Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 42025 | 08 Novembre 2022

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 dell'08 novembre 2022 n. 42025

Caduta mortale dalla scala durante il lavoro di saldatura in quota

Penale Sent. Sez. 4 Num. 42025 Anno 2022
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 04/10/2022

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Paola a carico di S.P. per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro in cooperazione con S.F., per il quale è intervenuta pronuncia assolutoria.
Era contestato all'imputato, amministratore della "CO.GE.SI. s.r.l.", di avere, nella qualità di datore di lavoro di fatto di B.A., per colpa generica, nonché inosservanza delle norme poste a tutela degli infortuni sul lavoro (art. 111113 d.lgs. 81/08), cagionato la morte del predetto operaio, il quale, incaricato di effettuare una saldatura in quota presso la sede della società, essendo sprovvisto di ogni dispositivo di protezione e mediante utilizzo di una scala a pioli, nel compiere l'operazione richiesta, issatosi sulla predetta scala, perdeva l'equilibrio e cadeva al suolo riportando lesioni gravissime che ne determinavano il decesso.
I giudici di merito, nelle due sentenza conformi, hanno ritenuto acclarata la responsabilità dell'imputato, ponendo in rilievo come il datore di lavoro avesse messo a disposizione dell'operaio strumentazione di lavoro assolutamente inidonea e priva dei requisiti di cui al citato articolo.

2. L'imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando seguenti motivi di doglianza.
I) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione; inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ed inutilizzabilità.
Il giudice, lamenta la difesa, ha erroneamente ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese da S.P. alla polizia giudiziaria nel corso delle indagini, dichiarazioni che hanno fatto ingresso nel giudizio attraverso la deposizione dei testi C.I. e A.B..
Essendo stato il S.P. raggiunto da elementi indiziari all'atto dell'assunzione delle informazioni, la polizia giudiziaria avrebbe dovuto procedere a dare gli avvisi di cui all'art. 64 cod. proc. pen.
La Corte di merito sostiene che il teste di polizia giudiziaria si sia limitato a riferire quanto aveva appreso nel corso di una telefonata con il S., in cui questi chiedeva l'intervento dei Carabinieri per il grave incidente occorso. Ebbene, la Corte di merito sarebbe incorsa in un travisamento della prova: il S.P. non ha mai chiesto l'intervento dei Carabinieri e la conversazione non aveva ad oggetto la dinamica del sinistro.

