Interpello ambientale 03.10.2024 - Utilizzo acque reflue affinate mediante autobotte
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Interpello ambientale 03.10.2024 - Utilizzo acque reflue affinate mediante autobotte
ID 22712 | 11.10.2024 / In allegato Testo interpello Ambientale
L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)
1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.
2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
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Interpello ambientale 03.10.2024
Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3 septies, del D. Lgs 152/2006, acquisita al protocollo di questo Ministero n. 138902 del 27.7.2024, codesta Amministrazione ha richiesto un'interpretazione della vigente normativ in materia ambientale in tema di riutilizzo di acque reflue affinate, ai sensi del d.m. 12 giugno 2003, n. 185 e del Regolamento (UE) 2020/741 del 25 maggio 2020, proponendo i seguenti quesiti:
1. Se il trasporto delle acque affinate mediante autobotti dal luogo di produzione (impianto di affinamento) al luogo di utilizzo sia contemplato nelle modalità indicate nella succitata normativa di settore;
2. In caso di risposta affermativa, se risulti sufficiente l’accompagnamento di un documento di trasporto per la tracciabilità del movimento.
Si rappresenta che con nota prot. n. 151863 del 14.8.2024 questo Ministero ha sottoposto l’interpello in oggetto alla valutazione tecnica dell’Istituto di Ricerca Sulle Acque (IRSA), dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e delle Direzioni Generali di questo Ministero per quanto di competenza. La presente istruttoria tiene conto dei riscontri ricevuti.
Riferimenti normativi
Con riferimento al quesito proposto, si ritiene opportuno richiamare i seguenti riferimenti normativi:
- l’art. 99 D. Lgs 152/2006 (d’ora in avanti Testo Unico dell’Ambiente o TUA), (come da ultimo modificato dal d.l. 9 dicembre 2023, n. 181, conv. con modif. dalla legge 2 febbraio 2024, n. 11): «1. Con regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e con il Ministro delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri, le modalità e le condizioni per il riutilizzo delle acque reflue. 2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate»;
- l’art. 154, comma 3, TUA: «Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente al principio “chi inquina paga”, e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale»; attuato dal DM MEF 31 dicembre 2022, pubblicato in GU n. 59 del 10 marzo 2023;
- l’art. 1, del Regolamento (UE) 2020/741: «1. Il presente regolamento stabilisce le prescrizioni minime applicabili alla qualità dell’acqua e al relativo monitoraggio, nonché disposizioni sulla gestione dei rischi, e sull’utilizzo sicuro delle acque affinate nel quadro di una gestione integrata delle risorse idriche. 2. Finalità del presente regolamento è garantire la sicurezza delle acque affinate a fini irrigui in agricoltura, onde assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e animale, promuovere l’economia circolare, favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, e contribuire agli obiettivi della direttiva 2000/60/CE affrontando in modo coordinato in tutta l’Unione il problema della scarsità idrica e le risultanti pressioni sulle risorse idriche, e contribuire di conseguenza anche al buon funzionamento del mercato interno»;
- il considerando n. 14 del Regolamento (UE) 2020/741: «Il rispetto delle prescrizioni minime per il riutilizzo dell'acqua dovrebbe essere coerente con la politica dell'Unione nel settore delle acque e contribuire al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile di cui all'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in particolare l'obiettivo 6 inteso a garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico-sanitarie, nonché un significativo aumento del riciclaggio dell'acqua e del riutilizzo dell'acqua in condizioni sicure a livello mondiale, al fine di contribuire al conseguimento dell'obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite n. 12 relativo a modelli sostenibili di produzione e consumo. Inoltre, il presente regolamento intende assicurare l'applicazione dell'articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea relativo alla tutela dell'ambiente»;
- il considerando n. 15 del Regolamento (UE) 2020/741: «In alcuni casi i gestori degli impianti di affinamento trasportano e conservano le acque affinate anche dopo l'uscita dall'impianto di affinamento, prima di consegnarle ai successivi soggetti della catena, quali il gestore della distribuzione delle acque affinate, il gestore dello stoccaggio delle acque affinate o l'utilizzatore finale. È necessario definire il punto di conformità per chiarire dove cessa la responsabilità del gestore degli impianti di affinamento e dove inizia la responsabilità del successivo soggetto della catena»;
- il considerando n. 16 del Regolamento (UE) 2020/741: «La gestione dei rischi dovrebbe consistere nell'individuazione e gestione dei rischi in modo proattivo e dovrebbe integrare il concetto di produzione di acque affinate della particolare qualità richiesta per usi specifici.
