Sentenza 8 maggio 2019 CURIA
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Sentenza 8 maggio 2019 CURIA
La Corte di Giustizia Ue conferma che gli inceneritori rientrano nella gerarchia per la gestione dei rifiuti.
La normativa nazionale (come il decreto cd “Sblocca Italia” Decreto-legge del 12 settembre 2014, n. 133 (GURI n. 212 del 12 settembre 2014) deve prevedere la Vas.
Alcune associazioni ricorrono al Tar Lazio sul DPCM 10 agosto 2016
L’articolo 35 del decreto-legge del 12 settembre 2014, n. 133 (GURI n. 212 del 12 settembre 2014), convertito con modificazioni dalla legge dell’11 novembre 2014, n. 164 (supplemento ordinario alla GURI n. 262 dell’11 novembre 2014), al comma 1 dispone quanto segue:
Sulla base di tale disposizione è stato adottato il DPCM 10 agosto 2016.
La questione oggetto di sentenza
Il decreto oggetto della controversia prevede il potenziamento dei 40 impianti esistenti e la costruzione di otto nuovi inceneritori con una previsione di aumento dai 6,2 milioni di tonnellate annue attualmente incenerite di ulteriori 2,8 milioni di tonnellate annue. Secondo i ricorrenti, il potenziamento ha prodotto un ulteriore impatto ambientale, con un aumento medio di circa il 30% delle emissioni di polveri sottili e composti tossici nel bacino della pianura padana. La causa riguardava l’interpretazione della direttiva Vas 2001/42/CE e quella sui rifiuti (2008/98/CE), in merito ai termovalorizzatori / inceneritori che prevedono il recupero di energia, individuati dal Dpcm come “infrastrutture di interesse nazionale” e in quanto tali esentati, per il loro potenziamento, dalla preventiva Valutazione ambientale strategica.
La sentenza
La Corte (Sesta Sezione) dichiara:
2) L’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, devono essere interpretati nel senso che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, costituita da una normativa di base e da una normativa di esecuzione, che determina in aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale natura, rientra nella nozione di «piani e programmi», ai sensi di tale direttiva, qualora possa avere effetti significativi sull’ambiente e deve, di conseguenza, essere soggetta ad una valutazione ambientale preventiva.
Cosa devono fare gli stati membri dell’UE
Gli Stati membri devono adottare misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. “A tal fine può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti“. Il principio della gerarchia dei rifiuti “deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come il decreto Sblocca Italia, che qualifica gli impianti di incenerimento dei rifiuti come “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale”, purché tale normativa sia compatibile con le altre disposizioni di direttive che prevedono obblighi più specifici”.
Gli obiettivi Ue per i rifiuti urbani puntano per il 2035 al 65% di riciclo e al 10% di discarica (con un 25% di rifiuti che dovrà essere avviato a valorizzazione energetica). Secondo gli ultimi dati Ispra, l’Italia è ancora lontana da questi traguardi: nel 2017, il 47% dei rifiuti urbani è stato avviato a recupero di materia, il 18% a termovalorizzazione e il 23% in discarica.
Fonte: CURIA
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