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Europe, Rome

Inquinamento indoor: aspetti generali e casi studio in Italia

ID 22253 | | Visite: 993 | Documenti Ambiente ISPRAPermalink: https://www.certifico.com/id/22253

Inquinamento indoor   aspetti generali e casi studio in Italia

Inquinamento indoor: aspetti generali e casi studio in Italia / ISPRA 2010

ID 22263 | 14.07.2024 / In allegato

L’esposizione agli inquinanti dell’aria rappresenta un rischio per il benessere e la salute dell’uomo e degli ecosistemi. A livello internazionale si è sviluppata una forte attenzione per l’inquinamento atmosferico dell’aria ambiente (outdoor) che ha portato, attraverso l’adozione di idonee misure quali il controllo delle emissioni degli inquinanti atmosferici, la riduzione o l’eliminazione di alcuni componenti inquinanti nei combustibili, l’individuazione delle concentrazioni massime consentite, ad una significativa riduzione di alcuni contaminanti nell’ambiente atmosferico.

La considerazione che la popolazione, soprattutto nelle aree urbane, trascorre la maggior parte del tempo in ambienti chiusi (indoor) ha indotto la comunità scientifica internazionale ad occuparsi della contaminazione dell’aria negli ambienti di vita: l’inquinamento indoor può causare effetti indesiderati che vanno dal disagio sensoriale a gravi conseguenze sullo stato di salute. Si menzionano, a tal proposito, le patologie correlate all’inquinamento indoor:

- Sick Building Syndrome (SBS), ovvero sindrome dell’edificio malato, e
- Building Related Illness (BRI).

La prima si manifesta con sintomi aspecifici ma ripetitivi e non correlati ad un agente in particolare. Tali sintomi si manifestano in una elevata percentuale di soggetti, con particolare frequenza in quelli che lavorano in ufficio [Woods et al., 1987], scompaiono o si attenuano dopo l’uscita dai locali e non sono accompagnati da reperti obiettivi rilevanti. Proprio l’assenza di reperti obiettivi, focalizza il problema sulla adeguatezza della qualità dell’aria, intesa come soddisfacimento delle proprie aspettative e raggiungimento di uno stato di benessere. Infatti è difficile poter affermare che vi sia una vera e propria “malattia” causata dalla permanenza in edifici malati, mentre è certo che vi si può avvertire malessere e senso di irritazione. Il giudizio espresso dagli occupanti è quindi l’unico modo per avere informazioni relative al comfort e ai sintomi aspecifici della Sick Building Syndrome.

Il termine BRI viene invece attribuito ad alcune patologie per le quali vi è una diretta correlazione con la permanenza all’interno di un edificio e per le quali si conosce lo specifico agente eziologico che ne è la causa.

Tra le più comuni troviamo la legionellosi, la febbre da umidificatore, l’alveolite allergica, l’asma e l’avvelenamento da monossido di carbonio, ma in generale interessano solo un numero limitato di persone. Il principale fattore che ha portato ad accrescere l’esposizione all’inquinamento indoor negli ultimi cinquant’anni è senz’altro la migrazione della popolazione verso le città (e la conseguente tipologia di urbanizzazione e di edilizia residenziale che si è perseguita) e la progressiva “terziarizzazione” delle attività: numerose indagini sull’utilizzo del tempo da parte di diversi gruppi di popolazioni nei paesi maggiormente sviluppati hanno rivelato che le persone trascorrono pochissimo tempo all’aperto; la maggiore parte del tempo viene trascorsa a casa, in ufficio, a scuola, sui mezzi di trasporto. Pertanto la fonte di esposizione principale ad alcuni inquinanti atmosferici è rappresentata dalla contaminazione dell’aria indoor. Il problema è ancora più importante per alcune fasce di popolazione particolarmente sensibili (gli anziani, i bambini, persone con patologia respiratorie).

Cosa si intende per ambiente indoor

Nel presente lavoro è stata condotta una analisi degli studi relativi alla presenza di inquinanti atmosferici indoor in diverse tipologie di ambienti confinati e sulla base di tali studi sono state individuate le sostanze o le tipologie di sostanze che più frequentemente ricorrono e il livello di concentrazione riscontrato.

Va innanzitutto rilevato che per ambienti indoor si intendono gli ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali (per quelli industriali vige una specifica normativa), ed in particolare, quelli adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto [Accordo del 27/09/2001 tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome]. Secondo questo criterio, l’ambiente indoor comprende: 

- le abitazioni, 
- gli uffici pubblici e privati,
- le strutture comunitarie (ospedali, scuole, caserme, alberghi, banche, etc.),
- locali destinati ad attività ricreative e/o sociali (cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive, etc.)
- mezzi di trasporto pubblici e/o privati (auto, treno, aereo, nave, etc.).