La valutazione del rischio dovrebbe poggiare sui principali elementi della gestione dei rischi e individuare eventuali prescrizioni supplementari relative alla qualità dell'acqua necessarie per garantire un livello sufficiente di protezione dell'ambiente e della salute umana e animale. A tal fine, i piani di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua dovrebbero assicurare che le acque affinate siano utilizzate e gestite in maniera sicura e che non ci siano rischi per la salute umana e animale o per l'ambiente. Al fine di elaborare tali piani di gestione dei rischi si potrebbero utilizzare gli orientamenti o le norme internazionali vigenti, ad esempio gli orientamenti per la valutazione e la gestione dei rischi per la salute riguardo al riutilizzo di acqua non potabile (ISO 20426:2018), gli orientamenti per l'utilizzo delle acque reflue trattate per progetti di irrigazione (ISO 16075:2015) o gli orientamenti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)»;
- l’art. 2, par. 1, del Regolamento (UE) 2020/741: «Il presente regolamento si applica ogni volta che le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate, in conformità dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 91/271/CEE, a fini irrigui in agricoltura, come specificato nell’allegato I, sezione 1, del presente regolamento»;
- l’Allegato I, Sezione 1, del Regolamento (UE) 2020/741: «Fatte salve altre pertinenti normative dell’Unione nei settori ambientale e sanitario, gli Stati membri possono utilizzare le acque affinate per ulteriori scopi quali: – il riutilizzo a fini industriali; e – fini civili e ambientali»;
- l’art. 3, n. 8), del Regolamento (UE) 2020/741: «“rischio”: la probabilità che i pericoli individuati provochino un danno in un determinato periodo di tempo, compresa la gravità delle conseguenze»;
- l’art. 3, n. 9), del Regolamento (UE) 2020/741: «“gestione dei rischi”: una gestione sistematica che assicura costantemente l'acqua riutilizzata in un contesto specifico è sicura»;
- l’art. 3, n. 11), del Regolamento (UE) 2020/741: «“punto di conformità”: il punto in cui un gestore dell’impianto di affinamento consegna l’acqua affinata al soggetto successivo della catena»;
- l’art. 3, n. 15), del Regolamento (UE) 2020/741: «“sistema di riutilizzo dell’acqua”: l’infrastruttura e gli altri elementi tecnici necessari alla produzione, all’erogazione e all’utilizzo delle acque affinate; esso comprende tutti gli elementi dal punto di entrata nell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane fino al punto cui le acque affinate sono impiegate a fini irrigui in agricoltura, comprese le infrastrutture di distribuzione e stoccaggio, ove applicabile»;
- l’art. 5, par. 1, 2, 3 e 4, del Regolamento (UE) 2020/741:
«1. Ai fini della produzione, dell'erogazione e dell'utilizzo di acque affinate, l'autorità competente provvede a che venga stabilito un piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua.
Un piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua può includere uno o più sistemi di riutilizzo dell'acqua.
2. Il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua è elaborato dal gestore dell'impianto di affinamento, da altre parti responsabili e dagli utilizzatori finali, a seconda dei casi. Le parti responsabili che elaborano il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua consultano tutte le altre pertinenti parti responsabili e gli utilizzatori finali, a seconda dei casi.
3. Il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua si basa su tutti i principali elementi della gestione dei rischi di cui all'allegato II. Esso individua le responsabilità di gestione dei rischi del gestore dell'impianto di affinamento e di altre parti responsabili.
4. Il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua provvede in particolare a:
a) stabilire le prescrizioni necessarie per il gestore dell'impianto di affinamento oltre a quelle specificate nell'allegato I, in conformità dell'allegato II, punto B), per attenuare ulteriormente i rischi prima del punto di conformità;
b) individuare i pericoli, i rischi e le adeguate misure preventive e/o le eventuali misure correttive in conformità dell'allegato II, punto C);
c) individuare ulteriori barriere nel sistema di riutilizzo dell'acqua, e stabilire ulteriori prescrizioni, necessarie dopo il punto di conformità per garantire che il sistema di riutilizzo dell'acqua è sicuro, comprese le condizioni relative alla distribuzione, allo stoccaggio e all'utilizzo, se del caso, e individuare le parti responsabili del rispetto di tali prescrizioni»;
- l’art. 5, par. 5, secondo comma, del Regolamento (UE) 2020/741: «Alla Commissione è inoltre conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 13 a integrazione del presente regolamento, al fine di stabilire le specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi di cui all'allegato II»;
- l’art. 6, par. 1, 2 e 3, del Regolamento (UE) 2020/741:
«1. La produzione e l'erogazione di acque affinate destinate a scopi irrigui in agricoltura di cui all'allegato I, sezione 1, sono subordinate al rilascio di un permesso.
