negative nei due trimestri successivi. Nel III trimestre l’indice si colloca a 0,2 (N.B.: l’indice può variare tra 0 e 1), in peggioramento del 60% rispetto a un anno prima.
Prima causa del crollo dell’indice è il forte peggioramento della sua componente Decarbonizzazione, scesa al valore minimo della serie storica perché l’obiettivo di riduzione delle emissioni non è mai stato così lontano: dopo che l’obiettivo è divenuto più ambizioso (-55% entro il 2030) è ora necessario che nei prossimi otto anni si registri una riduzione media annua di oltre il 5%, un tasso quasi triplo di quello che era necessario nel 2019 per raggiungere l’obiettivo fissato allora nel PNIEC.
Ritoccati ancora al rialzo i massimi storici dei prezzi al dettaglio di gas ed elettricità
Seconda causa del forte peggioramento dell’ISPRED sta nei prezzi dell’energia pagati dai consumatori: tutti gli indicatori sono sul valore minimo minimi della serie storica, perché i prezzi di elettricità e gas hanno raggiunto nuovi massimi storici per pressoché tutte le fasce di consumo, sia per le famiglie sia per le imprese. Già nel primo semestre 2022 un’impresa con consumi medio-bassi ha pagato l’elettricità oltre il 60% in più rispetto a un anno prima, il gas il 120% in più. Nell’intero 2022 i prezzi supereranno di ben oltre il 50% i precedenti massimi storici.
Nel caso dei clienti domestici fino a metà anno gli interventi governativi sono riusciti a mitigare maggiormente gli aumenti registrati sui mercati all’ingrosso, ma nel primo semestre i prezzi di elettricità e gas sono comunque già aumentati di circa 1/3 rispetto a un anno prima. Con la più completa traslazione dei prezzi all’ingrosso su quelli al dettaglio si stima che i prezzi medi dell’intero 2022 possano superare di 2/3 i prezzi del 2021.
Se per il gas gli aumenti registrati in Italia sono simili alla media europea, nel caso dell’elettricità in Italia gli aumenti sono stati all’incirca doppi di quelli registrati nell’UE, e in particolare nel caso delle imprese si è allargato il differenziale positivo del prezzo italiano rispetto alla media UE (al massimo storico per il gas, vicino ai massimi per l’elettricità).
Nel prossimo inverno necessarie significative riduzioni preventive dei consumi gas per la sicurezza del sistema gas
Sul fronte della sicurezza energetica, si segnalano la persistenza dipendenza dell’adeguatezza del sistema elettrico da condizioni non scontate (in primis alta disponibilità di import), la fase positiva per la raffinazione, conseguenza però dell’anomala situazione di tensione del mercato dei prodotti, e soprattutto il peggioramento dell’adeguatezza del sistema gas. In vista del prossimo inverno desta particolare attenzione la capacità delle infrastrutture gas di coprire la punta di domanda invernale, perché in uno scenario di completo azzeramento dei flussi dalla Russia (scesi sotto al 20% dell’import totale nei primi nove mesi, ma già quasi a zero a ottobre e novembre), risulterebbe molto difficile coprire una punta di domanda simile a quella dell’ultimo episodio di ondata di freddo (gennaio 2017, quando la domanda delle reti di distribuzione superò i 250 mmc). Affinché non si presentino situazioni di mancata copertura della domanda e necessità di razionamento risulta essenziale che le punte giornaliere di domanda restino al di sotto dei 400 mmc, un’ipotesi tanto più realistica quanto più si realizzano riduzioni preventive dei consumi dell’ordine di quelle auspicate dalla Commissione Europea e da ENTSO-G (-15%).
Significativa discrepanza tra le materie prime critiche per l’UE e quelle centrali per l’economia italiana
Questo numero dell’Analisi trimestrale include un Focus sulle cosiddette “materie prime critiche” (Critical Raw Material, CRM), la cui disponibilità potrebbe risultare un collo di bottiglia per la transizione energetica. L’esame della distribuzione geografica, del rischio di fornitura e dell’importanza economica delle diverse CRM porta a ritenere particolarmente critica la prospettiva di alcuni “ecosistemi industriali” nell’Unione, e tra questi quello delle energie alternative, ma anche, in linea più generale, quello delle tecnologie di miglioramento dell’efficienza energetica. Molto forte appare la dipendenza dell’UE dall’estero per terre rare, metalli del gruppo del platino e litio (100%), per il tantalio (99%) e per il cobalto (86%), con la prospettiva di non poter soddisfare la domanda di energia eolica e veicoli elettrici al 2030. L’analisi evidenzia inoltre come vi sia una significativa discrepanza tra le materie prime considerate critiche dall’UE e quelle che appaiono centrali per l’economia italiana, dove le CRM hanno un’incidenza sul PIL stimata pari al 32%, sull’export pari addirittura all’86%.
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Fonte: ENEA