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Parere CdS - Modifica regolamentare DMS 1973 - Materiali metallici di imballaggio alimentare

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Parere CdS - Modifica regolamentare DMS 1973 - Materiali metallici di imballaggio alimentare

Inclusione della sostanza "N,N,N',N'-tetrachis(2-idrossiporopil) adipammide

Numero 02103/2017 del 05/10/2017

Parere sullo Schema di regolamento recante aggiornamento al decreto del Ministro della Sanità 21 marzo 1973, concernente la “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale”;

LA SEZIONE

Vista la relazione n. 3513 del 2 febbraio 2017 e n. 32025 dell’ 1 agosto 2017 con le quali il Ministero della Salute ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri;

1. Con nota 2 febbraio 2017, prot. n. 3513, il Ministero della Salute ha chiesto il parere sullo schema di regolamento recante aggiornamento al decreto del Ministro della Sanità 21 marzo 1973, concernente la “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale”. In particolare l’aggiornamento riguarda la sostanza "N,N,N',N'-tetrachis(2-idrossiporopil) adipammide” giusta richiesta della Dow Chemical Company.

Questo Consiglio, con parere 9-13 febbraio 2017, n. 341, ha disposto incombenti istruttori chiedendo l’inoltro delle relazioni A.T.N. e A.I.R. e la produzione dei parere in possesso dell’amministrazione “per fugare ogni dubbio in ordine all’assenza di rischi per l’uso della sostanza in esame”.

Con nota 1 agosto 2017 il Ministero ha trasmesso le relazioni A.TN. e A.I.R e, per quanto riguarda i rischi per la salute, i pareri dell'Istituto Superiore di sanità rispettivamente del 9 ottobre 2015 e del 24 febbraio 2016. L’amministrazione ha, in particolare, rappresentato che in quest'ultimo, "si può concludere che l'eventuale migrazione dell'impurezza diisopropilamina (DIPA) dai materiali destinati al contatto con gli alimenti non pone un rischio significativo di effetti cancerogeni" e "si ritiene che nelle condizioni d'uso proposte la sostanza N, N, N, N' — tetrachis(2-idrossipropil)adipammide non presenti problemi di ordine tossicologico"

2. Normativa eurounitaria.

La disciplina comunitaria che attualmente regola i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti è dettata dal Regolamento (CE) N. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 il quale ha espressamente abrogato (art. 26) le precedenti direttive n. 80/590/CEE (di integrazione della direttiva 76/893/CEE di cui si dirà nel prosieguo) e n. 89/109/CEE (che ha totalmente sostituito la direttiva 76/893/CEE).

Scopo del regolamento comunitario (definibile come regolamento “quadro”) è quello di garantire che i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto direttamente o indirettamente con i prodotti alimentari assicurino un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori (art. 1).

Gli artt. 3 e 4 di tale Regolamento disciplinano rispettivamente i requisiti generali e speciali che devono necessariamente connotare la produzione di tali materiali e oggetti.

Il successivo art. 5 del Regolamento rimette alla Commissione europea il potere di dettare misure specifiche indicando le specifiche sostanze che possono comporre tali gruppi di materiali o di oggetti tramite la predisposizione di appositi elenchi di sostanze.

In altre parole, la Commissione predispone degli elenchi che costituiscono un’autorizzazione generale, in ambito comunitario, all’uso di determinate sostanze per la realizzazione di gruppi di materiali o oggetti a venire in contatto, direttamente o indirettamente, con prodotti alimentari.

Il successivo art. 6 del Regolamento, in ossequio al principio di sussidiarietà e in armonia con quanto previsto dalla primigenia direttiva del 1976 e del 1989, ormai abrogate, prevede che in mancanza di misure specifiche adottate ex art. 5 (di cui sopra) le autorità nazionali possono mantenere o adottare disposizione nazionali, a condizione che siano conformi alle norme del trattato.