2. Le parti responsabili del sistema di riutilizzo dell'acqua, compreso, se del caso, l'utilizzatore finale in conformità della legislazione nazionale, presentano una domanda volta al rilascio del permesso, o alla modifica di un permesso esistente, all'autorità competente dello Stato membro in cui l'impianto di affinamento è in funzione o si prevede che entri in funzione.
3. Il permesso stabilisce gli obblighi del gestore dell'impianto di affinamento e, se dal caso, di qualsiasi altra parte responsabile. Il permesso si basa sul piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua e specifica, tra l'altro, quanto segue:
a) la classe o le classi di qualità delle acque affinate nonché la destinazione d'uso delle colture per il quale, in conformità dell'allegato I, le acque affinate sono permesse, il luogo di utilizzo, l'impianto o gli impianti di affinamento e il volume annuo stimato delle acque affinate da produrre;
b) le condizioni relative alle prescrizioni minime per la qualità e il monitoraggio dell'acqua di cui all'allegato I, sezione 2;
c) le condizioni relative alle prescrizioni supplementari per il gestore dell'impianto di affinamento, stabilite nel piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell'acqua;
d) ogni altra condizione necessaria per eliminare eventuali rischi inaccettabili per l'ambiente e per la salute umana e animale così da portare qualsiasi rischio a un livello accettabile;
e) il periodo di validità del permesso;
f) il punto di conformità»;
- il Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione, dell'11 marzo 2024, che integra il regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi, emanato in forza della disposizione di cui all’art. 5, par. 5, secondo comma, del Regolamento (UE) 2020/741 e pubblicato in GUUE, Serie L, del 20.6.2024;
- l’art. 1 del Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione: «Le specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi di cui all’allegato II del regolamento (UE) 2020/741 figurano nell’allegato del presente regolamento»;
- l’art. 2 del Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione: «Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea»;
- l’Allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione - Specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi nel riutilizzo dell’acqua - Descrizione del sistema di riutilizzo dell’acqua, primo, secondo e ultimo periodo:
«Conformemente all’allegato II, punto 1, del regolamento (UE) 2020/741, la descrizione di un sistema di riutilizzo dell’acqua specifica tutti i diversi processi e fasi che intervengono dall’inizio del trattamento delle acque reflue fino al loro riutilizzo finale nei campi agricoli, compresi tutti gli aspetti che riguardano la valutazione del rischio. La descrizione riguarda tutti gli elementi del sistema pertinenti per lo specifico progetto di riutilizzo dell’acqua, comprese tutte le infrastrutture e tutti gli elementi tecnici, e include informazioni sui diversi punti oltre a quello di conformità in cui l’acqua è consegnata a un altro soggetto nella catena.
Se un unico impianto di affinamento serve un numero elevato di utilizzatori finali, la descrizione del piano di gestione dei rischi può prenderli in considerazione in termini generali, sulla base dei diversi tipi di colture o pratiche di irrigazione standard nella zona servita, ma fornisce comunque una panoramica dei possibili tipi di utilizzatori finali e di colture irrigate.
(….)
La descrizione del sistema di riutilizzo dell’acqua segue le specifiche tecniche indicate di seguito e comprende informazioni sulla produzione di acque affinate, lo stoccaggio (se del caso), la distribuzione, le tecniche di irrigazione, l’uso previsto e le categorie di colture»;
- l’Allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione - Specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi nel riutilizzo dell’acqua - Distribuzione: «Le informazioni da fornire sulla distribuzione delle acque affinate comprendono: (…) 2) i tipi di condotte, canali o altri sistemi di distribuzione utilizzati; 3) le strategie di gestione per controllare la qualità fisica, chimica e biologica delle acque affinate durante l’erogazione; 4) misure volte a evitare la contaminazione incrociata con il sistema dell’acqua potabile o con il sistema fognario o con qualsiasi altra fonte di inquinamento, comprese le acque di deflusso di origine industriale o agricola in caso di canali aperti, se del caso»;
- l’Allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione - Specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi nel riutilizzo dell’acqua - Individuazione di tutte le parti coinvolte nel sistema di riutilizzo dell’acqua e descrizione dei rispettivi ruoli e responsabilità: «Conformemente all’allegato II, punto 2, del regolamento (UE) 2020/741, le parti coinvolte in ciascun componente del sistema di riutilizzo dell’acqua e le loro responsabilità devono essere correttamente individuate per ciascuna parte del sistema.