Il teste di polizia C., all'udienza del 16/10/2014, ha dichiarato che le notizie apprese erano quelle ricevute dal S.P., non avendo svolto altri accertamenti ("non abbiamo trovato altre cose"). Ha poi precisato di avere chiamato al telefono S.P. per convocarlo presso il luogo del fatto, apprendendo da questi che stava seguendo l'ambulanza che trasportava l'operaio infortunato.
Da quanto precede emergerebbero evidenti contraddizioni. I giudici affermano che le dichiarazioni rese dal C.I. sarebbero pienamente utilizzabili, essendosi il teste limitato a riferire quanto appreso nel corso di una conversazione telefonica e non avendo deposto sul contenuto delle dichiarazioni verbalizzate: tale assunto contrasterebbe con quanto affermato in dibattimento dal teste qualificato nell'udienza sopra richiamata ("le notizie acquisite sono quelle del S.P. perché noi non abbiamo trovato altre cose")
Esclusa l'utilizzabilità delle dichiarazioni del S., la cui posizione di legale rappresentante della "CO.GE.SI. s.r.l." era nota agli operanti fin dalla telefonata, gli ulteriori accertamenti effettuati in corso di indagini sarebbero inidonei a sostenere l'affermazione di responsabilità a carico dell'imputato: dai rilievi effettuati non è dato conoscere la distanza dellla scala dal traliccio e dove si trovava il corpo del B.A. rispetto al traliccio; le stesse risultanze dell'accertamento medico legale sul corpo della vittima non forniscono informazioni utili in ordine alla correlazione tra le lesioni patite dalla persona offesa e l'impatto con il suolo.
Ulteriori profili di doglianza attengono alla violazione degli artt. 62 e 63 cod. proc. pen.
Le emergenze processuali rivelano che le dichiarazioni del S., in violazione dell'art. 63 cod. proc. pen., sono state utilizzate contro di lui ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro.
Su tali dichiarazioni, ai sensi degli artt. 62, comma 1, cod. proc. pen., non potevano deporre il M.llo C.I. e l'Ispettore del lavoro A.B.. Quest'ultimo ha affermato, nel corso della deposizione resa in dibattimento, di avere appreso notizie sull'infortunio dai Carabinieri intervenuti sul posto.
11) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione espressa in sentenza.
Il costrutto argomentativo della sentenza impugnata sarebbe meritevole di essere censurato. Le risultanze in atti sarebbero contrastanti ed equivoche su aspetti determinanti ai fini della ricostruzione del fatto. L'assoluta inidoneità degli elementi fattuali constatati, diversi dalla prova dichiarativa, non utilizzabile per le ragioni indicate nel primo motivo di ricorso, sarebbero del tutto inidonei a consentire l'accertamento della dinamica dell'infortunio.
Nell'ambito delle criticità evidenziate nella motivazione espressa dai giudici di merito, si innesta l'omessa valutazione della circostanza che il nastro trasportatore da cui si assume essere caduto il B.A. non era interessato da lavori, in quanto ancora da ultimare. Si è trascurato di considerare che la vittima non solo non presentava fratture agli arti superiori, le quali ricorrono quando una persona coscientemente cade dall'alto, proteggendosi istintivamente il volto, ma neppure lesioni all'addome.

3. il P.G., con requisitoria scritta, ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Il difensore dell'imputato ha depositato memoria e conclusioni scritte nelle quali, riportandosi ai motivi di ricorso, insiste nel richiedere l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze difensive si appalesano reiterative di censure già vagliate adeguatamente in grado di appello e disattese sulla base di argomentazioni non meritevoli di essere censurate in questa sede.

3. Quanto al primo motivo di ricorso, si osserva quanto segue.
La Corte di merito ha rappresentato, con argomentazioni sostenute da coerenti riferimenti alle risultanze in atti, che all'accertamento della causa e della dinamica dell'infortunio mortale occorso a B.A., si è pervenuti attraverso i rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria sul luogo dei fatti, le indagini esperite dall'ispettore del lavoro, e le risultanze degli accertamenti medico-legali.
Ha quindi evidenziato come le dichiarazioni dell'imputato siano risultate del tutto ininfluenti ai fini della decisione, riportandosi all'accurata valutazione degli elementi fattuali considerati dal giudice nella sentenza di primo grado.
In proposito, il Tribunale, nel richiamare gli accertamenti compiuti in fase d'indagini, ha chiarito che l'ispettore del lavoro A.B., recatosi sul posto dell'infortunio il giorno stesso, alla presenza dei Carabinieri e dell'imputato, verificò quanto segue: "All'interno dell'area, completamente recintata, era in fase di realizzazione un impianto per la produzione di inerti con una serie di strutture metalliche e in cemento armalo. Sì trattava in particolare delle travature metalliche per il posizionamento di nastri trasportatori. Nei pressi di una di tali strutture era stato soccorso dal 118 il B.A.. Sul posto notava la presenza di alcuni oggetti abbandonati alla rinfusa tra cui guanti in lattice, elettrodi per saldature nonché una scala da ponteggio dell'altezza di mt. 1,75-1,80 e una scala dì alluminio molto lunga.
Sulla base dello stato dei luoghi e di quanto riferitoglì dalle persone presenti ha, pertanto, accertato che il lavoratore stava effettuando delle saldature sulla scala in alluminio ed è precipitato da grande altezza. Il traliccio in prossimità del quale era stato trovato in terra il B.A. aveva un'altezza di circa 5 metri e, su di esso, ad altezza di circa 4 metri si vedevano tracce di saldature. Una quota, pertanto, raggiungibile solo dalla scala di alluminio che era, presumibilmente, utilizzata dal lavoratore per portarsi al livello delle lavorazioni in corso. In terra rinveniva, altresì la metà di un c.d. "puntello" - del tipo di quelli utilizzati per il sostegno di solai o altre strutture in cemento - che appariva deformato probabilmente per effetto della caduta del lavoratore, mentre l'altra metà del puntello era legato con filo di ferro al traliccio per cui era rimasta attaccata. In terra non trovava dispositivi di protezione individuale, in particolare caschi di protezione" (cfr. pag. 5 della motivazione della sentenza di primo grado).
Lo stato dei luoghi, il ritrovamento del corpo dell'operaio in prossimità del traliccio all'atto dell'intervento del personale sanitario, il materiale utilizzato per la saldatura trovato per terra e le tracce di saldatura presenti ad un'altezza di circa 4 metri, hanno indotto i giudici di merito a ritenere logicamente che l'operaio fosse precipitato da quell'altezza mentre era intento ad effettuare lavori di saldatura e che avesse adoperato la scala in alluminio presente sul posto per raggiungere l'altezza necessaria.
E' stato posto in rilievo come la scala rinvenuta sul luogo del fatto, utilizzata dal B.A. per raggiungere l'altezza necessaria per la lavorazione, fosse del tutto inidonea e sprovvista di apparati di trattenuta e degli accorgimenti previsti all'art. 113 d.lgs 81/08.
I giudici di merito hanno aggiunto come il medico legale ed il personale intervenuto a soccorrere il B.A. si siano espressi nel senso della piena compatibilità delle lesioni da questi riportate con una caduta dall'alto.