Si tratta quindi di ambienti nei quali la popolazione trascorre gran parte del proprio tempo subendo, di conseguenza, un prolungato contatto con le potenziali sorgenti di inquinamento. Studi condotti in paesi altamente industrializzati quali gli Stati Uniti, hanno rivelato che la popolazione trascorre una parte molto rilevante del proprio tempo (fino al 90%) [U.S.EPA, 1989] negli ambienti confinati come le abitazioni, edifici pubblici e privati e mezzi di trasporto.

Questa alta percentuale, insieme all’evidenza che in tali paesi la popolazione già da tempo vive in ambienti per la maggior parte climatizzati e quindi termicamente isolati, ha condotto a studi avanzati, da circa vent’anni, sulla questione del problema dell’inquinamento dell’aria indoor.

In Italia, secondo una ricerca condotta nel 1998 su un campione di popolazione di Milano, nei giorni feriali la popolazione impiegata in ufficio trascorre in media il 59% del tempo a casa, il 35% in ufficio ed il 6% nei tragitti casa-ufficio [Carrer et al., 2000].

Per alcuni gruppi di persone come bambini, anziani, e malati la percentuale di tempo trascorsa in casa è ancora più alta.

Un altro studio del 1998, condotto nel Delta del Po ha dimostrato che le persone trascorrono l’84% del loro tempo giornaliero all’interno di ambienti confinati (di cui il 64% in casa), il 3,6% in transito e solo il 12% all’aperto [Simoni et al., 1998].

Gli studi condotti in questi ultimi decenni hanno documentato profondi cambiamenti sia qualitativi che quantitativi dell’aria indoor, con un progressivo aumento in assoluto delle sostanze inquinanti e dei relativi livelli nell’aria. In seguito alla crisi delle risorse energetiche mondiali, si sono imposti nuovi criteri tecnico-progettuali per gli edifici ad uso civile. La necessità di contenere i consumi per il riscaldamento e per il condizionamento ha imposto un migliore isolamento termico degli edifici, con conseguente spinta a sigillare gli ambienti interni ed a sostituire le modalità naturali di aerazione ed illuminazione con mezzi artificiali. Alle trasformazioni strutturali degli edifici si sono accompagnate modifiche rilevanti degli arredi (nuovi materiali per mobili, rivestimenti, ecc.) e degli strumenti di lavoro e di ricreazione.

Inquinanti dell’aria indoor e fonti

Gli inquinanti indoor sono numerosi e possono essere originati da diverse sorgenti. La loro concentrazione può variare nel tempo e dipende dalla natura della sorgente, dalla ventilazione, dalle abitudini e dalle attività svolte dagli occupanti negli ambienti interessati.

La composizione dell’aria indoor è spesso caratterizzata da una miscela di composti molto variabile rispetto a quanto riscontrabile nell’aria atmosferica esterna.

A volte si registrano valori di concentrazione di inquinante all’interno superiori a quelli presenti nello stesso momento all’esterno dell’ambiente o, più comunemente, si riscontra la presenza di sostanze inquinanti non rilevabili all’esterno. Va inoltre considerato che, anche se a basse concentrazioni, la presenza di contaminanti negli ambienti confinati può avere un importante impatto sulla salute e sul benessere degli occupanti a causa di esposizioni di lunga durata.

Il rischio, infatti, più che alla concentrazione di inquinanti, in generale molto bassa, è legato all’esposizione, ovvero alla concentrazione integrata nel tempo. Ricordando che il tempo di permanenza medio in un ambiente confinato raggiunge l’80-90% del tempo giornaliero disponibile, ben si comprende come questo costituisca un aspetto chiave nella valutazione degli effetti dell’inquinamento indoor.

Tra le fonti di inquinanti più comuni troviamo il fumo di tabacco, i processi di combustione, i prodotti per la pulizia e la manutenzione della casa, gli antiparassitari, l’uso di colle, adesivi, solventi etc.., l’utilizzo di strumenti di lavoro quali stampanti, plotter e fotocopiatrici e prodotti per l’hobbistica (es. colle e vernici).

Anche le emissioni dei materiali utilizzati per la costruzione (es. isolamenti contenenti amianto) e l’arredamento (es. mobili fabbricati con legno truciolato, con compensato o con pannelli di fibre di legno di media densità, oppure trattati con antiparassitari, ma anche moquette e rivestimenti) possono contribuire alla miscela di inquinanti presenti. Infine, il malfunzionamento del sistema di ventilazione o una errata collocazione delle prese d’aria in prossimità di aree ad elevato inquinamento (es. vie ad alto traffico, parcheggio sotterraneo, autofficina, ecc.) possono determinare un’importante penetrazione di inquinanti dall’esterno.

I sistemi di condizionamento dell’aria possono, inoltre, diventare terreno di coltura per muffe e altri contaminanti biologici e diffondere tali agenti in tutto l’edificio.
[---]

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Tags: Ambiente Abbonati Ambiente Guida ISPRA

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