(…)
A seconda della sua configurazione specifica, nel sistema di riutilizzo dell’acqua possono essere coinvolte le seguenti parti: (…) 2) gestori di impianti per lo stoccaggio e la distribuzione delle acque affinate, se del caso (…)
(…)
I ruoli e le responsabilità delle parti coinvolte in un sistema di riutilizzo dell’acqua comprendono:
(…)
Gestori degli impianti di stoccaggio e distribuzione delle acque affinate:
(Contribuire a) preparare, rivedere e aggiornare la parte del piano di gestione dei rischi relativa allo stoccaggio e alla distribuzione delle acque affinate.
Gestire e mantenere i sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque affinate e, se del caso, eventuali barriere supplementari.
Gestire le situazioni di emergenza nei sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque affinate, secondo quanto stabilito nel piano di gestione dei rischi.
Adottare le misure necessarie per gestire i rischi derivanti dal sistema di stoccaggio e distribuzione, conformemente al piano di gestione dei rischi.
Garantire una comunicazione adeguata con le altre parti, anche in situazioni di emergenza»;
- l’Allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione - Specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi nel riutilizzo dell’acqua - Individuazione dei potenziali pericoli ed eventi pericolosi: «Conformemente all’allegato II, punto 3, del regolamento (UE) 2020/741, devono essere individuati tutti i pericoli o eventi pericolosi derivanti dal sistema di riutilizzo dell’acqua che possono comportare un rischio per la salute pubblica o per l’ambiente»;
- l’Allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione - Specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi nel riutilizzo dell’acqua - Misure preventive e barriere: « Per evitare o eliminare i rischi per la salute o l’ambiente o per ridurli a un livello accettabile possono essere utilizzate misure preventive, che possono essere applicate a diverse parti del sistema di riutilizzo dell’acqua, tra cui: (…) 2) i sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque affinate, se del caso; (…)»;
- l’art. 7, comma 1, d.l. 14 aprile 2023, n. 39, conv. con modif. dalla legge 13 giugno 2023,
n. 68: «Al fine di fronteggiare la crisi idrica, garantendone una gestione razionale e sostenibile, il riutilizzo a scopi irrigui in agricoltura delle acque reflue depurate prodotte dagli impianti di depurazione già in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto delle prescrizioni minime di cui all’Allegato A al presente decreto, è autorizzato fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di esecuzione del regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024 dalla regione o dalla provincia autonoma territorialmente competente ai sensi del medesimo regolamento (UE) 2020/741»;
- l’art. 1, comma 1, d.m. n. 185/2003: «Il presente regolamento stabilisce, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche ed integrazioni, le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue»;
- l’art. 3, d.m. n. 185/2003: «Le destinazioni d'uso ammissibili delle acque reflue recuperate sono le seguenti: a) irriguo: per l'irrigazione di colture destinate sia alla produzione di alimenti per il consumo umano ed animale sia a fini non alimentari, nonché per l'irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative o sportive; b) civile: per il lavaggio delle strade nei centri urbani; per l'alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento; per l'alimentazione di reti duali di adduzione, separate da quelle delle acque potabili, con esclusione dell'utilizzazione diretta di tale acqua negli edifici a uso civile, ad eccezione degli impianti di scarico nei servizi igienici; c) industriale: come acqua antincendio, di processo, di lavaggio e per i cicli termici dei processi industriali, con l'esclusione degli usi che comportano un contatto tra le acque reflue recuperate e gli alimenti o i prodotti farmaceutici e cosmetici»;
- l’art. 2, lett. c), d.m. n. 185/2003: «rete di distribuzione: le strutture destinate all’erogazione delle acque reflue recuperate, incluse le eventuali strutture per la loro equalizzazione, l’ulteriore trattamento e lo stoccaggio, diverse da quelle di cui alla lettera b»;
- l’art. 2, lett. d), d.m. n. 185/2003: «riutilizzo: impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità per specifica destinazione d'uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea»;
- l’art. 9, d.m. n. 185/2003: «1. Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate sono separate e realizzate in maniera tale da evitare rischi di contaminazione alla rete di adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. I punti di consegna devono essere adeguatamente marcati e chiaramente distinguibili da quelli delle acque destinate al consumo umano. 2. Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate devono essere adeguatamente contrassegnate e, laddove realizzate con canali a cielo aperto, anche se miscelate con acque di altra provenienza, devono essere adeguatamente indicate con segnaletica verticale colorata e ben visibile. 3. Le tubazioni utilizzate per l'alimentazione degli scarichi dei servizi igienici devono essere adeguatamente contrassegnate mediante apposita colorazione o altre modalità di segnalazione».
