Malattie professionali: Prima sentenza sul nesso uso cellulare e neurinoma
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Prima sentenza sul nesso uso scorretto del cellulare e neurinoma dell'acustico
Update 14.01.2020
L'uso prolungato del telefono cellulare può causare tumori alla testa. Lo sostiene la Corte d'Appello di Torino che, il14 gennaio 2020, ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea, emessa nel 2017 (Fonte: ANSA 14.01.20)
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Il Tribunale di Ivrea, sezione Lavoro, con sentenza n. 96/2017 pubblicata il 30/03/2017 RG n. 452/2015, (vedi in calce) ha riconosciuto in primo grado, l'esistenza di malattia professionale dovuta all'uso scorretto del cellulare e insorgenza di neurinoma dell'acustico.
Tale sentenza riveste una importanza particolare in quanto, non è mai accaduto che un Tribunale riconosca, sin dal primo grado, che i campi elettromagnetici a radiofrequenza siano cancerogeni per l’uomo.
La sentenza accerta l’esistenza di una malattia professionale che ha avuto come conseguenza un danno biologico permanente del 23 per cento.
L'Inail è stata condannata alla corresponsione del relativo beneficio a decorrere dalla data della presentazione della domanda in sede amministrativa, oltre agli interessi al tasso legale e l’eventuale maggior danno in misura pari alla differenza tra la rivalutazione monetaria e il tasso legale sui ratei maturati e non riscossi, a decorrere da a decorrere dal 121° giorno dalla data della presentazione della domanda in sede amministrativa.
Per il CTU, è l'uso del cellulare ad aver causato, secondo un criterio di probabilità ad aver causato il neurinoma dell'acustico, in un lavoratore di 57 anni che utilizzava il cellulare dalle 3 alle 4 ore al giorno.
La perizia
Nella consulenza tecnica del professor Levis, ordinario di mutagenesi ambientale all’Università di Padova, si legge:
«Non ho dubbi nel ritenere evidentemente provato il requisito di elevata probabilità (probabilità qualificata) che sostiene il nesso causale o almeno concausale, richiesto dalla normativa in vigore, tra lo sviluppo di un neurinoma acustico ipsilaterale subito dal signor Roberto Romeo e l’esposizione professionale alle radiofrequenze emesse da telefoni mobili (cellulari e cordless, analogici e digitali), da lui abitualmente utilizzati quattro ore al giorno per almeno 15 anni e per più di 12 mila ore complessive».
Secondo il professore «i dati esposti nella presente perizia dimostrano che il rischio di incidenza di neurinomi acustici ipsilaterali è più che raddoppiato negli utilizzatori di cellulari e cordless da circa 10 anni, con un tempo di esposizione che va da 16 a 32 minuti/giorno per un totale di almeno 1000- 2000 ore complessive, valori questi largamente superati nel caso in questione». Il docente evidenzia, in secondo luogo, che «il rischio è maggiore per chi ha usato più tipi di telefoni mobili (cellulari e cordless) compresi, in particolare, quelli di prima generazione (analogici, come è stato nel caso in questione)», che «il rischio è maggiore per chi ha usato i cellulari in situazioni nelle quali il segnale e.m. emesso dalla stazione radio-base (SRB) è debole (come in gran parte è stato per il Sig.Romeo) – perché la SRB è lontana, perché si telefona da un locale fortemente schermato, o perché il traffico telefonico nella zona in cui si opera è particolarmente intenso – o quando si è in movimento e ritmicamente il segnale diminuisce per il continuo cambiamento della SRB di riferimento, in particolare quando si è in una autovettura che funge da “gabbia di Faraday” impedendo o comunque rallentando la diffusione all’esterno delle radiazioni prodotte dall’uso dei TM». “Si tenga presente infatti – conclude - che in tutte le situazioni descritte il segnale “compensatorio” emesso dalla batteria del cellulare può essere anche 70-100 volte più elevato rispetto a quando, invece, il segnale e.m. fornito dalla SRB è ottimale».
Inoltre, sempre il professore Levis: "sulla base dei criteri elencati nel preambolo delle monografie della Iarc, le emissioni a Rf/Mo dei telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l'uomo".