Gli artt. 8 e ss., poi, disciplinano le modalità in cui le varie sostanze possono essere inserite nell’elenco di quelle ammesse al fine di ottenere l’autorizzazione comunitaria ex art. 5.

L’allegato I del regolamento individua un elenco di gruppi di materiali e oggetti su cui possono intervenire misure specifiche autorizzatorie dell’uso di particolari sostanze.
È importante evidenziare come l’elenco di cui all’allegato I del predetto regolamento sia relativo solamente i gruppi di materiali e gli oggetti, mentre le misure specifiche autorizzano l’utilizzo di determinate sostanze necessarie per la realizzazione dei suddetti materiali e oggetti.

Il successivo Reg. (CE) 14 gennaio 2011, n. 10/2011 riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari costituisce misura specifica di cui all’art.5 del regolamento ut supra indicato.

In particolare, l’art. 2 del Regolamento (in vigore dal 4.2.20111) individua il suo ambito di applicazione nella disciplina delle materie plastiche, e segnatamente (comma 1) per:
“a) materiali e articoli, e parti di essi, realizzati esclusivamente in materia plastica;
b) materiali e oggetti multistrato di materia plastica tenuti insieme da adesivi o con altri mezzi;
c) materiali e oggetti di cui alle lettere a) o b) stampati e/o rivestiti;
d) strati di materia plastica o rivestimenti di materia plastica, che costituiscono guarnizioni di coperchi e chiusure e che con tali coperchi e chiusure formano un insieme di due o più strati di differenti tipi di materiali;
e) strati di materia plastica in materiali e oggetti multistrato multimateriali.”
Il successivo comma 2 esclude l’applicabilità del regolamento “ai seguenti materiali e oggetti immessi sul mercato dell'UE e destinati ad essere oggetto di altre misure specifiche:
a) resine a scambio ionico;
b) gomma;
c) siliconi.”

Il comma 3 poi testualmente prevede come “Il presente regolamento non pregiudica le disposizioni UE o nazionali applicabili agli inchiostri da stampa, agli adesivi o ai rivestimenti.”

Il consecutivo art. 5 (in vigore dal 4.2.2011) individua le sostanze che possono essere utilizzate per la realizzazione dei materiali e degli oggetti di cui all’art. 2 riportate nel c.d. “elenco dell’Unione”.

Anche questo regolamento fa salvo il principio di sussidiarietà. Ed invero al 28° considerando si evidenzia come “in assenza di misure specifiche a livello UE applicabili ai materiali o agli oggetti multistrato multimateriali nel loro insieme, gli Stati membri possono mantenere o adottare disposizioni nazionali relative a tali materiali o oggetti, a condizione che siano conformi alle norme del trattato.”

Così come evidenziato dall’ufficio legislativo, mentre il predetto regolamento (2011) disciplina con misura specifica le plastiche stampate (cfr. lett. c) art. 2 del Regolamento) non disciplina gli inchiostri da stampa, gli adesivi o i rivestimenti .
La richiesta di autorizzazione all’impiego di una nuova sostanza per il rivestimento di materiali e oggetti di metallo destinati al contatto alimentare avanzata dalla Dow Chemical Company non ricade nell’ambito di applicazione del Regolamento 14 gennaio 2011, n. 10/2011 per un duplice ordine di ragioni:
non riguarda materie plastiche, ma materiali e oggetti di metallo (non ricadendo pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 1 del Reg. (CE) 14 gennaio 2011, n. 10/2011);
inerisce ad un rivestimento di tali materiali e oggetti ed è pertanto escluso ex art. 2, comma 3, dall’ambito di applicazione del Reg. (CE) 14 gennaio 2011, n. 10/2011.

Ne consegue che in tale ambito, fino all’adozione di una misura specifica comunitaria, rimane, in ragione dei principi dell’art. 2, comma 2 TFUE, la competenza dei singoli Stati membri (secondo la disciplina nazionale) ad autorizzare impiego di sostanze per rivestimenti di materiali e oggetti di metallo destinati a venire a contatto con prodotti alimentari.