Considerazioni del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica
Atteso il quadro normativo esposto, è possibile formulare le seguenti considerazioni.
Preliminarmente, si precisa che ogni considerazione espressa nel riscontrare all’interpello in oggetto è riferita al quadro normativo vigente e non prende in esame le disposizioni oggetto dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, attuativo dell’art. 99, comma 1, TUA, coma da ultimo modificato dal d.l. n. 181/2023, già posto in consultazione presso le amministrazioni interessate e gli stakeholder ma non ancora adottato in via definitiva.
Allo stato attuale la materia del riutilizzo delle acque reflue è disciplinata, limitatamente al riutilizzo a fini irrigui in agricoltura, dal Regolamento (UE) 2020/741 e dall’art. 7 d.l. n. 39/2023, convertito, con modificazioni dalla Legge 13 giugno 2023, n. 68 e ss.mm.ii., nonché, per gli ulteriori usi, dal d.m. 12 giugno 2003, n. 185, adottato ai sensi dell’art. 6, legge 5 gennaio 1994, n. 36, come modificato dall’art. 26, comma 2, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152.
Ne consegue che, al fine di una più esaustiva analisi della fattispecie, occorre tenere distinto il caso del riutilizzo a fini irrigui, sottoposto alla disciplina del Regolamento (UE) 2020/741, nonché a quella di attuazione interna del d.l. n. 39/2023, dal caso del riutilizzo a fini diversi da quello irriguo (industriale e civile), disciplinato dal d.m. n. 185/2003.
Nel dettaglio, con riguardo al predetto quesito n. 1), con riferimento al caso del riutilizzo a fini irrigui in agricoltura si osserva in primo luogo che il riutilizzo delle acque reflue costituisce un’attività economica favorita e incentivata dalla disciplina che se ne occupa, ancorché sottoposta a un regime autorizzatorio, in funzione della realizzazione degli obiettivi di tutela quali-quantitativa della risorsa idrica. In tal senso la Direttiva 2000/60/CE, c.d. Direttiva Quadro Acque, che individua il riutilizzo dell’acqua tra le misure supplementari che gli Stati membri possono decidere di applicare per conseguire gli obiettivi dalla medesima Direttiva perseguiti, vale a dire un buono stato delle acque sotto il profilo qualitativo e quantitativo per quanto riguarda i corpi idrici superficiali e sotterranei (v. Allegato VI, Parte B, alla Direttiva Quadro Acque). Lo stesso Regolamento (UE) 2020/741, recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua, al considerando n. 2 afferma che
«un più ampio riutilizzo delle acque reflue trattate» «potrebbe migliorare la […] capacità di reazione di fronte alle crescenti pressioni sulle risorse idriche […] limitando l’estrazione dai corpi idrici superficiali e sotterranei, riducendo l’impatto degli scarichi di acque reflue trattate nei corpi idrici, favorendo il risparmio idrico mediante l’utilizzo multiplo delle acque reflue urbane e garantendo nel contempo un elevato livello di protezione dell’ambiente».
In particolare, come si evince dall’art. 1, par. 2, del citato Regolamento (UE) 2020/741, i limiti posti all’esercizio della libertà d’impresa nel settore in esame, a partire dalla necessità della previa acquisizione di un apposito titolo autorizzatorio, sono giustificati esclusivamente dalle esigenze di «sicurezza delle acque affinate a fini irrigui in agricoltura, onde assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e animale […]».
