Interpello ambientale 19.04.2023 | Corretta interpretazione definizione di “sito”
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Interpello ambientale 19.04.2023 | Corretta interpretazione definizione di “sito”
ID 19520 | 29.04.2023 / In allegato Testo interpello Ambientale
L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)
1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.
2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
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Interpello ambientale 19.04.2023
Con nota acquisita al prot. n. 7455 del 19.1.2023 - di pari oggetto - il Comune di Jesi, Area Urbanistica, Edilizia, Ambiente e Sviluppo Economico ha posto un interpello ai sensi dell’art. 3- septies del d.lgs. n. 152/2006 al fine di ottenere un chiarimento interpretativo in merito alla definizione di “sito” ai fini della normativa sulla bonifica dei siti contaminati. In particolare, con specifico riferimento ad una procedura di bonifica avente ad oggetto l’area di un punto vendita carburanti dismesso, è stato chiesto se la definizione di “sito” sia da intendersi come «- l’area o porzione di territorio che ha subito la contaminazione, prescindendo dai confini catastali, dalla presenza di eventuali ulteriori proprietari privati incolpevoli e dalla presenza o meno sulle aree di strutture edilizie e impiantistiche legate all’attività che ha determinato la contaminazione;
oppure come
- l’area o porzione di territorio intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo e sottosuolo) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti, secondo l’interpretazione pedissequa della suddetta lett. a) comma 1 dell’art. 240, che parrebbe far riferimento ad una localizzazione puntuale delle strutture edilizie e impiantistiche legate».
Il Comune ha chiesto, inoltre, chiarimenti in merito al posizionamento dei POC nella casistica sopra esposta. Alla luce dell’allegato 1 alla Parte Quarta, Titolo Quinto del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, che prevede che il POC «deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica», l’Ente ha chiesto «dove andrebbe posizionato il/i POC, nel caso in cui si debba prevedere l'analisi di rischio anche nelle porzioni esterne all'area in cui viene svolta l'attività».
Analisi normativa e risposta al quesito
Il d.m. n. 31/2015 (recante “Regolamento recante criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152” – di seguito anche solo “Decreto”) all’art. 1 così delimita il proprio ambito applicativo: «il decreto individua criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei suoli e delle acque sotterranee per le aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti (di seguito denominati PV)».
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, lettera b), il Decreto si applica anche alla dismissione di punti vendita di carburanti.
All’art. 2, comma 2, lettera b), il Decreto definisce il “punto vendita carburanti” come «la porzione di territorio di limitata estensione, non superiore a 5000 m², interessata dal sedime o dalle pertinenze di un impianto di distribuzione carburanti, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti, anche destinate alla commercializzazione di altri prodotti e agli interventi di ordinaria e minuta manutenzione e riparazione dei veicoli a motore, assentiti nel rispetto delle disposizioni vigenti».
L’ambito oggettivo di applicazione del d.m. n. 31/2015 è pertanto circoscritto alle porzioni di territorio – intese nelle matrici ambientali suolo, sottosuolo e acque sotterranee - che abbiano determinate caratteristiche dimensionali (estensione non superiore a 5000 m²) e produttive (interessate dal sedime o dalle pertinenze di un impianto di distribuzione carburanti). La presenza di strutture edilizie e impiantistiche è considerata dalla norma come meramente “eventuale”.
Deve, quindi, ritenersi che la procedura disciplinata dal d.m. n. 31/2015 sia applicabile solo alle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti (come definiti dal Decreto).
Le disposizioni del d.m. n. 31/2015 non si applicano invece alle aree esterne a quelle sopra individuate, fatta salva l’ipotesi in cui esse siano espressamente richiamate dal Decreto (cfr., ad esempio, l’art. 2, comma 1, lettera c) e dall’allegato 2, Sezione 1 “Definizione della sorgente di contaminazione”).
Le aree che non ricadono nell’ambito applicativo del d.m. n. 31/2015 sono, in ogni caso, soggette alla normativa posta dal D.lgs. 3 aprile 2006 n.152 (art. 242 e ss.) o alle ulteriori disposizioni eventualmente applicabili.
La delimitazione dell’ambito oggettivo di applicazione del Decreto come sopra esposta si pone in linea con la ratio della normativa, che va individuata nell’esigenza di dettare una disciplina specifica in ragione della particolare natura degli inquinanti riconducibili all’attività di distribuzione carburanti e della compatibilità dei punti vendita carburanti con qualsiasi destinazione urbanistica.
Tra le due ipotesi di definizione di “sito” riportate dal Comune di Jesi nel proprio interpello, pare quindi più vicina alla definizione normativa quella riportata sub lettera a), con le seguenti precisazioni.
Considerata l’assenza nel d.m. n. 31/2015 di specifiche previsioni in merito, deve escludersi che i “confini catastali” siano dirimenti ai fini dell’individuazione dell’ambito applicativo del Decreto, ciò non esclude peraltro l’incidenza dei profili catastali ai fini della delimitazione dell’area ricadente – in applicazione delle norme citate - nell’ambito applicativo del Decreto.