3.1 Ebbene, i vizi lamentati dalla difesa risultano del tutto destituiti di fondamento. La lettura delle due sentenze di merito conformi, il cui apparato argomentativo, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, si salda per formare un'unica entità logica giuridica, hanno dato conto in maniera compiuta della causa dell'infortunio mortale occorso al lavoratore, desumendo tale causa dagli accertamenti esperiti in loco dal personale di polizia e dell'ispettorato del lavoro nella immediatezza del fatto. Ciò rende prive di fondamento le censure difensiva in ordine all'asserita utilizzazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini dall'imputato e alla violazione del divieto di testimonianza imposto dall'art. 62 cod. proc. pen.

4. Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
Rispetto alla logica e coerente motivazione resa dalla Corte di merito, il ricorrente invoca una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'adozione di nuovi, diversi parametri di ricostruzione e valutazione della vicenda.
Dietro l'apparente denuncia della violazione di legge, si richiama l'attenzione della Corte di legittimità su aspetti afferenti alla ricostruzione del fatto e alla interpretazione delle dichiarazioni testimoniali, traducendosi il motivo di ricorso nella generica prospettazione di una diversa lettura del materiale probatorio, non suscettibile di essere delibata in questa sede.
Occorre infatti rilevare come, in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non sia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U. 13-12-1995, Clarke, Rv. 203428; da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, Rv. 280601 - 01:"In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito).
La Corte territoriale, condividendo la ricostruzione fattuale del giudice di primo grado, con motivazione congrua e non manifestamente illogica, ha esaminato con puntualità i rilievi sollevati dalla difesa, offrendo ad essi adeguata risposta.
Ha quindi ritenuto, unitamente al primo giudice, che il complesso probatorio acquisito fosse di segno opposto a quanto dedotto dal ricorrente, ponendo in evidenza come la vittima, alla stregua di quanto accertato nel corso del dibattimento, avesse utilizzato una scala assolutamente inadeguata per effettuare la lavorazione in quota a cui era stato adibito, precipitando al suolo per tale ragione. Alla luce dei principi appena richiamati la motivazione offerta risulta del tutto immune dai vizi denunciati.

5. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000)

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso in data 4 ottobre 2022

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