Interpello ambientale 17.07.2023 - Matrici materiali di riporto
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Interpello ambientale 17.07.2023 - Matrici materiali di riporto
ID 21430 | 27.02.2024 / In allegato Testo interpello Ambientale
L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)
1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.
2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
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Interpello ambientale 17.07.2023
Con la nota acquisita da questa Amministrazione con prot. 6405 del 17 gennaio 2013, a cui ha fatto seguito la nota, acquisita con prot. 43643, del 22 marzo 2023, codesta Associazione ha formulato alcuni quesiti, ai sensi dell’art. 3–septies, d.lgs. n. 152/2006, con riferimento all’applicazione dell’art. 3, d.l. 25 gennaio 2012, n. 2, in tema di matrici materiali di riporto.
In particolare, Confindustria ha rilevato che “l’obbligo di verificare la conformità delle matrici materiali di riporto ai limiti del test di cessione, introdotto dal d.l. 69/2013, è entrato in vigore il 22 giugno 2013 quando gran parte dei siti erano già stati caratterizzati e dunque non risultava applicabile, sulla base del principio tempus regit actum, ai procedimenti pendenti al 22 giugno 2013 per i quali fosse già stato approvato alla medesima data il piano della caratterizzazione ai sensi dell’art. 242 del TUA – che, come detto, il testo normativo oggi vigente, in forza delle modifiche apportate dall’art. 37 del c.d. “Decreto Semplificazioni – bis” (d.l. 31.5.2021, n. 77, convertito dalla legge 29.7.2021, n. 108), prevede, al comma 3 del citato articolo 3, che le matrici materiali di riporto siano in ogni caso gestite nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili per l’utilizzo dell’area senza rischi per la salute e per l’ambiente, indipendentemente dalla loro conformità ai limiti del test di cessione”.
In considerazione di quanto sopra, Confindustria “ritiene che il dettato normativo dell’articolo 3 del d.l. 2/2012 debba essere interpretato nel senso di non ritenersi applicabile il comma 2 ai procedimenti pendenti al 22 giugno 2013 per i quali fosse stato già approvato alla medesima data il piano della caratterizzazione. Nell’ambito di tali procedimenti le matrici materiali di riporto continueranno ad essere gestite nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute e per l’ambiente”.
Analisi normativa
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Preliminarmente, occorre accennare sinteticamente all’evoluzione della disciplina in materia di matrici materiali di riporto, a partire dalle modifiche introdotte all’art. 3 del d.l. n. 2/2012 con il d.l. n. 69/2013 (entrato in vigore il 22 giugno 2013), convertito nella l. n. 98/2013.
Il testo dell’art. 3, previgente le modifiche apportate dal d.l. n. 69/2013, così disponeva:
“1. Ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al «suolo» contenuti all'articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all'allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo.
2. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all'articolo 49 del decreto- legge 24 gennaio 2012, n. 1, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei.
3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 del presente articolo, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all'articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
4. All'articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la parola: «suolo» sono inserite le seguenti: «, materiali di riporto»”.
In data 21 settembre 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 221 il Decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 10 agosto 2012, n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo”, successivamente abrogato dalla data di entrata in vigore del DPR 13 giugno 2017, n. 120 “Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164” (G.U. n. 183 del 7 agosto 2017).
Dunque, alla data del 22 giugno 2013 era applicabile la disciplina di cui al DM n. 161 del 2012 in merito ai materiali di riporto utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati.
Con le modifiche previste dall’art. 41 del d.l. n. 69/2013, è stata introdotta una nuova definizione di matrici materiali di riporto (art. 3, comma 1, d.l. n. 2/2012). In base a tale nuova definizione, le matrici materiali di riporto sono costituite da una “miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.
Inoltre, con l’art. 41 del d.l. n. 69/2013, i commi 2 e 3 dell’art. 3 del d.l. n. 2/2012 sono stati sostituiti dai seguenti:
“ 2. Fatti salvi gli accordi di programma per la bonifica sottoscritti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione che rispettano le norme in materia di bonifica vigenti al tempo della sottoscrizione, ai fini dell’applicazione dell’articolo 185, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo n. 152 del 2006, le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione effettuato sui materiali granulari ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1998, n. 88, ai fini delle metodiche da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, e, ove conformi ai limiti del test di cessione, devono rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati” (comma 2).
3. Le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione sono fonti di contaminazione e come tali devono essere rimosse o devono essere rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti o devono essere sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute” (comma 3).
