Sentenza TAR Toscana n. 1194 del 22.08.2019
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Sentenza TAR Toscana n. 1194 del 22.08.2019
Installazione del container poggiato su platea di cemento armato ed il rialzamento del piano di campagna necessitano del rilascio di un permesso di costruire poiché la valutazione è sulla portata complessiva dell'intervento
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SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 197 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da [omissis], in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carmelo D'Antone, Stefano Verita', con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Cuccurullo in Firenze, lungarno A. Vespucci n. 20;
contro
Comune di Ponsacco in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Bimbi, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;
per l'annullamento con l’atto introduttivo del giudizio:
della determinazione dirigenziale n. [omissis] del [omissis], con la quale è stata ordinata la demolizione delle opere consistenti rispettivamente nella trasformazione di una area a destinazione agricola attraverso la posa di stabilizzato, nella installazione in aderenza al confine della proprietàlato nord- di una cabina elettrica di trasformazione e di un container non infisso al suolo, nonché nella realizzazione di una platea in cemento per tombamento di una fossa di confine, finalizzata anche alla posa di una recinzione in rete; e di ogni altro atto conseguente, presupposto e comunque connesso;
e con i motivi aggiunti depositati in data 24 novembre 2010:
- della Determinazione n. [omissis] del [omissis], a firma del Responsabile del 3° Settore - Ufficio Edilizia Privata del Comune di Ponsacco, con la quale si è ingiunto alla [omissis] il ripristino dello stato dei luoghi e la demolizione di tutte le opere individuate nel provvedimento impugnato, ad eccezione della realizzazione della recinzione in pali metallici e rete, lato nuova strada provinciale e della cabina elettrica prefabbricata di trasformazione e a carattere provvisorio, per le quali si è proceduto alla definizione in via amministrativa del procedimento sanzionatorio; nonché di ogni altro atto conseguente, presupposto e comunque connesso.
- del provvedimento di diniego dell'istanza di permesso di costruire in sanatoria, prot. n. [omissis], nella parte in cui non accoglie la domanda di sanatoria, in relazione alle opere di cui ai punti 1, 2, 3 rispettivamente consistenti nella trasformazione di terreno agricolo al fine di destinarlo a piazzale per lo stoccaggio di materiale inerte, nella installazione di container per l'alloggiamento di impianti elettrici e nella realizzazione di opere in muratura consistenti nella creazione di platea in cemento per tombamento fossa di confine a sostegno di sovrastante cordolo in cemento per appoggio di futura recinzione; nonché di ogni altro atto conseguente, presupposto e comunque connesso.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ponsacco;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Per lo svolgimento dell’attività veniva utilizzato lo spiazzo antistante e quello retrostante al capannone nel quale è realizzato il ciclo produttivo, ma stante la necessità di usufruire di una più ampia area per il deposito e la manovra degli automezzi, secondo la narrazione di parte, si rendeva necessario impiegare una ulteriore porzione di terreno, confinante di proprietà del sig. [omissis], padre degli attuali soci e precedente titolare dell’attività, all’epoca esercitata in forma individuale.
A tal fine, su detto terreno, avente destinazione agricola, veniva posato (senza alcun tipo di legante o fondamenta) uno strato di stabilizzato.
Venivano eseguite ulteriori opere di sistemazione dell’area cui faceva seguito un sopralluogo della Polizia municipale che ne contestava l’abusività.
All’esito degli accertamenti della vigilanza ammnistrativa, in data 8.7.2009 il Responsabile del Terzo settore del Comune di Ponsacco, contestava agli interessati che presso il suddetto fabbricato artigianale erano in corso di esecuzione opere edilizie in assenza di titolo abilitativo, consistenti nella realizzazione di una platea in cemento armato con sovrastante cabina elettrica di trasformazione, l’apposizione di un container per l'alloggiamento di altri impianti a corredo, la realizzazione di una platea in cemento per il tombamento del fosso di confine oltre che finalizzata a sostenere il cordolo in cemento armato per l’appoggio della futura recinzione, e la realizzazione di una recinzione - lato strada - in pali e rete.
Dopo aver disposto la sospensione dei lavori, preso atto che dagli interessati non era pervenuto alcuno scritto difensivo, con determinazione n. [omissis] il Comune, ritenuto che fossero stati realizzati interventi edilizi ricadenti in area qualificata come “Territorio Rurale”, ai sensi dell'art. 30 del R.U. all'epoca vigente con conseguente esclusione della possibilità di edificazione, anche ai fini agricoli, ingiungeva sia al Sig. [omissis] che alla [omissis] la totale demolizione delle opere ed il conseguente ripristino dello stato dei luoghi.