Il predetto Regolamento stabilisce altresì le prescrizioni minime per il riutilizzo sicuro dell’acqua a fini irrigui in agricoltura. L’articolo 6 subordina la produzione e l’erogazione di acque affinate al rilascio di un permesso, il quale deve basarsi su un dettagliato piano di gestione dei rischi. L’articolo 5, paragrafo 3, prevede che il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua si basi a sua volta sugli elementi della gestione dei rischi di cui all’allegato II del medesimo regolamento. Le specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi di cui al citato allegato II del Regolamento (UE) 2020/741 sono state poi determinate nell’allegato del Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione, a mente del quale, tra l’altro, “Se un unico impianto di affinamento serve un numero elevato di utilizzatori finali, la descrizione del piano di gestione dei rischi può prenderli in considerazione in termini generali, sulla base dei diversi tipi di colture o pratiche di irrigazione standard nella zona servita, ma fornisce comunque una panoramica dei possibili tipi di utilizzatori finali e di colture irrigate” (v. l’Allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 della Commissione - Specifiche tecniche dei principali elementi della gestione dei rischi nel riutilizzo dell’acqua - Descrizione del sistema di riutilizzo dell’acqua). Con riguardo all’individuazione degli utilizzatori finali nel piano di gestione, disposizioni di medesimo tenore sono previste nel citato allegato al Regolamento delegato (UE) 2024/1765 anche con riguardo alle “informazioni da fornire sulle tecniche di irrigazione” e sull’“uso previsto e categorie di coltivazione”.
Alla luce dei canoni interpretativi così delineati, è possibile fornire indicazioni di merito rispetto al quesito posto.
Prendendo le mosse dal Regolamento (UE) 2020/741, riguardante il solo riutilizzo a fini irrigui in agricoltura si osserva che da nessuna disposizione è possibile rinvenire un radicale divieto di trasportare le acque affinate per il riutilizzo mediante autocisterne. In particolare, l’art. 3, n. 15), del citato Regolamento, che reca la definizione di «sistema di riutilizzo dell’acqua», identificandolo nell’«infrastruttura e [ne]gli altri elementi tecnici necessari alla produzione, all’erogazione e all’utilizzo delle acque affinate», ivi compresi «tutti gli elementi dal punto di entrata nell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane fino al punto cui le acque affinate sono impiegate a fini irrigui in agricoltura, comprese le infrastrutture di distribuzione e stoccaggio, ove applicabile», non sembra escludere elementi tecnici che contemplino soluzioni di continuità tra l’impianto di affinamento e il punto di impiego delle acque affinate.
A ben vedere, la nozione centrale ai fini del quesito è quella di «punto di conformità», ossia – ai sensi del n. 11) dell’art. 3 cit. – «il punto in cui un gestore dell’impianto di affinamento consegna l’acqua affinata al soggetto successivo della catena». Il punto di conformità è il punto in cui il «gestore dell’impianto di affinamento provvede a che […] le acque […] siano conformi: a) alle prescrizioni minime di qualità dell’acqua di cui all’allegato I, sezione 2; b) a ogni altra condizione stabilita dall’autorità competente nel pertinente permesso, a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, lettere c) e d), per quanto riguarda la qualità dell’acqua», oltre il quale «il gestore dell’impianto di affinamento non è più responsabile della qualità dell’acqua» (art. 4, par. 1).
Come si desume dal considerando n. 15 del Regolamento (UE) 2020/741, il punto di conformità è funzionale a «chiarire dove cessa la responsabilità del gestore degli impianti di affinamento e dove inizia la responsabilità del successivo soggetto della catena». Ciò, in quanto - come rileva il medesimo considerando – si verificano casi in cui «i gestori degli impianti di affinamento trasportano e conservano le acque affinate anche dopo l’uscita dall’impianto di affinamento, prima di consegnarle ai successivi soggetti della catena, quali il gestore della distribuzione delle acque affinate, il gestore dello stoccaggio delle acque affinate o l’utilizzatore finale».
Da tali proposizioni (sul valore dei considerando, v. di recente Cass. civ., sez. V, ord. 7 marzo 2022, n. 7280), si evince che il trasporto dell’acqua affinata dall’impianto di affinamento all’utilizzatore finale o, comunque, al successivo soggetto della catena, senza una rete idrica in senso proprio, è contemplata dal legislatore euro-unitario. Anzi, la nozione di punto di conformità è stata introdotta proprio per stabilire con certezza, anche in casi simili, fino a dove il gestore dell’impianto di affinamento può ritenersi responsabile per la qualità dell’acqua.