Normativa nazionale.

La disciplina nazionale è dettata dal d.P.R. 23 agosto 1982, n. 777, rubricato attuazione della direttiva (CEE) n. 76/893 relativa ai materiali e agli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.
Tale d.P.R. ha sostituito l’originaria previsione di cui all’art. 11, L. 30.4.1962, 11, l. 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 8, L. 26 febbraio 1963, n. 441, limitatamente alla parte riguardante i materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari (prima legge disciplinante la materia).

In particolare, il regolamento in questione all’art. 3 prevede che: “Con decreti del Ministro della sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono indicati per i materiali e gli oggetti, destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari, di cui all'allegato I, da soli o in combinazione tra loro, i componenti consentiti nella loro produzione, e, ove occorrano, i requisiti di purezza e le prove di cessione alle quali i materiali e gli oggetti debbono essere sottoposti per determinare l'idoneità all'uso cui sono destinati nonché le limitazioni, le tolleranze e le condizioni di impiego sia per i limiti di contaminazione degli alimenti che per eventuali pericoli risultanti dal contatto orale.

2. Per i materiali e gli oggetti di materia plastica, di gomma, di cellulosa rigenerata, di carta, di cartone, di vetro, di acciaio inossidabile, di banda stagnata, di ceramica e di banda cromata valgono le disposizioni contenute nei decreti ministeriali 21 marzo 1973, 3 agosto 1974, 13 settembre 1975, 18 giugno 1979, 2 dicembre 1980, 25 giugno 1981, 18 febbraio 1984, 4 aprile 1985 e 1°(gradi) giugno 1988, n. 243.

3. Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità, procede all'aggiornamento e alle modifiche da apportare ai decreti di cui ai commi 1 e 2.

4. Chiunque impieghi nella produzione materiali o oggetti destinati, da soli, o in combinazione tra loro, a venire a contatto con le sostanze alimentari, in difformità da quando stabilito nei decreti di cui ai commi 1 e 2, è punito per ciò solo con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquemilioni a lire quindicimilioni”.
Ed invero, dall’elenco sopraindicato emerge come il D.M. (Sanità) 21 marzo 1973 contempli un elenco chiuso e tassativo di sostanze utilizzabili per la composizione di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.

L’utilizzo di sostanze diverse da quelle contemplate in tale elenco deve ritenersi vietato.

L’art. 5 ter del citato d.P.R., poi, consente ad un operatore economico di richiedere l’inserimento di un nuovo componente nel predetto elenco, da utilizzare nel territorio dello Stato italiano, ove tale sostanza non sia già stata inserita in un elenco positivo dell’U.E., tramite richiesta inoltrata al Ministero della sanità che, previo  parere del Consiglio superiore di sanità, con decreto ministeriale modifica il su-citato D.M.

La durata dell’autorizzazione è biennale.

Lo stesso art. 5 ter, poi, al comma 4 prevede che “Il Ministro della sanità, entro due mesi dalla data di decorrenza, comunica agli altri Stati membri e alla Commissione delle Comunità europee il testo di ogni autorizzazione rilasciata, e può chiedere, prima della scadenza del biennio di validità dell'autorizzazione, alla Commissione delle Comunità europee la iscrizione della sostanza medesima nell'elenco di quelle di cui è consentito l'impiego”.
Tale disciplina ricalcava il disposto di cui all’art. 4 delle direttive (CEE) n. 76/893/CEE e 89/109/CEE, rimasto immutato, fino all’intervenuta abrogazione ad opera del Regolamento Reg. (CE) 27 ottobre 2004, n. 1935/2004.