Con il d.l. n. 77/2021, convertito nella l. n. 108/2021, sono state introdotte ulteriori modifiche all’art. 3, d.l. n. 2/2012.
In base all’art. 3, commi 2 e 3, d.l. n. 2/2012, come modificato dal d.l. n. 77/2021 “fatti salvi gli accordi di programma per la bonifica sottoscritti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione che rispettano le norme in materia di bonifica vigenti al tempo della sottoscrizione, ai fini dell’applicazione dell’articolo 185, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo n. 152 del 2006, le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione effettuato sui materiali granulari ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1998, n. 88, ai fini delle metodiche e dei limiti da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee e devono inoltre rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica di siti contaminati” (comma 2).
Le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione sono gestite nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute e per l’ambiente” (comma 3).
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Per quanto concerne le procedure di bonifica, si ritiene opportuno richiamare le seguenti disposizioni del D.Lgs. n. 152 del 2006:
- art. 242, comma 3 (in merito al piano di caratterizzazione”: “3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione”.
- art. 242, commi 4, 5 e 6 (in merito all’analisi di rischio): “4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
5. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:
a) i parametri da sottoporre a controllo;
b) la frequenza e la durata del monitoraggio.
6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7”.
- art. 242, comma 7 (in merito al progetto di bonifica). “7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito”.
- l’Allegato 2, Titolo V, Parte IV, D.Lgs. 152/2006, per quanto di interesse prevede quanto segue:
“ALLEGATO 2 - CRITERI GENERALI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI
PREMESSA
La caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. Le attività di caratterizzazione devono essere condotte in modo tale da permettere la validazione dei risultati finali da parte delle Pubbliche Autorità in un quadro realistico e condiviso delle situazioni di contaminazione eventualmente emerse.
Per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l’intero processo costituito dalle seguenti fasi:
1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito.
2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.
3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti.
4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.
5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo.
6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si rendessero successivamente necessari a seguito dell’analisi di rischio- calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato 1.
La Caratterizzazione ambientale, sarà avviata successivamente alla approvazione da parte delle Autorità Competenti del Piano di indagini di cui al punto 1 e si riterrà conclusa con l’approvazione, in unica soluzione, da parte delle Autorità Competenti dell’intero processo sopra riportato, al termine delle attività di cui al punto 5 nel caso di non superamento delle CSC e al termine dell’attività di cui al punto 6 qualora si riscontri un superamento delle suddette concentrazioni”.
“ELABORAZIONE DI UN MODELLO CONCETTUALE DEFINITIVO DEL SITO
L’elaborazione di un Modello Concettuale Definitivo del sito è mirata alla rappresentazione dell’interazione tra lo stato di contaminazione del sottosuolo, ricostruita e rappresentata conformemente al paragrafo precedente, e l’ambiente naturale e/o costruito.
Il Modello Concettuale costituisce pertanto la base per l’applicazione dell’Analisi di Rischio che dovrà verificare gli scenari di esposizione in esso definiti.
Il Modello Concettuale Definitivo include:
• le caratteristiche specifiche del sito in termini di stato delle potenziali fonti della contaminazione (attive, non attive, in sicurezza, ecc.);
• grado ed estensione della contaminazione del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee del sito e dell'ambiente da questo influenzato; a tale fine dovranno essere individuati dei parametri specifici di rappresentazione (ad esempio; concentrazione media della sorgente secondaria di contaminazione);
• percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati nello scenario attuale (siti in esercizio) o nello scenario futuro (in caso di riqualificazione dell’area)”.
Riscontro al quesito
Codesta Associazione ritiene - in sintesi, sulla base dell’interpretazione normativa proposta - non applicabile il test di cessione introdotto dal d.l. n. 69/2013 “ai procedimenti pendenti al 22 giugno 2013 per i quali fosse stato già approvato alla medesima data il piano della caratterizzazione”.
Inoltre, ad avviso di Confindustria, “Nell’ambito di tali procedimenti le matrici materiali di riporto continueranno ad essere gestite nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute e per l’ambiente”.
Pertanto, con riferimento ai procedimenti pendenti alla data del 22 giugno 2013 per i quali sia intervenuta l’approvazione del piano di caratterizzazione, Confindustria sostiene:
- che non vada applicato l’art. 3, comma 2, del d.l. n. 2/2012 come modificato dal d.l. n. 69/2013;
- che sia applicabile l’art. 3, comma 3, del d.l. n. 2/2012 come modificato dal d.l. n. 77 del 2021.