Come premesso, la presenza di strutture edilizie e impiantistiche è considerata dal d.m. n. 31/2015 come meramente “eventuale”.
Relativamente alla presenza di eventuali proprietari non responsabili della contaminazione, si precisa che la normativa posta dal d.m. n. 31/2015 non innova, né deroga o modifica il regime di responsabilità previsto dal d.lgs. n. 152/2006, come chiarito nella relazione illustrativa allo schema di decreto e condiviso dal Consiglio di Stato nel citato parere n. 3054/2014. Anche per tali aree trova quindi applicazione il principio “chi inquina paga” e le disposizioni del d.lgs. n. 152/2006 (comunque richiamate dall’art. 5, comma 1, del d.m. n. 31/2015) che ne costituiscono attuazione.
Il Comune evidenzia la rilevanza del quesito posto anche «per definire il proseguo dell’iter procedurale e capire se sull’area esterna di proprietà di terzi privati sia corretto applicare l’Adr al fine di determinare le CSR e verificare quindi che il sito (a questo punto esteso oltre il perimetro di proprietà) sia o meno contaminato o vadano invece applicate le CSC». Considerando la soluzione che prevede il rispetto della CSR non conciliabile con il principio di “chi inquina paga”, il Comune ritiene più corretta l’applicazione al di fuori del sito riconducibile al sedime del PV delle CSC quale obiettivo di bonifica per la matrice terreno.
A tal proposito, si fa rilevare che le norme del Titolo Quinto della Parte Quarta del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152 prevedono dei valori di attenzione (Concentrazioni Soglia di Contaminazione - CSC) il cui superamento non determina l'automatica qualificazione giuridica di contaminazione del sito, ma obbliga unicamente alla caratterizzazione e all'analisi di rischio sito specifica. Solo quest’ultima consente di determinare le Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR), il cui superamento comporta lo stato di sito contaminato, con conseguente obbligo di bonifica.
In ogni caso, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio, allo stato definiti all’allegato 1 della Parte Quarta, Titolo Quinto del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, consentono all’amministrazione competente di definire le Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) modulando i valori in base alle caratteristiche sito-specifiche del sito. In tale ambito, la determinazione dei valori potrà essere calata in vari “scenari”, tra i quali potrà essere valorizzato quello più cautelativo.
A titolo esemplificativo, si richiama la modulistica adottata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in attuazione dell’art. 252, comma 9-quater, del d.lgs. n. 152/2006 per l’approvazione dell’analisi di rischio nei siti di bonifica di interesse nazionale (decreto del Direttore Generale della ex Direzione Generale per il Risanamento Ambientale prot. n. 269 del 22.12.2021 consultabile al link https://bonifichesiticontaminati.mite.gov.it/spazio-per-il-proponente/moduli- per-istanze/).
Si evidenzia che l’attivazione di interventi di bonifica con obiettivi di riduzione della contaminazione a livelli uguali o inferiori ai valori di CSC rientra nelle facoltà del proponente, sia qualora attivi la procedura “ordinaria” di cui all’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006 (la facoltà è espressamente prevista dall’allegato 3 alla Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. 152/2006: «La bonifica di un sito inquinato è finalizzata ad eliminare l'inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti in suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d'uso prevista o ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) definiti in base ad una metodologia di Analisi di Rischio condotta per il sito specifico sulla base dei criteri indicati nell'Allegato I»), sia qualora – ricorrendone le condizioni – decida di avvalersi della procedura semplificata di cui all’art. 242-bis del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152.
Con riferimento al secondo quesito posto dal Comune, relativo al posizionamento del POC nel caso in cui si debba prevedere l'analisi di rischio anche nelle porzioni esterne, si precisa quanto segue.
Considerato che la procedura disciplinata dal d.m. n. 31/2015 deve ritenersi applicabile solo alle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti (come definiti dal Decreto), l’attivazione della procedura di cui al d.m. n. 31/2015 può condurre al calcolo del rischio e degli obiettivi di bonifica sito-specifici solo per le aree interne al sito così individuato, ferme restando le disposizioni del d.m. n. 31/2015 che contemplano le aree esterne (si veda, in particolare, la sezione 2.1. dell’allegato 1 al Decreto, laddove precisa che «Il monitoraggio dell'acqua di falda dovrà essere condotto sia in corrispondenza del punto di conformità individuato, e nel caso in cui risulti necessario anche in altri punti di prelievo reale ubicati all'esterno della sorgente di contaminazione lungo la direzione di deflusso della falda ed accessibili agli Enti di Controllo. Presso tali punti di prelievo sarà effettuato il riscontro della conformità delle acque sotterranee sia in fase di bonifica e di collaudo, sia in ulteriori campagne di monitoraggio stabilite dall'Ente di Controllo»).
Qualora sulle aree esterne alle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti siano attivate le procedure ai sensi della Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. 152/2006 troverà applicazione l’allegato 1 alla Parte Quarta, Titolo Quinto del suddetto Decreto, che prevede che “di norma” il punto di conformità sia fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica, che in tal caso andrà individuato nell’area “esterna” oggetto di intervento.
Si precisa che le considerazioni svolte sono limitate alle competenze della scrivente Direzione Generale.
Fonte: MASE
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