Terremoto dell'Irpinia: 23 novembre 1980
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Terremoto dell'Irpinia: 23 novembre 1980 / 43 anni
ID 12132 | 23.11.2020 / Download Scheda
Il 23 novembre 1980 alle 19:34:53 una scossa di 90 secondi colpì un'area di 17.000 km². L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha appurato che l'area interessata ha subìto tre distinti fenomeni di rottura lungo differenti segmenti di faglia, succedutisi in circa 40 secondi. Tali segmenti sono stati localizzati sotto i monti Marzano, Carpineta e Cervialto.
Fig. 1 - Segmenti faglia terremoto Irpinia
Dopo circa 20 secondi la rottura si è propagata verso SE in direzione della Piana di San Gregorio Magno. Dopo 40 secondi, localizzata a NE del primo segmento, si è verificata la terza rottura di faglia.
La frattura ha raggiunto la superficie terrestre generando una scarpata di faglia ben visibile per circa 35 km.
Il terremoto dell'Irpinia, caratterizzato da una magnitudo di 6,9 (X grado della scala Mercalli) con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti.
Gli effetti nei territori colpiti furono devastanti e la provincia più colpita fu quella di Avellino: tutti i suoi 119 comuni risultarono più o meno danneggiati.
Fig. 2 - Conza della Campania | Terremoto 1980
Fig. 3 - Lioni | Terremoto 1980
Fig. 4 - Sant'Angelo dei Lombardi| Terremoto 1980
Fig. 5 - Calabritto Terremoto 1980
Fig. 6 - Santomenna | Terremoto 1980
Tra i centri abitati più grandi che subirono crolli parziali, dissesti e gravi danni strutturali ci furono: Avellino, Potenza, Salerno, Benevento e Caserta, nella cui reggia borbonica settecentesca del Vanvitelli si aggravarono i dissesti già preesistenti.
I dati satellitari (GPS), disponibili per gli ultimi dieci anni, hanno poi confermato questa ipotesi e permesso di quantificarne l’entità: il processo di “allargamento” avviene con valori di pochi mm/anno, tipicamente 5-6. Sembra poco, ma su una scala dei tempi geologici non lo è: tra 1000 anni l’Italia sarà larga qualche metro in più; tra 1 milione di anni alcuni chilometri.
La ricostruzione portò alla istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta. I fondi della ricostruzione che, inizialmente interessavano 339 paesi, diventarono 643 in seguito a un decreto dell'allora presidente del Consiglio Arnaldo Forlani nel maggio 1981 (Decreto legge 19 marzo 1981, n.75 | Legge 14 maggio 1981, n. 219), fino a raggiungere la cifra finale di 687, ossia quasi l'8,4% del totale dei comuni italiani.
La Legge n. 64 del 2 febbraio 1974 stabiliva alcuni principi generali, anche di carattere tecnico, e affidava ad appositi Decreti Ministeriali il compito di disciplinare i diversi settori delle costruzioni, garantendo inoltre un più agevole aggiornamento successivo delle norme stesse nonchè della classificazione sismica.
Per gli aspetti sismici, col D.M. 3 marzo 1975 “Approvazione delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche” fu definita la nuova mappa di pericolosità sismica di base, nella quale appena il 25% del territorio era classificato sismico, distinguendo due livelli di pericolosità, furono recepite tutte le indicazioni precedenti in relazione ai requisiti delle costruzioni in zona sismica e fu introdotta l'analisi dinamica delle strutture con spettro di risposta: l'azione sismica poteva essere schematizzata mediante forze statiche orizzontali ricavate dall'analisi dinamica modale e semplicemente variabili approssimativamente con legge lineare lungo l'altezza, al fine di simulare il primo modo di vibrazione.
I terremoti del Friuli, con le due scosse del 6 maggio 1976 e quelle del 15 settembre 1976, e soprattutto il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 riportarono la questione sismica all'attenzione nazionale e si avviarono numerosi studi per il miglioramento sia della classificazione sia delle norme tecniche. Con il D.M. 7 marzo 1981 e il successivo Decreto 3 giugno 1981, che seguirono proprio il terremoto dell’Irpinia, il 43% del territorio nazionale fu classificato sismico; con il secondo D.M., in particolare, fu introdotta la zona sismica di terza categoria (caratterizzata da un grado di sismicità inferiore), che includeva diversi comuni delle provincie di Napoli e di Salerno e, in seguito, anche il comune di Roma.
Con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, che recepì gran parte delle indicazioni della normativa europea (Eurocodice Sismico 8), vennero introdotte significative modifiche all'assetto normativo:
- tutto il territorio fu classificato sismico, inserendo la zona 4, a sismicità molto bassa e vennero definite le azioni sismiche attraverso gli spettri elastici e di progetto;
- fu consentito soltanto il metodo di calcolo agli stati limite e fu previsto e regolamentato l'uso di moderne tecnologie antisismiche, quali l'isolamento sismico e la dissipazione di energia.
Nel 2005 il Ministero delle Infrastrutture con le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. Infrastrutture 14 settembre 2005) raccolse in un unico volume tutte le norme tecniche.
Fig. 7 - Evoluzione classificazione sismica italiana
Fonti:
INGV
Collegati
Decreto n. 24 del 09/01/2020
Decreto 17 Gennaio 2018
D M. 14 gennaio 2008
Circolare n. 617 del 2 febbraio 2009
D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001
Decreto 17 Gennaio 2018
Ordinanza PCM n. 3274 del 20 marzo 2003
Ordinanza PCM n. 3519 del 28 aprile 2006