In ordine all’applicazione del vigente art. 3, comma 3, del d.l. n. 2/2012, come da ultimo modificato dal d.l. n. 77/2021, convertito in legge n. 108/2021, vale evidenziare che la disposizione in esame così testualmente prevede: “Le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione sono gestite nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute e per l’ambiente”.
L’interpretazione letterale di tale comma 3 porta, pertanto, a ritenere che esso trovi applicazione solo alle matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione e, quindi, presupponga l’esecuzione del test di cessione. Siffatta interpretazione trova fondamento in ragione della unitarietà della disciplina sui materiali di riporto introdotta a partire dalla novella del 2013, la quale - superando la previgente disciplina che si basava sulla definizione di sottoprodotto (art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2006, D.M. n. 161/2012) - (i) ha introdotto la definizione espressa di matrice materiale di riporto (comma 1); (ii) ha previsto il test di cessione “ai fini dell'applicazione dell'articolo 185, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo n. 152 del 2006” (comma 2); (iii) ha, infine, individuato le forme di gestione dei materiali di riporto non conformi al test di cessione “nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli, utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili” (comma 3).
In ordine all’applicabilità dell’art. 3, comma 2, del d.l. n. 2 del 2012, come modificato dal d.l. n. 69 del 2013, che, come già detto, ha introdotto il test di cessione sulle matrici materiali di riporto, si rimettono le seguenti osservazioni.
Com’è noto, la corretta applicazione del principio tempus regit actum “comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24 ottobre 2022, n. 9045).
Nel caso di specie, in applicazione di tale principio, si ritiene che ai procedimenti di bonifica pendenti al 22 giugno 2013, per i quali il processo di caratterizzazione non sia stato concluso alla data di entrata in vigore del d.l. n. 77/2021, trovi applicazione l’art. 3, commi 2 e 3, d.l. n. 2/2012, nella versione vigente.
Quanto sopra in conformità al quadro normativo di riferimento, in base al quale l’approvazione del piano di caratterizzazione (i.e. piano delle indagini) non esaurisce il processo di caratterizzazione, il quale si conclude:
1) con la conclusione del procedimento di bonifica, nel caso in cui gli esiti della caratterizzazione restituiscano la conformità alle CSC di riferimento anche per una sola matrice (suolo o acqua sotterranee);
2) con l’approvazione dell’analisi di rischio, qualora gli esiti della caratterizzazione restituiscano la non conformità alle CSC di riferimento (v. d.lgs. n. 152/2006, parte IV, titolo V, Allegato 2).
In tale senso l’allegato II, Titolo V, Parte IV, D.Lgs. n. 152 del 2006, sopra riportato.
L’approvazione del piano di caratterizzazione (costituito in linea tecnica dal piano delle indagini e dal modello concettuale preliminare del sito), pertanto, non costituisce una fase autonoma del procedimento tale da risultare insensibile alla normativa sopravvenuta sui materiali di riporto, la quale ha la finalità di approfondire il quadro ambientale “per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee” e, quindi, ricostruire funditus il Modello Concettuale Definitivo del sito che - ex lege - costituisce la base per l’applicazione dell’analisi di rischio e, in ultima analisi, del progetto di bonifica. Pertanto, in assenza del test di cessione sulla matrice materiali di riporto la ricostruzione del quadro ambientale, sulla cui base determinare gli obiettivi di bonifica (CSR), non può definirsi completo.
Alla luce di quanto sopra, il principio tempus regit actum impone l’applicazione della normativa sopravvenuta al momento della valutazione del documento di analisi di rischio, poiché esso deve avere alla propria base un modello concettuale definitivo.
Né può ritenersi che il fattore temporale (approvazione del piano di caratterizzazione alla data del 22 giugno 2013) possa avere determinato un legittimo affidamento nel proponente. Vale in proposito richiamare quanto previsto dall’ art. 242, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006, ai sensi del quale “entro sei mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell’analisi di rischio”.
Le conclusioni sopra esposte trovano ulteriore conferma nella lettera dell’art. 3, comma 2, del d.l. n. 2/2012, come modificato dall’art. 41 del d.l. n. 69/2013, il quale prevede che sono “Fatti salvi gli accordi di programma per la bonifica sottoscritti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione che rispettano le norme in materia di bonifica vigenti al tempo della sottoscrizione”. Sicché, sembrerebbe che il d.l. n. 69 del 2013, nell’introdurre il test di cessione sui materiali di riporto in termini di obbligatorietà (“le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione”), abbia espressamente “Fatti salvi gli accordi di programma per la bonifica sottoscritti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione” e non anche altre fattispecie.
Fonte: MASE
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