Il predetto art. 4 consentiva agli Stati membri di autorizzare nel proprio territorio l’uso di altre sostanze non previste nell’elenco sancendo che:
“In deroga all' articolo 3 , uno Stato membro , qualora sia stato stabilito un elenco di sostanze conformemente alla lettera a ) del suddetto articolo , può autorizzare sul proprio territorio l'uso d'una sostanza non prevista in tale elenco a condizione che :

a) l ' autorizzazione sia limitata a un periodo massimo di tre anni ;
b) lo Stato membro eserciti un controllo ufficiale sui materiali e sugli oggetti fabbricati con la sostanza di cui ha autorizzato l ' uso ;
c) i materiali e gli oggetti così fabbricati rechino un ' indicazione specifica definita nell' autorizzazione .

2. Lo Stato membro comunica agli altri Stati membri e alla Commissione il testo di ogni decisione d ' autorizzazione emanata a norma del paragrafo 1 entro due mesi dalla data della sua entrata in vigore .

3. Prima della scadenza del periodo triennale di cui al paragrafo 1 lo Stato membro può inoltrare presso la Commissione una domanda di iscrizione nell' elenco previsto dall' articolo 3 , lettera a) , della sostanza oggetto di un ' autorizzazione nazionale ai sensi del paragrafo 1 . Esso trasmette contemporaneamente i documenti che, a suo avviso , giustificano tale iscrizione e indica gli usi cui tale sostanza è destinata.
Il motivo di tale scelta era stato chiaramente evidenziato nei considerando della direttiva del 1976 secondo cui la previsione la facoltà degli Stati membri di autorizzare, in via provvisoria, l’uso di nuove sostanze non inserite negli elenchi comunitari mira a “favorire il progresso tecnico, in attesa di una decisione definitiva a livello comunitario”.

Il legislatore nazionale ha limitato la durata dell’autorizzazione al biennio anziché al triennio.

Le direttive (CEE) n. 76/893/CEE e 89/109/CEE sono state abrogate dal Regolamento Reg. (CE) 27 ottobre 2004, n. 1935/2004 e l’art. 4 concernente il potere generale di autorizzazione sul territorio nazionale riservato agli Stati membri non è stato puntualmente riproposto nel Regolamento.

Ciononostante, in ragione delle clausole di sussidiarietà previste dal 28° Considerando e dall’art. 2, comma 3, Reg. (CE) 14 gennaio 2011, n. 10/2011 unitamente all’art. 6 Reg. (CE) 27 ottobre 2004, n. 1935/2004, puntualmente riportate in premessa deve ritenersi che gli Stati membri abbiano conservato il potere di autorizzare, all’interno del proprio territorio, l’utilizzo di singole sostanze per realizzare materiali e oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari non inclusi nell’elenco dell’Unione, in mancanza di misure comunitarie specifiche.

Sia dal tenore delle originarie direttive sia della normativa interna di recepimento attualmente vigente appare evidente come l’eventuale autorizzazione concessa dalle autorità nazionali sia limitata al territorio dello Stato non potendo chiaramente applicarsi agli altri Stati che, però, non possono ostacolare la circolazione dei prodotti così realizzati, fatti salvi i poteri cautelari conferiti ai singoli Stati membri in ragione del principio di precauzione (cfr. artt. 6 e 8, comma 1, Direttiva 76/893/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1976, oggi trasfusi nell’art. 18 Reg. (CE) 27 ottobre 2004, n. 1935/2004, così come chiaramente esplicato, tra l’altro, nella tavola di concordanza allegata al regolamento).

3. Passando al merito, come detto, la Dow Chemical Company chiedeva la modifica del decreto del Ministro della Sanità 21 marzo 1973 con l’inclusione della sostanza "N,N,N',N'-tetrachis(2-idrossiporopil) adipammide” e il Ministero riteneva di poter modificare il decreto con la seguente precisazione "per la produzione di dispersioni polimeriche di poliolefine funzionalizzate con gruppi acrilici e/o anidridi, utilizzate come rivestimenti su metalli, alla percentuale di impiego massima del 6% rispetto al peso secco della dispersione. Per tutti i tipi di alimenti, in condizioni di contatto di sterilizzazione e/o pastorizzazione seguite da conservazione prolungata a temperatura ambiente o inferiore".

