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TARI - Fabbisogni standard - Art. 1 co. 653 Legge n. 147 del 2013

ID 23441 | | Visite: 101 | Documenti riservati Full PlusPermalink: https://www.certifico.com/id/23441

TARI   Fabbisogni standard Linee guida 2025

TARI - Fabbisogni standard - Art. 1 co. 653 Legge n. 147 del 2013 / Aggiornamento Linee guida 2025

ID 23441 | 10.02.2025 / Linee guida in allegato

Aggiornamento delle linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013 per supportare gli enti locali che devono approvare i piani finanziari e le tariffe della TARI per l'anno 2025.

Il comma 653 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, prevede che “a partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”.

Il costo del servizio rifiuti deve essere interamente finanziato dal relativo prelievo, la tassa sui rifiuti (TARI), istituita con la stessa legge n. 147 del 2013, che può essere declinata anche in termini di tariffa corrispettiva ai sensi dell’art. 1, comma 668 della legge medesima.

Successivamente, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) ha definito i criteri di calcolo e riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento con la deliberazione 31 ottobre 2019, n. 443 (e il relativo allegato MTR), approvando, in seguito, con la deliberazione del 3 agosto 2021, n. 363, aggiornata dalla deliberazione del 3 agosto 2023 n. 389, il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 (MTR-2).

Il nuovo Metodo prevede l’uso del fabbisogno standard di cui all’art. 1, comma 653, della legge n. 147 del 2013 come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani, in particolare per la determinazione del coefficiente di recupero di produttività Xa (Art. 5 dell’Allegato A), nonché per le valutazioni relative al superamento del limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie per assicurare il raggiungimento dei previsti miglioramenti di qualità ovvero per sostenere il processo di integrazione delle attività gestite (Art. 4 dell’Allegato A).

Si ricorda che le risultanze dei fabbisogni standard sono a oggi disponibili solo per le regioni a statuto ordinario. Pertanto, la norma recata dal comma 653 in questione non è applicabile nei confronti dei comuni delle regioni a statuto speciale.

Il presente documento, predisposto con la collaborazione di IFEL e di Sogei S.p.A., ha la finalità di inquadrare il contesto applicativo dei provvedimenti in esame e facilitarne l’attuazione da parte dei comuni per l’eventuale revisione dei piani finanziari relativi al 2025. Vale la pena di evidenziare che nel caso in cui gli enti locali abbiano già approvato le tariffe della TARI, in assenza della pubblicazione delle presenti linee guida, possono intervenire successivamente e comunque nel rispetto del termine di approvazione del bilancio di previsione, per tener conto delle risultanze dei fabbisogni standard.

Si conferma, in generale, la prassi interpretativa delle precedenti linee guida, secondo cui i fabbisogni standard del servizio rifiuti rappresentano un paradigma obbligatorio di confronto per permettere all’ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio. Di conseguenza, il richiamo alle “risultanze dei fabbisogni standard” operato dal comma 653 deve essere letto in coordinamento con il complesso procedimento di determinazione dei costi e di successiva ripartizione del carico della TARI su ciascun contribuente. Per la concreta attuazione del comma 653 resta necessario, quindi, che il comune prenda cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Va osservato, in proposito, che l’attività di regolazione del servizio affidata ad ARERA, avviata con la delibera n. 443/2019 e successivamente aggiornata con le delibere n. 363/2021 e n. 389/2023, modifica il quadro della discrezionalità riservato al comune in quanto responsabile del servizio rifiuti, orientandolo alla verifica del rispetto dei criteri innovati in materia di determinazione dei costi da parte dei gestori nell’ambito del Piano economico finanziario (PEF). Le risultanze dei fabbisogni standard del servizio rifiuti rappresentano, quindi, un valore di riferimento obbligatorio ai fini dei citati art. 4 e 5 del MTR, allegato alla delibera ARERA n. 443/2019, per ciò che riguarda la determinazione del coefficiente di recupero di produttività e le valutazioni relative al superamento del limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie.

Fatte queste premesse, nel resto del documento si forniscono le indicazioni per il calcolo del fabbisogno standard di ciascun comune (o gruppo di comuni) in linea con le componenti del costo standard per tonnellata approvate dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) in data 18 novembre 2019 e con l’aggiornamento dei dati relativi ai fabbisogni standard elaborato nel corso del 2024 e approvato dalla CTFS in data 17 settembre 2024.1

Come già in passato, il riferimento al nuovo impianto metodologico di determinazione dei fabbisogni standard e all’aggiornamento dei dati prescinde dal suo utilizzo ai fini della determinazione della componente perequativa del Fondo di solidarietà comunale (FSC), stante anche la neutralizzazione degli effetti perequativi generati dai fabbisogni standard del servizio di smaltimento rifiuti rispetto alla capacità fiscale TARI.

