MalProf - Approfondimento delle malattie professionali segnalate

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MalProf - Approfondimento delle malattie professionali segnalate

INAIL, 13 Giugno 2019

Update 17 Luglio 2019

Il Sistema di sorveglianza nazionale MalProf, nato nel 1999 come progetto di ricerca e attualmente inserito nel Piano nazionale di prevenzione, è finalizzato a studiare le relazioni tra le malattie segnalate e le attività svolte dai lavoratori.

Le Schede informative pubblicate analizzano le principali patologie professionali al fine di individuare i fattori di rischio per la salute e le misure preventive per ridurne l’incidenza, anche con approfondimenti per specifici settori di attività economica.

MalProf, Tumori professionali: analisi per comparti di attività economica - Schede

In Italia, negli ultimi dieci anni, si è registrata un’attenzione crescente in merito alla disponibilità di dati sulle malattie professionali e sono stati rivisti gli strumenti per favorirne l’emersione attraverso le segnalazioni e le denunce. Infatti, da un lato si è provveduto ad aggiornare le liste delle patologie per le quali la legge prevede la denuncia obbligatoria da parte del medico, dall’altro sono stati previsti appositi archivi come il Registro nazionale delle neoplasie di sospetta origine professionale, suddiviso in tre sezioni relative a mesoteliomi, neoplasie naso-sinusali e casi di neoplasie a bassa frazione eziologica.
Nonostante ciò, considerato quanto stimato da Doll e Peto, gran parte delle neoplasie da lavoro probabilmente non viene ancora segnalata (ad esclusione dei tumori ad elevata frazione eziologica) e sono poche le banche dati che riportano l’anamnesi lavorativa. Tra queste rientra il Sistema di sorveglianza MalProf, che consente di valutare le professioni ed i settori di attività da cui hanno avuto origine le malattie attraverso le segnalazioni raccolte dai Servizi di prevenzione delle Asl. I medici del lavoro di tali servizi analizzano le storie lavorative per attribuire l’eventuale nesso di causa alle patologie segnalate. Istituzioni internazionali sottolineano l’importanza delle misure preventive e protettive per la riduzione delle esposizioni lavorative a sostanze cancerogene. In tale quadro l’Unione europea (UE) ha intrapreso azioni a carattere normativo per orientare le politiche degli Stati membri. Una comunicazione della Commissione europea del 2009 fissa l’obiettivo per tutti gli Stati membri di dotarsi di piani nazionali integrati di lotta contro il cancro, in modo da ridurre il fenomeno del 15% entro il 2020. Inoltre, attraverso le direttive quadro 89/391 CE e 2004/37 CE vengono stabilite le regole cardine a cui attenersi per la protezione dei lavoratori dagli agenti cancerogeni. I Paesi membri hanno poi la possibilità di adottare valori limite nazionali più bassi rispetto a quelli fissati dall’UE.
Secondo la Iarc (International agency for research on cancer), il cancro provoca annualmente tra la popolazione mondiale 8,2 milioni di decessi e le previsioni sull’incidenza e sulla mortalità risultano in crescita. Concentrando l’attenzione sui soli tumori professionali, le stime a livello mondiale prodotte dall’Ilo (International labour office) riferiscono che è associabile ai tumori il 32% dei decessi conseguenti ad attività lavorativa. In Europa, tale percentuale arriva al 53% che, in valore assoluto, corrisponde ad una oscillazione tra i 60 mila ed i 100 mila lavoratori deceduti in un anno a causa di neoplasie.

MalProf, Ipoacusia da rumore un problema di salute ancora attuale sul lavoro - Schede

In tutto il mondo, circa 360 milioni di persone oggi convivono con una riduzione dell’udito da moderata a grave dovuta a cause diverse, quali esposizione al rumore, difetti genetici, complicanze alla nascita, malattie infettive, otiti croniche, uso di farmaci ototossici e conseguenze dell’invecchiamento. Si stima che circa la metà di tutti questi casi di perdita dell’udito siano dovuti a fattori evitabili, tra cui il rumore [Who, 2015].
L’effetto del rumore sul sistema uditivo (ipoacusia) è in diretta relazione col livello sonoro e la durata dell’esposizione per cui, superati determinati limiti, c’è rischio di danno irreversibile all’apparato uditivo il cui grado dipende anche da altri fattori come la suscettibilità individuale, la variabilità interpersonale, l’età del soggetto, pregresse e/o concomitanti patologie dell’orecchio [Ipoacusia da rumore, 2010].
Quando il rumore è particolarmente violento, può bastare anche un unico evento (detonazione, ecc.) per provocare il danno. La perdita dell’udito si accompagna molto spesso ad acufeni (percezione di ronzii, fischi, ecc.), quasi sempre bilaterali e a carattere continuo, che in alcuni soggetti divengono col tempo l’handicap più insopportabile della malattia.
Gli alti livelli di rumore rappresentano, dunque, uno dei principali rischi nell’ambiente di lavoro praticamente in tutti i paesi. Negli Stati uniti d’America, si stima che più di 30 milioni di lavoratori siano esposti a livelli pericolosi di rumore [Usa Department of labour, 2004]. Un ulteriore studio sui dati americani, stimava che nel 2000 il 16% delle ipoacusie negli adulti fosse di natura professionale [Nelson et al., 2005], mentre uno studio del 2008 dell’Università della California [Dobie RA, 2008] ridimensionava al 10% questa stima. In Germania, si è valutato che tra i 4 e i 5 milioni di persone (12 - 15% della forza lavoro) fossero esposte a livelli pericolosi di rumore [Who, 2004] e nel 2011 si sono registrati 6.125 nuovi casi di perdita dell’udito legati al lavoro nelle attività industriali e di servizio pubblico [Maue, 2012].
È importante osservare che i dati variano molto da paese a paese e a seconda dell’anno di rilevazione. Poco prima degli anni 2000, mettendo a confronto i dati europei, l’ipoacusia da rumore rimaneva la prima causa di malattia professionale in Italia, Germania, Austria e Portogallo, la seconda causa in Svizzera, la terza causa in Danimarca, Spagna e Francia [D’Amico et al., 2002]. In tutti i paesi menzionati l’80% delle denunce di ipoacusia provenivano da quattro settori principali: industria metalmeccanica, edilizia, industria estrattiva, industria del legno, con numeri inferiori per l’industria tessile e chimica. Nell’ultimo decennio, i dati europei vedono al primo posto le patologie muscoloscheletriche, con valori che superano anche la metà dei casi rilevati annualmente.
Una ricerca più recente [Masterson, 2013] illustra che negli Usa i settori lavorativi minerario, lavorazione del legno, costruzione, settore immobiliare (affitto e vendita) hanno una maggiore associazione con la perdita dell’udito rispetto ad altri settori.
In generale, dalle varie statistiche a livello internazionale si osserva che le occupazioni a più alto rischio per la perdita dell’udito indotta da rumore includono quelle nel settore manifatturiero, nei trasporti, nell’industria mineraria, nell’edilizia, nell’agricoltura e nell’esercito.

Fonte: INAIL

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