Levis ha depositato una memoria per conto dello studio Ambrosio e Commodo: il documento richiama le conclusioni di numerosi autori, fra cui Lennart Hardell e la sua squadra di collaboratori del dipartimento di oncologia dell'Università di Orebro, in Svezia. "E' urgente - scrive Levis - la revisione delle attuali linee guida finalizzata alla fissazione di limiti di esposizione realmente cautelativi". "I risultati - osserva - delle indagini epidemiologiche caso-controllo, delle pooled analyses e delle metaanalisi di Hardell e di altri autori, comprese quelle di chi scrive, non lasciano dubbi circa l'esistenza di un rapporto causa-effetto tra esposizione abituale e per lungo tempo ai telefoni mobili (Tm - cellulari e cordless, analogici e digitali) e rischio - almeno raddoppiato e statisticamente significativo al 95% di probabilità - di tumori ipsilaterali alla testa: gliomi cerebrali, meningiomi e neurinomi acustici".
Aggiornamento 27 aprile 2017
Nuova sentenza di primo grado nesso uso scorretto del cellulare e neurinoma dell'acustico
Il 21 aprile 2017, il Tribunale di Firenze, Sezione Lavoro, ha condannato, in primo grado, l'Inail a corrispondere una rendita da malattia professionale a un addetto alle vendite che per motivi di lavoro ha trascorso, per oltre 10 anni, 2-3 ore al giorno al telefono. Il perito nominato dal tribunale e quello scelto dal lavoratore danneggiato hanno confermato l'elevata probabilità di una connessione tra l'uso del telefono cellulare e la malattia insorta, scientificamente definita un neurinoma del ottavo nervo cranico.
Dovranno decorrere 60 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza.
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IARC - campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”
Nel maggio 2011, un Gruppo di Lavoro formato da 31 esperti provenienti da 14 paesi si è riunito a Lione, presso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), per valutare il potenziale rischio cancerogeno associato all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza.
Dopo aver esaminato e valutato la letteratura scientifica disponibile, il Gruppo di Lavoro ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”, allocandoli così nel Gruppo 2B del sistema di classificazione della IARC.
Il sistema di classificazione IARC prevede il gruppo 1 dei “cancerogeni per l’uomo”, il gruppo 2A dei “probabilmente cancerogeni per l’uomo” ed il gruppo 2B dei “possibilmente cancerogeni per l’uomo”. Al gruppo 2B seguono altri due gruppi: il 3 che include gli “agenti non classificabili in relazione alla loro cancerogenicità per l’uomo” (il che, specifica la IARC, non corrisponde ad un verdetto di innocuità) ed il gruppo 4 che si riferisce agli agenti “probabilmente non cancerogeni per l’uomo”. Dei circa 950 agenti esaminati sino ad oggi il 10% è classificato nel gruppo 1, il 5% nel gruppo 2A, il 30% circa nel gruppo 2B, il 50% nel gruppo 3 e solo un composto (il caprolattame) è stato classificato nel gruppo 4.
Valutazioni di rischio
La classificazione effettuata dalla IARC dei campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per l’uomo” è basata essenzialmente sui risultati di alcuni studi epidemiologici che mostrano alcune associazioni tra l'uso dei telefoni cellulari e il rischio di tumori intracranici (gliomi e neurinomi del nervo acustico). Queste associazioni potrebbero essere dovute ad un reale effetto dei campi elettromagnetici emessi dai telefoni cellulari, ma potrebbero invece essere dovute alle modalità con cui sono stati effettuati tali studi, basati sul ricordo di persone malate (casi) e persone sane (controlli) circa il loro utilizzo del telefono cellulare anche più di dieci anni prima.
La IARC ha giudicato l’evidenza scientifica di cancerogenicità proveniente dagli studi epidemiologici come “limitata” (è stata cioè osservata un’associazione positiva tra esposizione e tumori per la quale una interpretazione causale viene ritenuta credibile, ma il ruolo del caso, di distorsioni e di fattori di confondimento non possono essere esclusi con ragionevole certezza), e ciò ha condotto alla classificazione dei campi elettromagnetici nel Gruppo 2B.