Il fabbisogno standard finale di ogni comune è il risultato del prodotto di due grandezze:

- il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti;
- le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio.

Per l’individuazione delle “risultanze dei fabbisogni standard” si fa riferimento al “costo standard” di gestione di una tonnellata di rifiuti, calcolato sulla base di un modello statistico di regressione che mette in relazione i costi osservati in un ampio campione rappresentativo di comuni con le rispettive variabili gestionali e di contesto che influiscono sul costo stesso. Tali componenti di costo colgono gli aspetti statisticamente rilevanti per la differenziazione del costo standard di riferimento – sulla base sia delle caratteristiche del servizio offerto sia di quelle del comune – e sono riportate nelle colonne 1 e 3 della Tabella 3.1 disponibile nell’Allegato 1.3

Di seguito si elencano le componenti del costo standard riportate nella Tabella 3.1 con una breve descrizione del loro significato economico.

Il parametro di base è la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti, stima che nel modello è rappresentata dal valore dell’”intercetta” della retta di regressione del costo per tonnellata di rifiuti: tale valore è pari a 130,45 euro.

Per ottenere il costo standard di riferimento di ogni comune, a tale valore base occorre aggiungere i differenziali di costo relativi alle seguenti componenti:

- la percentuale di raccolta differenziata, inserita con una specificazione non lineare volta a descrivere la curva dei livelli di raccolta differenziata sperimentata nei comuni delle regioni a statuto ordinario analizzati. In relazione alla posizione che ciascun comune ha raggiunto in questa curva, l’impatto della componente sul costo standard del servizio è differente: da rilevanti incrementi di costo per bassi valori della percentuale di raccolta differenziata si passa a costi unitari che crescono meno per le percentuali più alte;
- la distanza in km fra il comune e gli impianti cui vengono conferite le differenti tipologie di rifiuti urbani (1 km di distanza aumenta il costo standard di 0,18 euro per tonnellata);
- il numero e la tipologia degli impianti regionali, ad esempio, per ogni impianto di trattamento meccanico biologico il costo standard aumenta di 4,17 euro per tonnellata;
- la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali, ad esempio, un punto percentuale di rifiuti urbani smaltiti nelle discariche della regione di appartenenza riduce il costo standard di 0,22 euro per tonnellata;
- la forma di gestione del servizio rifiuti, in particolare, la gestione associata del servizio mostra mediamente un costo standard più alto di 5,82 euro per tonnellata rispetto alla gestione diretta;
- i fattori di contesto del comune relativi alle principali caratteristiche, costanti nel tempo o mutevoli solo nel lungo periodo, del contesto demografico, morfologico ed economico comunale (età media della popolazione, percentuale di residenti con titolo universitario, densità media della popolazione, reddito medio complessivo imponibile IRPEF), attraverso le quali è possibile cogliere l’eterogeneità comunale non direttamente legata alle modalità gestionali del servizio, ovvero le specificità del singolo comune (ad esempio, 100 abitanti in più per km quadrato aumentano il costo standard per tonnellata di 0,5219 euro);
- le economie/diseconomie di scala, colte attraverso l’inverso delle tonnellate di rifiuti urbani, che assumono rilevanza sostanziale solo nel calcolo finale del costo standard dei piccolissimi comuni, con una ridotta quantità di rifiuti urbani, in quanto evidenzia la stima di un costo fisso, indipendente dalla quantità di rifiuti urbani gestiti, pari a 1.318,12 euro;
- le modalità di raccolta dei rifiuti urbani, distinte in domiciliare o “porta a porta”, mediante centri di raccolta e su chiamata (la presenza di centri di raccolta, ad esempio, riduce il costo standard di 31,95 euro per tonnellata);
- il cluster o gruppo omogeneo di appartenenza del comune, che corrisponde al coefficiente riportato nella Tabella 3.1 moltiplicato per la probabilità che il comune ha di appartenere a ciascun gruppo. Per i comuni appartenenti unicamente al Cluster 4 (comuni con medio-alto livello di benessere e attrazione economica localizzati nelle zone pianeggianti del nord-est), preso a riferimento della stima, l’apporto è nullo, mentre per ciascuno degli altri gruppi omogenei si evidenzia l’apporto in euro per tonnellata.

[...] Segue in allegato

Fonte: MEF

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