L’atto veniva impugnato dalla società chiedendone l’annullamento e deducendo:
1. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 78, 79, 132, 135 della L. reg. n. 1 del 2005. Eccesso di potere per errore sui presupposti e sotto il profilo dello sviamento e della illogicità e della ingiustizia manifesta.
2. Illegittimità dell’ordinanza dirigenziale per eccesso di potere sotto il profilo della carenza assoluta di istruttoria.
Dopo la notifica del ricorso in data 15.02.2010 veniva presentata dalla [omissis] istanza di sanatoria edilizia, corredata da una relazione tecnica, specificando che la richiesta aveva ad oggetto tutte le opere site sulle particelle [omissis] come menzionate nell'ordinanza di demolizione.
Il Comune di Ponsacco inviava comunicazione, ex art. 10 bis L. n. 241/1990, con la quale esponeva i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza evidenziando che la classificazione quale territorio agricolo delle particelle ove erano state realizzate le opere senza titolo e la trasformazione permanente del suolo ostavano all’accoglimento dell’istanza. Faceva seguito il provvedimento del 9.7.2010 con cui veniva denegato l’assenso alla sanatoria, fatta eccezione per la cabina elettrica, stante la prevalenza dell'interesse pubblico alla produzione di energia elettrica.
Tale provvedimento veniva impugnato con ricorso per motivi aggiunti depositati il 24 novembre 2010, affidandone l’accoglimento alle medesime censure già avanzate con l’atto introduttivo del giudizio.
Si costituiva in resistenza il Comune di Ponsacco instando per la reiezione del gravame. Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2019 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
Quanto al ricorso principale se ne deve rilevare la sopravvenuta improcedibilità dal momento che all’atto impugnato ha fatto seguito una nuova attività provvedimentale con la quale il Comune ha in parte accolto l’istanza di sanatoria e in parte nuovamente esercitato i poteri repressivi in materia, reiterando l’ordine di demolizione e rimessa in pristino delle opere ritenute abusive. Né tale dichiarazione di improcedibilità appare idonea a comprimere le opportunità di difesa dell’interessata dal momento che le censure avanzate contro tale atto sono state riprodotte integralmente nel gravame per motivi aggiunti.
La lesione della posizione soggettiva della ricorrente e il suo interesse all’annullamento si è dunque traslato sull’ordinanza n. [omissis] contestata con i motivi aggiunti depositati il 24 novembre 2010.
La difesa dell’amministrazione eccepisce l’inammissibilità di tale gravame per non avere la parte ricorrente impugnato l'atto presupposto, ossia il provvedimento di rigetto parziale dell'istanza di sanatoria emesso dal Comune di Ponsacco in data 9.7.2010.
L’eccezione va disattesa risultando de plano l’impugnazione anche di tale provvedimento.
Il ricorso è comunque infondato nel merito.
Premesso che le opere abusive per le quali non era stato ritenuto applicabile l'art. 140 della l. reg. n. 1/2005 sono state spontaneamente demolite dai destinatari delle ingiunzioni ripristinando lo stato dei luoghi, la ricorrente lamenta che erroneamente il Comune avrebbe disposto la demolizione nel presupposto che, per la realizzazione di tutte le opere eseguite, fosse necessario il permesso di costruire, dal momento che, considerate singolarmente, per alcune opere sarebbe stato sufficiente la mera denuncia di inizio attività (così, ad esempio la recinzione o la poa del container).
Nemmeno potrebbe ritenersi, secondo la prospettazione di parte, che sia stata realizzata una trasformazione permanente del suolo agricolo ove insiste l’attività, con la conseguenza che alla fattispecie sarebbe applicabile l’art. 135 della l. reg. n. 1/2005 il quale prevede in tali casi l’irrogazione di una mera sanzione pecuniaria.
La doglianza non ha pregio.
Giova in primo luogo rammentare che le opere contestate sono consistite nella trasformazione di terreno agricolo con destinazione a piazzale per lo stoccaggio di materiale inerte e elementi prefabbricati attraverso la stesura di uno strato di materiale con rialzamento del terreno di circa 60/70 cm rispetto al piano di campagna originario; l’installazione, in aderenza al confine di proprietà, di un container appoggiato su una platea di cemento armato; la realizzazione sul confine lato nord particelle 257, 95 di opere in muratura consistenti nella creazione di una platea in cemento per tombamento fossa di confine e per il sostegno al sovrastante cordolo in cemento armato in appoggio della futura recinzione, per uno sviluppo lineare di circa 30 metri.
Orbene, è noto che l'impatto dei singoli interventi edilizi sul territorio non può essere valutato nella loro atomistica consistenza, ma va piuttosto considerato nella portata complessiva degli effetti provocati sulla conformazione dell’area interessata. E', pertanto, da escludere che le singole opere abusive realizzate possano avere un trattamento differenziato, rispetto alla sorte prevista per gli abusi principali, (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 05/09/2017, n. 4249; id. sez. III, 3/12/2014, n. 6305).