La maggior parte degli studi finora effettuati, sia epidemiologici che sperimentali, non suggeriscono invece l'esistenza di rischi a lungo termine delle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza. Sebbene la IARC abbia giudicato “limitata” anche l’evidenza proveniente dagli studi sperimentali, ciò, in accordo con i criteri della stessa IARC, non ha avuto effetto sulla classificazione che è basata sulle evidenze epidemiologiche precedentemente citate.
Si deve tenere presente che solo in presenza di evidenze scientifiche più consistenti la IARC avrebbe classificato i campi elettromagnetici nel gruppo 2A dei “probabilmente cancerogeni per l’uomo” (per esempio in presenza di un’evidenza “sufficiente” di cancerogenicità negli animali da esperimento) o nel gruppo 1 dei “cancerogeni per l’uomo” (per esempio in presenza di un’evidenza “sufficiente” di cancerogenicità proveniente da studi epidemiologici).
OMS - principio di precauzione
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), di cui la IARC fa parte, si è espressa in favore di ulteriori ricerche giustificate dal crescente utilizzo dei telefoni cellulari e dalla carenza di dati relativi a durate d’uso superiori ai 15 anni.
In particolare, a causa della popolarità dei telefoni cellulari nei soggetti più giovani, cui corrisponde un’esposizione lungo l’arco della vita potenzialmente più lunga, l’OMS ha promosso ulteriori ricerche sui possibili effetti sanitari nei bambini e negli adolescenti. A tal riguardo, nell’agenda dell’OMS sulla ricerca nel settore delle radiofrequenze, vengono raccomandati come altamente prioritari sia la conduzione di studi epidemiologici di coorte prospettici sui bambini e sugli adolescenti in relazione a disordini comportamentali e neurologici e alle neoplasie, sia studi sperimentali (“di provocazione”) sui possibili effetti acuti di campi a radiofrequenza sulle funzioni cerebrali di bambini esposti in condizioni controllate di laboratorio, possibilmente effettuati a diverse età, studiando per esempio longitudinalmente i bambini già arruolati negli studi di coorte.
Oltre ad esprimere la necessità di ulteriori ricerche, l’OMS non ha ritenuto di indicare revisioni degli attuali standard di protezione fissati a livello internazionale (finalizzati alla prevenzione degli effetti noti, di natura termica, dei campi elettromagnetici a radiofrequenza), né ha suggerito di adottare misure precauzionali di limitazione delle esposizioni connesse all’utilizzo di telefoni cellulari.
Gli studi scientifici
Per produrre una sintesi attendibile delle evidenze scientifiche su un possibile agente di rischio occorre:
- esaminare in modo completo la lettera scientifica disponibile
- valutare la omogeneità o l’eterogeneità dei risultati dei diversi studi sull’uomo
- tener conto dei limiti metodologici da cui nessuno studio epidemiologico è immune e identificare le possibili sorgenti d’errore in ciascuna indagine (stimando l’impatto di tali errori sui suoi risultati)
- esaminare la coerenza dell’evidenza epidemiologica con altre fonti di dati e con i risultati degli studi degli studi di laboratorio su animali e cellule.
L’Università di Aachen (Germania) ha realizzato il sito web EMF Portal e l’accesso libero ad una banca dati della letteratura scientifica sul tema campi elettromagnetici e salute.
All’inizio del 2013 questo archivio contava 16710 articoli scientifici. Tra questi lavori, ve ne sono più di 900 incentrati sull’esposizione associata all’uso dei telefoni cellulari o alle stazioni radio base: 163 studi epidemiologi (su tumori, benessere e sintomi soggettivi, malattie cardiovascolari, mortalità, ecc.) e 745 studi sperimentali (su funzionalità cellulare, genotossicità, cancerogenicità, effetti neuro-comportamentali, sonno, barriera emato-encefalica, fertilità, ecc.).
L’insieme di questi studi non fornisce evidenza coerente di effetti nocivi per la salute.