Con la prima richiesta il ministero trasmetteva unicamente il parere del Consiglio Superiore della Sanità del 13 settembre 2016 che, pur concludendo con parere favorevole, al punto n. 3 così testualmente si esprimeva: «sulla base dei dati disponibili non è possibile escludere che la migrazione del composto DIPA - diisopropanolammina, che costituisce sia un impurezza, sia un prodotto di degradazione del monomero reticolante di cui al precedente punto 1), possa rappresentare un rischio per la salute in seguito alla sua nitrosazione in vivo, con formazione endogena, di una nitrosammina cancerogena (N-DIPA)». Al successivo punto 4 il Consiglio Superiore della Sanità poi precisava «la valutazione dell'entità del rischio di cui al precedente punto 3) richiede ulteriori informazioni sulla cinetica di formazione della N-DIPA in condizioni tali da rappresentare le reali condizioni d'esposizione e dell'ambiente gastrico umano».
Per tali ragioni la Sezione decideva di chiedere degli approfondimenti all’amministrazione interessata.

Quest’ultima ha trasmesso la prima valutazione compiuta dall’Istituto Superiore della sanità, 9 ottobre 2015, che non esclude possibili rischi per la salute umana: «In base a quanto sopra esposto si può concludere che, nelle condizioni d'uso proposte, la migrazione del cross-linker e dei suoi prodotti di degradazione, reazione e polimerizzazione non desta problemi di ordine tossicologico. Sulla base dei dati disponibili non è tuttavia possibile escludere che la migrazione dell'impurezza e prodotto di degradazione diisopropanolamina possa rappresentare un rischio per la salute in seguito alla stia nitrosazione in vivo, con formazione endogena di una nitrosamina cancerogena (N-DIPA). La valutazione dell'entità di tale rischio richiede ulteriori informazioni sulla cinetica di formazione della N-DIPA in condizioni rappresentative delle reali condizioni di esposizione e dell'ambiente gastrico umano, e sulla potenza cancerogena del prodotto di nitrosazione al fine della definizione del Margine di Esposizione per gli effetti cancerogeni, come raccomandato dall'EFSA per contaminanti e sostanze cancerogene e genotossiche non intenzionalmente aggiunte agli alimenti».

Tuttavia è stata trasmessa una seconda valutazione, effettuata sempre dall’Istituto Superiore della Sanità, il 24 febbraio 2016, con la quale – a seguito della documentazione prodotta dalla ditta (si veda pagina 2) – si esclude “un rischio significativo di effetti cancerogeni” e si formula parere favorevole.

La Sezione rileva che in quest’ultima valutazione non appaiono individuabili le ragioni che hanno portato a superare la prima valutazione del 9 ottobre 2015; né indicazioni possono essere tratte in tal senso dalla scheda A.I.R.

Come più volte affermato dalla Sezione, il Consiglio di Stato esprime parere unicamente sulla correttezza giuridica dell’iter seguito e sul rispetto delle norme; esula invece dalla competenza della sezione l’accertamento della correttezza o meno delle valutazioni tecniche compiute dai competenti organi amministrativi (nel caso di specie l’Istituto Superiore della Sanità e il Consiglio Superiore della Sanità) che se ne assumono la paternità e le conseguenti responsabilità.

Per tale ragione, nel rispetto della discrezionalità goduta dall’amministrazione, si invita il Ministero a provvedere – prima dell’adozione definitiva della modifica regolamentare – a motivare adeguatamente il definitivo superamento della prima valutazione sulla nocività della materia.

A tale ultimo adempimento si subordina il parere favorevole della Sezione.

...

Fonte: Consiglio di Stato

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