Gli interventi contestati vanno quindi considerati nel loro complesso come idonei a modificare in modo permanente lo stato dei luoghi restando perciò assoggettati al medesimo regime sanzionatorio.
Appare, inoltre, dirimente, che gli interventi ricadono in una zona per la quale gli strumenti di programmazione territoriale sanciscono l'inedificabilità assoluta.
D’altro canto non può non rilevarsi che, anche singolarmente considerate, per l’esecuzione delle opere eseguite era necessario munirsi di un adeguato titolo.
Così l’installazione del container poggiato su platea di cemento armato, stante la destinazione durevole e non temporanea dello stesso (ammessa dallo stesso ricorrente), necessitava del rilascio di un permesso di costruire, atteso che la possibilità di prescindere da un titolo edilizio ricorre unicamente in presenza di manufatti destinati a soddisfare necessità contingenti e che si prestino ad essere prontamente rimossi al loro cessare.
Altrettanto dicasi per il rialzamento del piano di campagna, essendo pacifico che anche i lavori di sbancamento in assenza di opere in muratura ove modifichino in modo durevole l’ambiente circostante (e, come nel caso di specie, siano realizzate in area a destinazione agricola) necessitano del permesso di costruire (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 25/10/2018, n. 6218; T.A.R. Umbria, 25/07/2018, n. 469).
Da ultimo parte ricorrente lamenta di avere eseguito la platea in cemento per il tombamento della fossa di confine allo scopo di porre in sicurezza l’area assicurando il regolare deflusso delle acque, in conseguenza del rialzamento dell’adiacente piano stradale eseguito dalla Provincia.
La censura non coglie nel segno.
Quand’anche si volesse convenire sulle finalità dell’intervento, pare evidente che esso avrebbe dovuto essere eseguito previo coinvolgimento della Provincia di Pisa, titolare dei poteri in materia, evitando in ogni caso l'alterazione del tracciato del canale originario o la sua tombatura considerato che tale opera impedendo il libero deflusso delle acque potrebbe comportare conseguenze negative sull’assetto idrogeologico dell’area.
In ogni caso, anche per l’esecuzione di questa opera era necessario il preventivo assenso dell'Amministrazione Comunale attraverso il previo rilascio di permesso di costruire.
Il secondo ordine di censure si incentra sulla carenza di istruttoria da cui sarebbero viziati i provvedimenti avversati, avendo l’Amministrazione erroneamente ritenuto che gli interventi siano stati eseguiti interamente su un’area a destinazione agricola.
La tesi non merita adesione.
Gli interventi eseguiti ricadono infatti in una zona per la quale gli strumenti di programmazione territoriale dispongono l'inedificabilità assoluta.
Come è chiaramente esplicitato nelle deduzioni del Comune del 16.9.2010, il terreno su cui le opere sono state realizzate ricade nell'UTOE n. 2 del Piano strutturale per la quale l'art. 28 del Reg. urbanistico stabilisce che “per dette aree, in attesa dell'avvio degli atti di programmazione attuativa da parte dell'Amministrazione Comunale, sia applicata la disciplina di salvaguardia specifica delle "Aree agricole interne alle UTOE" normate dall'art. 46 del R.U.” secondo cui “in tali aree, in ragione del loro residuo carattere rurale, debba essere applicata la disciplina del territorio rurale di cui all'art. 39 e segg. del Reg. Urb. con esclusione della possibilità di edificazione anche ai fini agricoli".
Quanto al terreno, retrostante l'opificio artigianale, questo era stato classificato dal precedente PRG, attraverso una variante specifica, come zona D1, normata dalla scheda 51 dell'art. 18 che consentiva esclusivamente lo stoccaggio ed il deposito di materiali inerti senza possibilità di edificazione alcuna.
Viene, inoltre, lamentato che i provvedimenti impugnati si porrebbero in contraddizione con il permesso di costruire in sanatoria rilasciato alla società nel 2008.
In realtà la sanatoria aveva ad oggetto interventi realizzati in assenza di titolo, compreso uno spazio per stoccaggio degli inerti, ma insistente sulle particelle [omissis] che non sono ricomprese in quelle oggetto dei provvedimenti repressivi emessi dall’amministrazione.
In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso per motivi aggiunti va respinto, seguendo le spese del giudizio la soccombenza, come in dispositivo liquidate.
P.Q.M.
- dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale;
- respinge i motivi aggiunti depositati il 24 novembre 2010.
Pone a carico della parte ricorrente le spese processuali liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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