Gli studi epidemiologici sul rischio tumori
Gli eventuali effetti cancerogeni dell’esposizione alle radiofrequenze (RF) utilizzate nella telefonia mobile sono stati valutati in studi su cellule e animali da esperimento (studi sperimentali) e in studi sull’uomo (studi epidemiologici).
Gli studi di cancerogenicità su roditori, con particolare riferimento alle indagini condotte completamente in cieco e con sistemi ottimali di esposizione e dosimetria, non indicano alcun effetto cancerogeno ai livelli di esposizione rilevanti per l’uomo.
Gli studi epidemiologici si sono prevalentemente concentrati sul rischio di tumori intracranici, che originano dalle cellule e dagli organi direttamente interessati dall’assorbimento di RF durante l’uso del cellulare.
Si tratta in particolare del meningioma (tumore generalmente benigno che si sviluppa dalle meningi, tre strati di tessuto collocati tra la scatola cranica e l’encefalo) del glioma ( un tumore spesso maligno che deriva dalle cellule gliali contenute nella sostanza grigia cerebrale) del neurinoma del nervo acustico (tumore benigno delle cellule di Schwann che rivestono gli assoni dei nervi cranici).
Queste neoplasie sono rare: il tasso annuale d’incidenza del glioma e del meningioma è circa 5-6 casi per 100.000 abitanti, mentre il neurinoma dell’acustico è ancora meno frequente (poche decine di nuovi casi per milione di abitanti all’anno).
Tra il 1999 e la fine del 2012 sono stati pubblicati circa 50 articoli scientifici che hanno riportato i risultati di oltre 30 studi epidemiologici, indipendenti l’uno dall’altro, dedicati ad esaminare la relazione tra uso del cellulare e incidenza di tumori intracranici.
La ricerca epidemiologica su questo tema ha dovuto affrontare due principali difficoltà.
In primo luogo, a causa della rarità delle neoplasie d’interesse, la maggior parte delle indagini ha adottato il disegno caso-controllo (nello studio caso-controllo si identificano tutti i casi della malattia d’interesse diagnosticati tra i residenti di un particolare territorio. Dalla stessa popolazione residente si estrae un campione casuale di soggetti, generalmente appaiati ai casi per sesso ed età, e si indaga se nei due gruppi vi è stata una differente esposizione all’agente sotto studio), che è particolarmente suscettibile ad errori nella ricostruzione dell’esposizione e a distorsioni da partecipazione differenziale tra il gruppo dei casi e quello dei controlli.
Per questo motivo, molti team di ricerca hanno progettato studi paralleli di stima degli errori e hanno tenuto conto dei risultati di queste indagini nell’interpretazione degli studi principali sull’associazione esposizione-malattia.
I risultati degli studi
Il progetto Interphone è il più grande studio epidemiologico finora realizzato sull’occorrenza di tumori intracranici in relazione all’uso di telefoni mobili (2765 casi di glioma, 2425 casi di meningioma, 1121 casi di neurinoma del nervo acustico e 7658 persone sane di controllo).
Interphone è stato coordinato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e realizzato contemporaneamente in 13 paesi del mondo, inclusa l’Italia.
I risultati di questo studio sono stati pubblicati in due articoli usciti rispettivamente nel 2010 (glioma e meningioma) e nel 2011 (neurinoma dell’acustico).
L’indagine, basata sulle storie d’uso del telefono cellulare rilasciate dai soggetti nel corso di interviste computerizzate, non ha evidenziato alcun aumento del rischio dei tre tumori intracranici negli utilizzatori di telefoni cellulari rispetto ai non utilizzatori, né incrementi del rischio all’aumentare degli anni trascorsi dall’inizio dell’uso (fino a 10-13 anni), del numero totale di chiamate effettuate o delle ore totali d’uso.
Solo nei soggetti classificati nella categoria più elevata di tempo totale d’uso (che includeva meno del 10% degli utilizzatori), è stato osservato un lieve incremento del rischio di glioma (40%).
Tuttavia, l’incremento era molto più evidente tra gli utilizzatori più recenti (coloro che avevano iniziato ad utilizzare il cellulare da 1-4 anni), piuttosto che tra gli utenti di medio (4-9 anni) e lungo periodo (10 anni e più).