Resta, ovviamente, ferma l’applicazione di tutte le pertinenti disposizioni previste dalla normativa europea e della relativa disciplina attuativa (attualmente, l’art. 7 d.l. n. 39/2023).
In particolare, nel caso del trasporto di acque affinate ad uso irriguo tramite autobotti, ai fini del rilascio dell’autorizzazione regionale di cui all’art. 7, comma 1, d.l. n. 39/2023 è necessario che il piano di gestione valuti eventuali rischi riconducibili a tale modalità di trasporto e, ove necessario, individui specifiche misure di gestione del rischio.
A tal proposito, si ricorda che il Regolamento (UE) 2020/741, direttamente applicabile nell’ordinamento interno e comunque richiamato dallo stesso art. 7, comma 4, d.l. n. 39/2023, impone agli Stati membri il rilascio di un preventivo titolo abilitativo, oltre per la produzione, anche per l’attività di erogazione delle acque reflue affinate a fini irrigui (art. 6, par. 1), attività assimilabile al trasporto con autobotti (anche là dove il trasportatore coincida con l’utilizzatore finale). D’altra parte, il precedente art. 5, par. 2, Regolamento (UE) 2020/741 prevede altresì che le parti responsabili – ossia, tra le altre, il distributore/trasportatore e l’utilizzatore finale – possano prendere parte all’elaborazione del piano di gestione redatto dal gestore dell’impianto o essere a tal fine da quest’ultimo consultato.
Inoltre, al fine di garantire che l’acqua affinata sia destinata agli usi coerenti con il trattamento cui è stata sottoposta, l’Allegato al Regolamento delegato UE 2024/1765 prevede che i gestori degli impianti di affinamento, nonché i gestori degli impianti di stoccaggio e distribuzione delle acque affinate garantiscano una comunicazione adeguata con le altre parti. È altresì previsto che l’utilizzatore finale contribuisca, nei termini indicati dalla normativa europea, a preparare, rivedere e aggiornare il piano di gestione dei rischi per l’irrigazione delle colture con acque affinate.
Diversamente da quanto fino a questo momento osservato, con riguardo al riutilizzo di acque affinate a fini diversi da quelli irrigui in agricoltura, l’art. 2, lett. d), del d.m. 185/2003 definisce il riutilizzo come «l’impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità per specifica destinazione d'uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea».
L’art. 2, lett. c), del d.m. n. 185/2003 reca inoltre una definizione di «rete di distribuzione», identificandola con l’insieme delle «strutture destinate all’erogazione delle acque reflue recuperate, incluse le eventuali strutture per la loro equalizzazione, l’ulteriore trattamento e lo stoccaggio […]». Ai sensi del successivo art. 9, commi 1 e 2, «[l]e reti di distribuzione delle acque reflue recuperate sono separate e realizzate in maniera tale da evitare rischi di contaminazione alla rete di adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano […] e, laddove realizzate con canali a cielo aperto, anche se miscelate con acque di altra provenienza, devono essere adeguatamente indicate con segnaletica verticale colorata e ben visibile».
Al riguardo, muovendo da un’interpretazione letterale di tali disposizioni si ritiene che l’attuale disciplina di cui al d.m. 185/2003 non preveda la possibilità di trasportare acque reflue affinate tramite autobotti, dal momento che tra le reti di distribuzione attraverso cui operare il riutilizzo ai sensi del predetto decreto rientrano esclusivamente le “strutture” destinate all’erogazione delle acque reflue recuperate.
Passando all’esame del quesito n. 2), si osserva quanto segue.
Per quanto sopra rilevato, con specifico riferimento al caso in cui il trattamento sia effettuato ai fini di cui al Regolamento (UE) 2020/741, salvo che dalla singola fattispecie concreta non emergano ulteriori elementi che depongano in senso contrario, le acque affinate prodotte non sono in astratto qualificabili come rifiuti mancando la volontà di disfarsi del detentore, in quanto l’ulteriore trattamento di affinamento a cui sono state sottoposte le acque reflue è diretto a consentirne uno specifico uso, da non confondere con il trattamento ai fini del mero scarico. Non trattandosi di rifiuto, la scrivente esclude che il trasporto delle acque affinate destinate al riutilizzo necessiti dei documenti previsti per il trasporto di rifiuti dalla Parte IV del Testo Unico dell’Ambiente.
