Interpello ambientale 08.08.2022 - DM 17 ottobre 2007 (divieto di nuove attività di cava)
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Interpello ambientale 08.08.2022 - DM 17 ottobre 2007 (divieto di nuove attività di cava)
ID 17357 | 17.08.2022 / In allegato Testo interpello Ambientale
L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)
1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.
2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
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Interpello ambientale 08.08.2022
Con riferimento all’interpello in oggetto, pervenuto via posta elettronica certificata in data 23 giugno u.s., si rappresenta quanto segue.
Come noto, l’art. 5, comma 1, lett n), del DM 17 ottobre 2007, recante “Rete Natura 2000. Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS).”, dispone che per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome provvedano a porre il divieto di “ apertura di nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, ad eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto o che verranno approvati entro il periodo di transizione, prevedendo altresì che il recupero finale delle aree interessate dall’attività estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento; in via transitoria, per 18 mesi dalla data di emanazione del presente atto, in carenza di strumenti di pianificazione o nelle more di valutazione d'incidenza dei medesimi, è consentito l'ampliamento delle cave in atto, a condizione che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei singoli progetti, fermo restando l'obbligo di recupero finale delle aree a fini naturalistici; sono fatti salvi i progetti di cava già sottoposti a procedura di valutazione d'incidenza, in conformità agli strumenti di pianificazione vigenti e sempreché' l’attività estrattiva sia stata orientata a fini naturalistici;”.
Con riferimento alle cave che si sviluppano in sotterraneo, codesta Regione richiede “se sia corretta l’interpretazione secondo cui l’istruttoria sull’incidenza sarebbe necessaria solo in presenza di un’attività di miniera qualificata tale sotto il profilo amministrativo in quanto ricadente nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 comma 1 del R.d. 1443/1927, mentre per l’attività estrattiva di cava, qualificata tale sotto il profilo amministrativo in quanto ricadente nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 comma 2 del R.d. 1443/1927, il DM citato prescrive un divieto assoluto che esime dall’effettuare la valutazione di incidenza in ragione dell’assenza di carattere strategico dell’attività estrattiva, sia che l’attività sia svolta in superficie, sia che venga svolta in sotterranea, posto che il DM si riferisce alle attività di cava senza alcuna distinzione”.
A livello generale, la norma si pone nell’ambito di un contesto più ampio discendente da quanto previsto per le Zone di Protezione Speciale dalla Direttiva 2009/147/CE (ex 79/409/CEE) “Uccelli” del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, che concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente, allo stato selvatico, nel territorio viventi naturalmente, allo stato selvatico, nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato e dalle disposizioni a tutela dei siti Natura 2000 previste dall’art. 6, paragrafi 2, 3 e 4 della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE.
La Direttiva “Uccelli” si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie, ne disciplina lo sfruttamento, e si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat.
Gli artt. 2 e 3 di detta Direttiva stabiliscono l’obbligo di adottare le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all'articolo 1, la sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all'interno e all'esterno delle zone di protezione, il ripristino dei biotopi distrutti e la creazione di biotopi.
In particolare, l’art. 4 stabilisce l’obbligo di prevedere misure speciali di conservazione per quanto riguarda l'habitat e per garantire la sopravvivenza e la riproduzione delle specie elencate nell'allegato I, specificando che per le ZPS corre l’obbligo di adottare misure idonee a prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli, che abbiano conseguenze significative nei loro confronti e, per quanto concerne le aree al di fuori di tali zone di protezione, è disposto che gli Stati membri cerchino di prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat.
Inoltre, l’art. 7 della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, prevede che i disposti dell’art. 6, paragrafi 2, 3 e 4 della medesima Direttiva si applichino anche alle Zone di Protezione Speciale individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli”, prevedendo l’obbligo di assoggettamento alla procedura di Valutazione di Incidenza (VIncA) di ogni piano, progetto, intervento o attività che possa arrecare interferenze dirette o indirette rispetto ai citati siti Natura 2000.
Tale procedura è normata dall’art. 5 del DPR 357/97 e definita in dettaglio nelle Linee Guida nazionali per la Valutazione di Incidenza (GU n. 303 del 28.12.2019).
Fermo restando quanto sopra rappresentato con riferimento alla normativa eurounitaria, e considerato che l’obiettivo del decreto in esame è quello di integrare la disciplina afferente la gestione dei siti che formano la rete Natura 2000 in attuazione delle Direttive “Habitat” ed “Uccelli”, al fine di garantire la coerenza ecologica della rete Natura 2000 e l'adeguatezza della sua gestione sul territorio nazionale, occorre altresì considerare che un divieto non oggettivamente funzionale e non strettamente collegato al perseguimento delle finalità delle direttive potrebbe porsi in contrasto con i principi di necessità e proporzionalità delle misure, anch’essi di derivazione eurounitaria.
Occorre pertanto domandarsi se il divieto imposto dall’art. 5, lett. n) genericamente per le cave possa ritenersi legittimo anche nei casi in cui non vi sia all’interno della zona protetta una visibile modifica dello stato dei luoghi. Se è incontrovertibile che anche gli scavi sotterranei possono avere un impatto sull’habitat e sulle specie il cui mantenimento è obiettivo primario della Rete Natura 2000, si ritiene tuttavia che l’impatto derivante da attività di cava che si svolgano interamente in sotterraneo, in totale assenza di evidenze ed impatti superficiali di qualsiasi natura in particolare senza ingressi, portali e aperture o prese d’aria posti all’interno del sito, non possa essere presunto, ma debba essere valutato caso per caso, all’esito di apposita istruttoria conforme alle direttive eurounitarie e alle Linee Guida sulla Valutazione di incidenza approvate dalla Conferenza Stato Regioni.
Quanto sopra, con particolare attenzione alle specie di interesse comunitario e alle interazioni con le acque sotterranee, in considerazione dei possibili impatti sulle falde, sulle sorgenti e sul regime delle acque superficiali e, conseguentemente, sulla funzione e strutturazione degli habitat delle specie avifaunistiche.
In tale ottica va letto il divieto in esame, a nulla rilevando la diversa qualificazione operante ad altri fini e segnatamente sotto il profilo amministrativo del titolo, tra cave e miniere ex R.d. 1443/1927, proposta come chiave interpretativa da codesta Regione.
Pertanto, con riferimento alla specifica fattispecie sopra rappresentata, e fatti salvi specifici e più rigorosi requisiti disposti dai singoli piani di gestione, si ritiene che in sede delle stringenti verifiche di incidenza, in cui è oltretutto acquisito e tenuto in conto il sentito dell’ente gestore, potranno essere adeguatamente valutati i profili tecnico ambientali per giungere ad accertare l’esistenza o meno di effetti pregiudizievoli per il mantenimento di uno status di conservazione favorevole di habitat e specie.
Fonte: MITE
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Risposta prot. 98979 dell'8.08.2022.pdf |
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Interpello prot. 78909 del 23.06.2022.pdf |
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