Questi risultati non sono coerenti con le relazioni dose-risposta che caratterizzano i cancerogeni noti (come le radiazioni ionizzanti o il fumo di tabacco), e devono essere interpretati con prudenza.
Gli autori ritengono che essi potrebbero anche essere dovuti a distorsioni e limiti metodologici nel disegno di studio, e non sia possibile interpretare questa osservazione in termini di rapporto causa-effetto.
Un'altra indagine importante è lo studio sull’incidenza di tumori nella coorte di circa 400.000 titolari danesi di un contratto di telefonia mobile nel periodo 1985-92, seguiti nel tempo dal punto di vista delle diagnosi di qualsiasi tipo di tumore (risultati dello studio).
Utilizzando i dati del Registro Tumori nazionale sono stati accertati 3664 casi di glioma, 356 dei quali tra i titolari di un contratto di telefonia mobile. Non è stato osservato alcun incremento del tasso d’incidenza di glioma tra gli esposti rispetto ai non esposti, né nei sottogruppi di utenti a lungo termine (oltre 13 anni di distanza dal primo contratto).
Altri studi caso-controllo sui tumori intracranici negli adulti, di minori dimensioni, sono stati condotti negli Stati Uniti da due gruppi di ricercatori del National Cancer Institute e dell’Health Effect Institute, in Svezia da un team dell’Università di Örebro, in Grecia e in Giappone. La maggior parte di queste indagini, ad eccezione della serie di tre successivi studi casi-controllo condotti dal gruppo di Örebro, non ha evidenziato incrementi del rischio di tumori cerebrali associati all’uso del telefono cellulare.
E’ disponibile al momento un solo studio sull’incidenza di tumori cerebrali infantili e uso del cellulare, CEFALO, realizzato in Svezia, Norvegia, Danimarca e Svizzera, i cui risultati non supportano l’ipotesi di un’associazione causale tra esposizione e malattia, ma ulteriori approfondimenti sono ritenuti necessari. Una seconda indagine internazionale, Mobi-Kids sui tumori cerebrali nei bambini in relazione all’uso di telefoni mobili è attualmente in corso.
Fonti:
IARC: http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/PDFs/index.php
ISS: http://www.iss.it/elet/?lang=1&id=70&tipo=10
Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_3_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=dossier&p=dadossier&id=7
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Tribunale di Ivrea Sentenza n. 96/2017 pubbl. il 30/03/2017
"Sentenza n. 96/2017 pubbl. il 30/03/2017 RG n. 452/2015 ROMEO ROBERTO / INAIL
Tribunale Ordinario di Ivrea Sezione Lavoro LAVORO VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 452/2015
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL GIUDICE DEL LAVORO Dr. LUCA FADDA
ha pronunciato sentenza con il seguente dispositivo
P.Q. M.
ogni altra domanda, eccezione e deduzione respinta, definitivamente decidendo:
A) in parziale accoglimento del ricorso, dichiara che Romeo Roberto è affetto da una malattia professionale che ha comportato un danno biologico permanente del 23% e, per l’effetto,
B) condanna l’Inail alla corresponsione del relativo beneficio a decorrere dalla data della presentazione della domanda in sede amministrativa, oltre agli interessi al tasso legale e l’eventuale maggior danno in misura pari alla differenza tra la rivalutazione monetaria e il tasso legale sui ratei maturati e non riscossi, a decorrere da a decorrere dal 121’ giorno dalla data della presentazione della domanda in sede amministrativa;
C) condanna l’Inail alla rifusione delle spese processuali sostenute da Romeo Roberto, che liquida in complessivi € 2.500,00 per compensi ed euro 43,00, oltre 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con distrazione delle stesse in favore degli avv.ti Renato Ambrosio, Stefano Bertone e Chiara Ghibaudo dichiaratisi antistatari;
D) pone definitivamente a carico dell’Inail le spese di CTU, come provvisoriamente liquidate in corso di causa.
Visto l’art. 429 comma 1 cpc indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione
Così deciso in Ivrea, il 30.3.2017
IL GIUDICE DEL LAVORO dott. Luca FADDA"