Ciò non sembra sollevare particolari problemi di sicurezza della qualità delle acque, per almeno due ragioni.
In primo luogo, il trasporto delle acque affinate mediante autobotte avviene secondo le disposizioni previste dalle pertinenti discipline di settore per l’autotrasporto di acqua e deve essere accompagnato dalla documentazione che ne certifichi la qualità chimico-fisica e microbiologica e la conformità alle normative vigenti per lo specifico tipo di riutilizzo al quale sono destinate, al fine di garantire il tracciamento, la verifica dei requisiti di qualità e la corretta gestione del rischio.
In secondo luogo, sotto il profilo dell’allocazione delle responsabilità tra i diversi attori che intervengono nella filiera produttiva, nella Comunicazione della Commissione del 5 agosto 2022, n. 2022/C 298/01, «Orientamenti a sostegno dell’applicazione del regolamento (UE) 2020/741 recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua», si legge che «[d]opo il punto di conformità, la responsabilità della qualità dell'acqua passa al soggetto successivo della catena, che può essere l'utilizzatore finale o qualsiasi soggetto intermedio incaricato della distribuzione o dello stoccaggio» (par. 2.4.2). Ne consegue, che il trasportatore sarà responsabile della qualità dell’acqua consegnata al soggetto successivo della catena e sarà sottoposto ai controlli e ai monitoraggi previsti dalla normativa in materia di riutilizzo, oltre che dalle altre discipline di settore (quali quelle igienico-sanitarie) applicabili al trasporto di acqua in relazione agli utilizzi finali perseguiti.
D’altra parte, il principio enunciato nella predetta Comunicazione della Commissione del 5 agosto 2022, n. 2022/C 298/01 risponde ai più generali canoni di allocazione della responsabilità e, pertanto, appare senza dubbio applicabile anche per gli usi diversi da quelli irrigui in agricoltura.
Conclusioni
Alla luce di quanto esposto, nelle more dell’adozione del decreto del Presidente della Repubblica di cui all’art. 99 del TUA, si rassegnano le seguenti conclusioni:
1. nel caso di riutilizzo delle acque reflue affinate a fini irrigui in agricoltura, il trasporto mediante autobotti dal luogo di produzione (impianto di affinamento) al luogo di utilizzo non appare escluso ai sensi del Regolamento (UE) 2020/741 e dell’art. 7 d.l. n. 39/2023, convertito, con modificazioni dalla Legge 13 giugno 2023, n. 68 e ss.mm.ii.
Si applicano, in ogni caso, le disposizioni previste in via ordinaria dalle pertinenti discipline di settore per l’autotrasporto di acqua, oltre a quelle in materia di riutilizzo.
Resta ferma inoltre l’applicazione di tutte le disposizioni previste in materia di gestione del rischio ai sensi del Regolamento (UE) 2020/741 e del d.l. n. 39/2023, convertito, con modificazioni dalla Legge 13 giugno 2023, n. 68 e ss.mm.ii. In particolare, è necessario che il trasporto e (ove sia svolto dal medesimo soggetto) l’utilizzo finale siano effettuati, previo rilascio delle autorizzazioni o permessi di cui alla citata normativa, sulla base di quanto previsto dal piano di gestione dei rischi elaborato dal gestore dell’impianto, se del caso coinvolgendo il trasportatore e l’utilizzatore finale.
Per quanto attiene al riutilizzo dell’acqua a fini diversi dai fini irrigui in agricoltura (industriale, civile), trova applicazione la disciplina di cui al d.m. n. 185/2003, adottato ai sensi dell’art. 6, legge 5 gennaio 1994, n. 36, come modificato dall’art. 26, comma 2, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, in base al quale il trasporto delle acque affinate mediante autobotti dal luogo di produzione al luogo di utilizzo non è invece previsto.
2. con riferimento al riutilizzo delle acque reflue affinate a fini irrigui in agricoltura, nella misura in cui l’acqua affinata non è un rifiuto, non sono necessari documenti diversi dagli ordinari documenti di trasporto o da quelli previsti dalle pertinenti discipline di settore.
***
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3 septies TUA, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.
Fonte: MASE
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Risposta prot. n. 179614 del 03-10-2024.pdf |
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